Il dibattito ambientale diventa ogni giorno più attuale: è oramai conclamato che siamo entrati in una nuova era geologica, definita dagli scienziati Antropocene, caratterizzata dall’attività dell’uomo che impatta sul nostro mondo, causando anche gravi fenomeni come l’inquinamento degli ecosistemi, le estinzioni di massa, il cambiamento climatico e le ingiustizie sociali che si ripercuotono su noi stessi, artefici della nostra stessa dipartita. Ciò ha portato ad un aumento della sensibilità legata al tema e, oggi più che mai, ci rendiamo conto di quanto sia sì attuale il dibattito, ma anche vitale: occorre prendere coscienza del fatto che non esiste un pianeta B su cui fare affidamento e che se non prendiamo seriamente in considerazione questa enorme catastrofe, che aumenta e coinvolge sempre più ambiti e che presto si abbatterà su di noi senza possibilità di ritorno, il timer dell’autodistruzione sarà sempre più prossimo alla sua scadenza. Suonano troppo catastrofiche queste mie parole? Guardate i documentari che fra poco vi elencherò e ne riparleremo. In ogni caso, che si sia troppo allarmisti o semplicemente molto realisti, la questione è che le occasioni per parlare e confrontarsi sull’emergenza ambientale si sono notevolmente intensificate, negli ultimi anni. E tra i numerosi settori implicati, la produzione cinematografica è aumentata, con sempre maggiori eventi che vi dedicano spazio. 

Torino in realtà vanta da anni un festival dedicato a questa tematica, quest’anno alla sua 24^ edizione, che si è svolta dal primo al sei di ottobre. Innumerevoli sono stati i documentari e cortometraggi presentati al festival e moltissime le iniziative correlate all’evento: mostre fotografiche, dibattiti, incontri con i registi, approfondimenti degli argomenti esposti nelle opere, letture, convegni … Sarebbe lungo e anche poco utile fare un resoconto dettagliato di cosa è stato, quindi ho deciso di consigliarvi i documentari che mi hanno maggiormente colpito. Vi consiglio, ovviamente, di non perdervi la prossima edizione anche e perché la partecipazione al festival è gratuita e perché, inoltre, vi è da quest’anno la possibilità di vedere le pellicole anche via web, in streaming. 

Iniziamo con il documentario premiato per la categoria “Movies save the planet”, un’opera di Yann Arthus –Bertrand, già conosciuto al pubblico per il famoso Home del 2009 e per il suo impegno nel cinema ambientale da più di mezzo secolo. Legacy è invece la sua ultima opera, un documentario che affronta, attraverso immagini spettacolari, la sempre più concreta realtà del nostro pianeta che soffre. Si denuncia l’attività dell’uomo che, cieco di fronte ai disastri ambientali da lui causati nel corso del tempo, ha alterato l’ordine naturale delle cose, ma fornisce anche i motivi e l’energia che dobbiamo mettere in atto per affrontare la situazione e cercare di cambiare il tragico corso degli eventi per il nostro pianeta e per le generazioni future.

Segue Fuck for Forest- First Year, che vi cito per l’originale progetto che si porta appresso. Il duo norvegese Leona Johansson e Tommy Hol Ellingsen hanno fondato una organizzazione no profit, Fuck for Forest, che ha come obiettivo quello di raccogliere fondi per la protezione delle foreste fluviali, attraverso l’esecuzione in pubblico di esibizioni sessuali e vendita di abbonamenti di relativo canale porno. Il duo segue una filosofia che potremo definire neo hippie, poiché legata alla tematica della rivoluzione sessuale e, ovviamente, alla causa ambientalista. Se vi sembra un progetto assurdo sappiate che questi porno attori hanno già raccolto 100 mila dollari per la causa, solamente nel loro primo anno di attività, come narrato nel primo episodio di Fuck for Forest, del 2012. Della serie che dedicarsi al sesso non è mai stata un’attività così sostenibile. 

Donne di Terra è, invece, un documentario interamente italiano: firmato dalla regista Elisa Flaminio Inna, narra di un gruppo di donne, attive in varie zone del Sud Italia, che sperimentato uno stile di vita interamente basato sull’autoproduzione di cibo biologico e sulla creazione di una rete, sia locale che globale, di lavoro agricolo. Si raccontano cinque storie diverse di allevatrici, coltivatrici e educatrici che hanno saputo cambiare il loro rapporto con i consumi e l’ambiente, arrivando ad auto-sostenersi. Doris, Mariapia, Nanà, Marialuisa e Maura ci sono da esempio per il coraggio che hanno avuto di ricercare una soluzione concreta rispetto al reinterpretare e riscrivere il ruolo che l’essere umano dovrebbe avere sul pianeta Terra. 

Infine vi voglio consigliare The Leadership, diretto da Ili Barè, che documenta il primo anno di vita di un progetto ideato e condotto da Fabian Dattner, filosofa australiana. Il progetto consiste nel portare 76 scienziate in un viaggio della durata di circa 20 giorni in Antartide, durante il quale queste donne seguiranno corsi di training sulla leadership: l’obiettivo è, appunto, formarle in quanto leader, dando loro la possibilità di familiarizzare con questo ruolo e apprendere, tramite esercizi mirati di autoconsapevolezza, le loro personali attitudini, punti di forza, abilità che potranno mettere in atto nel loro lavoro. L’ambiente scientifico è veramente tossico da un punto di vista di pari opportunità: squilibri stipendiali, assenza di garanzie per maternità, difficoltà nello scatto di anzianità, difficoltà nell’affermare la propria competenza per la presenza di stereotipi sessisti, abusi e molestie da parte di colleghi, ecc. Formare quindi delle scienziate in grado di contrastare questa mentalità mascolina imperante e capaci di imporre come parimenti dignitosa la loro mentalità e capacità di risoluzione di problemi (anche se differenti dal modello “maschile”) potrebbe essere importante, oltre che per loro singole, anche per l’intera comunità scientifica. 

Vi rimando, infine, al sito ufficiale del Festival perché possiate curiosare tra tutto il ventaglio di ricche offerte che CinemAmbiente ha proposto, https://cinemambiente.it/

È importante riflettere a fondo su queste tematiche e prendere delle decisioni pratiche da attuare per la salvaguardia del nostro pianete e quindi di noi stessi. Come ha detto Serenella Iovino durante questa edizione di festival: “L’antropocene non sembra più solo un’ipotesi di geologi, ma la trama di un romanzo planetario”. Facciamo in modo che vi sia l’happy ending. 

NoSignal Magazine

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1 Comment

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