4 Aprile 2019, dopo anni di lunga e gioiosa pace, la Libia si trova nuovamente nel caos più totale, in seguito all’inizio del tentativo di invasione della città di Tripoli, saldamente governata da Fayez Al-Sarraj, dal capo militare delle forze armate libiche di Misurata Khalifa Belqasim Haftar. Nessuno a livello internazionale si era reso conto dell’accresciuta pericolosità della situazione, col rischio di una nuova guerra civile. Nessuno dall’Italia, che per la Libia ha sempre tenuto un occhio di riguardo. Nessuno dalla Francia, che ha sempre mostrato la sua preferenza per Haftar, rispetto che Al-Sarraj. Eppure, così le cose sono andate.

Con la Libia d’altronde è la storia di mezzo secolo: siamo sempre stati poco capaci a leggere ed interpretare le situazioni. Inoltre, ci siamo sempre bevuti tutte le fandonie che trapelavano, dalle fonte ufficiali e non ufficiali. Siamo stati colti all’improvviso quando è iniziata la rivoluzione, senza accorgerci che dietro era insito il desiderio francese di poter accedere ai combustibili fossili libici, per i quali l’Italia aveva sempre ottenuto una via preferenziale. Siamo stati colti di sorpresa quando l’altro giorno abbiamo scoperto come il personaggio col quale abbiamo deciso di intrattenere i nostri rapporti diplomatici (che alla fine, nulla è che uno dei tanti signori della guerra locali), forse non era la migliore delle scelte possibili, almeno militarmente. Come allo stesso modo eravamo stati colti di sorpresa quando, nel lontano 1980, un aereo passeggeri italiano esplose misteriosamente in volo, senza una valida motivazione. Il tutto, per coprire un errore dei nostri alleati, gli Stati Uniti, che sbagliarono il bersaglio e, invece che abbattere il velivolo dell’allora leader libico M’Hammar al Gheddafi, uccisero 81 cittadini italiani.

Non ci siamo mai accorti di nulla, probabilmente perché mai abbiamo voluto farlo, o forse solo perché in fondo ci ha sempre fatto comodo. La Libia d’altronde era, de facto, una delle nostre colonie dove ancora noi contavamo qualcosa. Gheddafi era scomodo, ma in ultima battuta era un nostro alleato. Il problema sorgeva però laddove non lo era anche dei nostri alleati, Nato ed ONU, che per oltre quarant’anni lo hanno contrastato. Soprattutto, non lo era della Francia, ancora attuale padrona di mezza Africa, che proprio in quel territorio, assai ricco di combustibili fossili, aveva le proprie mire. Mire che non ha più represso nel 2011, fomentando la guerra civile, con la quale è riuscita finalmente a deporlo. Purtroppo, però, nessun vincitore è uscito da quel conflitto e quei territori sono rimasti divisi in troppe minuscole fazioni, impossibili da controllare dall’esterno. Ecco che quindi quasi tutto il mondo decide di confrontarsi con Al-Sarraj, per il semplice motivo che detiene il possesso della città di Tripoli, vecchia capitale della Libia Gheddafiana. Siccome però con lui l’Italia ancora avrebbe avuto un canale preferenziale, ecco che la Francia, come già successo otto anni prima, decide di spalleggiare un nuovo avversario, per portare a compimento quello che in fondo aveva già iniziato. Ed ecco che, specularmente al 2011, i carri armati iniziano a muoversi, da Misurata verso Tripoli, in una storia che già una volta è stata scritta.

La cosa ‘‘divertente’’, che poi compone l’inizio ironico dell’articolo, è il concetto di pace precedente lasciato trasparire dai giornali usciti in edicola venerdì 5 aprile, nel quale si alludeva al quasi improvviso cambio di marcia. In fondo, mi è venuto in primo luogo da pensare che inviati in loco non ne abbiano, almeno intenti a lavorare, altrimenti ciò sarebbe dovuto essere stato già abbastanza chiaro. Serve bene in fondo però a reggere il gioco della “terra sovrana”, che è stato utilizzato dall’Unione Europea per scongiurare un intervento armato europeo che riportasse la pace (o almeno, ci provasse) nella Cirenaica. Già, perché con mediatore Al-Sarraj ciò avrebbe fatto l’interesse solamente dell’Italia, mentre le mire sono di una fetta più ampia di Nazioni. Concetto che, comunque, ho già affrontato in questo articolo, sul quale non ho intenzione di dilungarmi.

Per concludere, questa è la classica situazione nella quale comunque, indipendentemente da come vada a finire, l’Italia se ne uscirà a bocca asciutta. Purtroppo (ma devo lanciare una freccia in favore di questo governativo, in quanto è così da almeno quindici anni) abbiamo da pensare a fittizi nemici interni, scontri ideologici e visioni del mondo differente, per non parlare dei lunghi ed eterni dibattiti parlamentari dovuti all’utilizzo di un termine al posto di un altro. Il tempo da dedicare ai nostri interessi esteri è quasi assente. Lo stesso Ministro degli Esteri, prima poi, andrà probabilmente su “Chi l’ha Visto”, data la sua poca presenza mediatica.

In fondo, però, siamo noi stessi ad essercela voluta. Da quando la politica è divenuta un talk show, gli interessi nazionali sono passati in secondo piano rispetto agli interessi elettorali, ancora di più di quanto fosse già stato in precedenza. Haftar e Serraj, in fondo, fanno molto meno share di settanta persone di etnia Rom, in una delle tante “Tor” di Roma.

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  1. […] il controllo dei ribelli capeggiati dal generale Haftar. Un popolo quotidianamente dilaniato da una guerra civile che si sta protraendo, ormai, da troppo tempo. Abitanti di uno stesso paese che, invece di […]

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