Un meraviglioso sorriso, un bellissimo e splendente sorriso tatuato sul volto. Ma perché si domanda questa sfortunata creatura. Perché questo impellente optional. Perché sembra diventato fondamentale, quasi come se fosse il nuovo ossigeno. L’ossigeno 2.0. Un ossigeno ahimè tossico e logorante, che va a corrodere il resto dell’anima e della creatura, che ignara o consapevole di ciò ne inala grandi quantità. Sembra che anche le altre creature se ne cibino, che sniffino tale sostanza con una smania quasi ossessiva…spaventosa.

Ma attenzione, la creatura sta osservando se stessa allo specchio. Le mani frenetiche che assaggiano le rughe del volto. Ma non si tratta di un sorriso, bensì di un cipiglio. Eppure inspiegabilmente appare sul vitreo compare, ed è qui che la maschera viene estratta da un cassetto del mobile…ed ecco che viene indossata, una perfetta copia dell’alter ego. Ecco il sorriso, le sopracciglia distese, non ci sono nemmeno le occhiaie. Una versione family friendly dell’orrido ghigno celato da questo prodigio di muscoli e neuroni. Ed ecco che il nostro ragazzo volta la schiena alla specchiera e sbatte la porta.

La porta si apre ed entra una signora, capelli curati, trucco impeccabile, orecchini di madre perla e collana abbinata, veramente una bella donna. Peccato che dentro lo specchio il sosia mostra la sua vera essenza. Un surrogato di terrore, stanchezza e amore, ma nonostante questo cerca di mantenere un sorriso contagioso e di regalarlo a tutti, attraverso il suo purpureo rossetto. Avvicina una mano al proprio volto, le unghie rosse e grigie delineano sul volto un sorriso, un sorriso malato, un sorriso decisamente lontano da quello che amorevolmente spaccia in giro, un sorriso che appare solo nel vetro, ma che si capovolge nella versione reale, che nasconde il ponte e il dente ricostruito in porcellana, terribilmente costoso e allo stesso tempo un ladro di tempo e vita, questo è vero, ma veramente d’effetto per la sua immagine e presenza. Si riaggiusta la maschera ed esce, dando le schiena bella e forte allo specchio e sbattendo la porta.

È la volta di un uomo, capelli brizzolati, elegantemente pettinati. Sul naso porta degli occhiali vintage color tartaruga. Una camicia bianca chiusa fino all’ultimo bottone, con una stretta e quasi soffocante cravatta nera. Una anaconda di stoffa gli cinge il collo. Alza la mano per sistemarsi i capelli e si vedono i pregiati e costosi gemelli da polso, fini ed eleganti, simbolo di concretezza e raggiungimento del proprio obiettivo. Il viso è burbero, ma nello specchio salta e sfoggia un sorriso veramente bello, un sorriso che comprende anche un dente d’oro e un ponte eseguito a regola d’arte. Ma quello esterno è un volto studiato ad hoc, fermo e deciso, che viene mantenuto costantemente, senza far trapelare alcuna emozione, sia positiva che negativa, un invalicabile muro. Freddo e deciso si aggiusta il colletto alla francese e abbandona il bagno voltandosi e sbattendo la porta.

Il ragazzo ritorna, la maschera è leggermente scivolata e si è irreparabilmente fratturata. Allora è il momento di rimuoverla e prenderne una nuova. Nel mentre il ragazzo mira la tremendamente vera espressione che gli si è impressa in viso. Occhi affossati, delle occhiaie da far spavento, soprattutto all’occhio destro, si domanda ancora il perché. Sopracciglia decisamente contratte, in modo tale da creare sul volto una smorfia tutt’altro che amichevole e serena. I muscoli del sorriso tutti contratti a crearne uno rivolto verso il basso, una smorfia a metà tra il triste e il rabbioso, non mancano i denti digrignati, schizzi di bava ai lati della bocca, causa delle urla di rabbia e disperazione. Ma è a causa di quella vista, quella tremenda vista, che iniziano a fare capolino le lacrime, scaltramente nascoste sino ad allora. Fiumi. Piccoli rigagnoli segnano sul volto due strisce lucide e brillanti, e poi giungono i singhiozzi e il pianto assume un aspetto teatralmente costruito, organizzato nel suo essere disordinato, andando a sommare una miriade di altri elementi al pianto e alla disperazione della creatura. Ma il telefono vibra, si illumina la schermata, è un messaggio. Chiede se è possibile uscire assieme al poveretto. In tutta fretta la maschera viene estratta dal cassetto, viene sapientemente riposta al di sopra del volto e fissata. Volta le spalle allo specchio e sbatte la porta. Ma nell’atto di uscire volge ancora una volta lo sguardo verso la superficie riflettente. Il doppelgänger non mente…purtroppo per lui.

Marwan Chaibi
Prima autore, poi Direttore ed ora Presidente. Classe 2002. Sono Diplomato in Chimica e Biotecnologie e studente universitario. Scrivo per alcune riviste online, parlo, racconto, leggo. Collaboro con tantissime associazioni e enti, ma di questa in particolare sono il Presidente, e non posso far altro che essere orgoglioso nel rappresentarla e fortunato nel viverla tutti i giorni. Mi piace fare bene, del bene, per il bene degli altri!

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