Citando Rollins Stones: articolo da leggere insieme al brano “Dagli all’untore” di Caparezza.
La primavera risveglia in me la voglia di Beatles e la mia vispolemica. L’altro giorno ero intenta a riascoltare il mio amato Capa quando è spuntata fuori la traccia che sopra consiglio. Altro che I Simpons, Caparezza è il vero oracolo dei nostri tempi, colui che con chiara spietatezza, in tempi non sospetti, analizzava il sentire comune di queste settimane.
L’Italia è l’untore. Il paese con più contaminazioni, un paese che ha conterranei sparsi per il mondo (tutti probabili untori), colpevole di aver disseminato il virus in lungo e in largo per l’Europa. In questo articolo non voglio citarvi grafici o percentuali, ma riflessioni, anche perché è di questo che mi occupo. Non sono virologa, non sono medico, non sono nessuno in questo momento se non un’italiana all’estero.
Un’italiana che si becca sguardi e battute non così simpatiche. Sono una italiana che viene guardata con sospetto, nordica per di più, a cui viene chiesto se mi è permesso circolare, che sente di indigeni che si inventano le pene più assurde da far scontare ai miei conterranei (se sei italiano e arrivi dal nord devi stare dieci giorni in quarantena in ostello, solo per dirne una), a cui viene detto che è ovvio che in Italia e in Cina ci sono così tanti casi, è ovvio perché entrambi i sistemi sanitari si basano sui soldi: o paghi o lo Stato ti lascia morire … così risponderebbe Bojack
Isteria, panico, malumore, paura, circospezione, timore, dubbio …
Ho deciso che a queste persone rispondo come Caparezza:
Io sono l’untore
E quando si fa buio
Spunto come un fungo
Ungo dove giungo
….
Il mattino ha l’oro in bocca per me
E la cacca in bocca per la gente sciocca
Che s’annusa, s’accusa, s’arrocca
Timorosa d’esser presa pure in chiesa
…
Cinica figura nell’oscura notte
Sporco le porte, porto la morte
Chi se ne fotte
Se mi beccano mi spaccano di botte
Ed è quello che è successo: un italiano è stato picchiato a Valencia perché “Italiani bastardi ci rubano il lavoro e ora ci portano pure il virus”.
STOP! Ferma un momento, facciamo rewind … le ho già sentite queste parole, però c’era qualcosa di diverso… Ah! Ecco cosa cambiava: sono parole che noi italiani abbiamo usato contro i cinesi!
Chi prima picchiava (scusate, lanciava sassi contro gli asiatici, perché, tra l’altro, siamo troppo ignoranti per differenziare un filippino da un cinese), ora viene picchiato!
Allora aspettate, forse è un segno: italiani, che da qualche anno si divertono a urlare “marocchini che ci rubano il lavoro” “PORTI CHIUSI” “cinesi di merda” …. Ora sono loro i discriminati!
Discriminati dai cugini francesi, dai fratelli spagnoli.
Discriminati nei nostri stessi confini: al sud per un penoso senso di rivalsa chiudono in confini per chi viene dal nord, ci si divide, si è sospettosi… dei propri stessi concittadini!
In un gioco a cerchi concentrici ci si prende cura solo del proprio orticello: Europa, Italia, regione, provincia, città, quartiere e … famiglia!
Perché diciamocelo, funzioniamo così: oltre al cognome, al di fuori del legame di sangue, non ce ne può fregare di meno.
Ma cosa è che non abbiamo capito?
Siamo da sempre un popolo migratorio e da sempre veniamo discriminati. “Maccaronì “ci chiamavano i francesi quando andavamo a lavorare nelle loro miniere, “terroni” dicevamo a chi tra gli abitanti del sud decideva di venire a lavorare nelle industrie del nord, ma, nonostante tutta la merda che abbiamo dovuto mangiare, non vediamo l’ora di sputarne altrettanta sugli altri, come se fosse un gioco al ribasso, a chi gioca più sporco, una guerra fra poveri insomma.
Italiano: a te che accumuli spasmodicamente qualsiasi genere alimentare al di fuori delle penne lisce (bravo, mantieni fino alla fine quello snobismo milanese indice della eccellenza italiana), tu che compri 500 mascherine mediche o magari anche griffate, tu che ti prepari all’invasione zombi, tu che non riesci nemmeno a mettere in atto un minimo senso civico, tu che hai i soldi e accumuli, fregandotene di chi soldi non ne ha, tu che rubi in ospedale per poi rivendere a prezzi assurdi su Internet, tu che ti fingi personale sanitario e ti infili nelle case degli anziani fingendo aiuto … tu non meriti il coronavirus, perché probabilmente sopravvivresti. No, tu ti meriti di peggio.
Se c’è una cosa che può insegnarci tutto questo è quanto siamo egoisti.
Egoisti e piccoli, infinitamente piccoli.
Il virus ce lo abbiamo in testa ed è tempo di curarlo.