«Sembrava impossibile, ma ce l’abbiamo fatta», recita un famoso spot.

La sensazione è quella: tardava ad arrivare, il tempo era sempre avverso, ritardi su ritardi, lavoro, vita sociale, un sacco di avversità…ma eccoci qui, alla prima parte del secondo episodio della Commodorospettiva. Per la chiusura annuale ho invitato un amico, Gianmarco Capasso, sviluppatore e grande appassionato di videogiochi.

Tirare le somme dopo i TGA2022 e l’ennesima assenza di Game Freak non è mai un compito facile, ma farlo con un amico ed esperto come Gian ha reso quest’impresa sicuramente meno ardua. Vi presento la situazione: collegamento Meet, bicchiere di rosso e voglia di raccontarsela, prima di affrontare suocera, cognato, nipoti, parenti, tombola a Natale, mal di testa ricorrenti e tutto questo…per amore.

Eccezion fatta per il collegamento via Meet, la situazione era più o meno questa. A sinistra: Gianmarco Capasso.

The Game Awards 2022, il videogioco che diventa show

Ciao Gian, finalmente siamo riusciti a fare questa chiacchierata. Ti consideri un esperto del settore?

Ciao, preferisco definirmi un amatore. Gioco e mi interesso al mondo del gaming da tutta la vita. Ricordo di esserne sempre stato appassionato. Ma un ‘esperto’, no, non direi.

Che uno sia esperto o meno, i TGA li si guarda sempre, giusto?

Sì, assolutamente. Ho recuperato la cerimonia in differita, qualche giorno dopo la diretta di Los Angeles. Ammetto di essere rimasto un po’ perplesso.

Dimmi di più. Che impressione hai avuto?

Li ho trovati molto strani. Sembrava davvero che fossero più importanti gli annunci rispetto ai vincitori. Basta guardare i tempi dello show: 2 ore per le premiazioni, 6 ore per annunci e ospiti. Non ho particolarmente apprezzato questa scelta. Se le premiazioni non sono così importanti, allora l’intero titolo di Game Of The Year lascia un po’ il tempo che trova.

Effettivamente ho avuto la tua stessa impressione. Non che si trattasse di una novità per i TGA, ma quest’anno ho percepito un evento più simile a un E3. Il feeling è stato quello di una ‘baracconata’ stile notte degli Oscar. Complessivamente, però, non è stato un brutto show. Annunci di livello e premiazioni hanno creato un buon ritmo su schermo. Il Game Of The Year ti ha convinto?

Non mi aspettavo grosse sorprese. Ancora non ho giocato a God Of War Ragnarok, che mi sta aspettando sulla mensola, ma a conti fatti sembra abbia vinto di più rispetto a Elden Ring. Per me è la classica situazione che si ripete negli ultimi due anni: un gioco vince il GOTY e l’altro vince tutto il resto.

I protagonisti di God Of War Ragnarok in uno dei trailer di lancio.

Credo che si tratti di scelte…chiamiamole ‘politiche’. Miyazaki vince il suo secondo GOTY nel giro di pochi anni, God of War Ragnarok si prende il resto, ma le dinamiche a cui abbiamo assistito sono molto simili a quelle presenti alle premiazioni degli Oscar. Veniamo agli annunci: quale ti ha impressionato di più?

Death Stranding 2. L’annuncio è stato impressionante, ma sappiamo che non uscirà a breve. Sicuramente lo aspetto. Ci sono stati altri annunci di livello, ma ad esempio Armored Core VI: Fires of Rubicon non mi interessa più di tanto, nonostante io sia fan di From Software. Forse Hades 2 (Supergiant Games) ha destato il mio interesse, ma nulla di più. Ma lasciami fare una domanda: tu ti aspettavi l’annuncio di Kojima Productions?

Sinceramente mi aspettavo un annuncio da parte sua, ma mai avrei pensato al sequel di Death Stranding. Proprio perché non lo ritenevo possibile. Per la Kojima Productions è una sfida difficilissima: la trama ha dei punti aperti, ma il gameplay deve essere cambiato totalmente rispetto al primo capitolo. Ricordiamo poi che il pubblico l’ha chiamato Death Stranding 2, ma all’annuncio il nome era solo DS2. Un working title.

Sì probabilmente l’universo narrativo sarà quello, ma magari avrà un altro nome, un altro gameplay. Un po’ come per la saga di Nier/Drakengard o l’esperimento di P.T. che strizzava l’occhio all’universo di Silent Hill.

Léa Seydoux protagonista del misterioso trailer di DS2.

E Game Freak? Dov’è finita Game Freak?

Veniamo a una domanda, che gli addetti ai lavori, definirebbero provocatoria (ne scrissi qualcosa in passato): ma Pokémon dov’era in tutto questo?

Eh, a livello di annunci sono contento non ci siano state notizie da parte di Game Freak. Anche perché è uscito un… qualcosa poco tempo fa. Le ultime iterazioni Pokémon sono lontane anni luce da qualsiasi gioco presente alla cerimonia.

Sapevo ti avrei triggerato. Torniamo a dolci ricordi: qual è stata la tua esperienza con la saga?

Credo che tutto sia cominciato a 6 anni con Pokémon Giallo. All’epoca era tutto macchinoso, internet non era quello di oggi e manco capivo a che servissero i punti esperienza. Ci giocavo con mio padre: aveva il primo Game Boy, quel mattone grigio pesantissimo uscito nel 1990. Da lì ho giocato tutti i giochi Pokémon (saltando solamente alcuni titoli come Pokkén Tournament DX o Pokémon Mystery Dungeon) e ho vissuto l’intera saga in tutti i suoi sviluppi. Amo profondamente quel mondo, le sue regole e le sue caratteristiche.

Io ammetto di non essere un grande fan. Penso di aver giocato alcuni titoli, ma sicuramente non tutti. Tu hai un titolo preferito?

Credo che se la giochino Pokémon Zaffiro e Pokémon Diamante. Sono arrivati nel momento in cui iniziavo davvero a capire cosa succedeva in game. Per me il bello dell’esperienza era legato strettamente all’esplorazione, sia interna al gioco, sia esterna al gioco, ovvero quando si ricercavano risposte offline parlando con gli amici. Entrambi i giochi avevano un post end-game vastissimo e la spinta verso il comparto competitivo era fortissima. In quel periodo ho scoperto che c’erano delle modalità di allenare e allevare i Pokémon molto più complesse e profonde di quanto avessi percepito in prima battuta.

Certi tuffi nel passato sono sempre piacevoli da ascoltare. Talvolta anche malinconici. Quali sono stati i punti più alti toccati dalla serie?

Per me è molto personale come domanda. Credo che la serie in generale sia sempre rimasta sulla cresta dell’onda, in termini di vendite non ha subito perdite, anzi. Forse proprio questo è il grosso problema di Pokémon.

A cosa ti riferisci in particolare?

Beh si tratta del brand più famoso del mondo, con la fan base più grande del mondo. Una fan base totalmente acritica nei confronti del prodotto, cieca rispetto a tutto quello che gli gira attorno. Difendono il prodotto a spada tratta senza avere un minimo di coscienza critica nei confronti di ciò che stanno giocando.

La copertina di Pokémon Zaffiro con il leggendario Kyogre in primo piano.

Un cortocircuito tra fan e vendite da capogiro

Devo ammettere che è un fenomeno che ho riscontrato anche io. Sembra quasi che la community che ruota attorno a Pokémon si identifichi così tanto con il proprio brand da non poter rivolgervi alcuna critica, perché altrimenti la rivolgerebbe a se stessa.

Un po’ è così, poi c’è un’altra questione da tenere in conto. A oggi, con la nona generazione, siamo arrivati a mille Pokémon. Mille. Pensa a un ragazzino di dieci anni che vuole entrare in questo mondo sconfinato, mal connesso e che voglia provare a ricordarli tutti: è impossibile. Ormai il target rimasto è chi a Pokémon ci ha giocato fin da piccolo: persone adulte che, nella maggior parte dei casi, hanno sempre giocato esclusivamente a Pokémon.

Giocatori che quindi non hanno nessuna esperienza al di fuori del brand.

Esatto, giocatori che esistono solo per Pokémon. Questo è un grosso problema perché impedisce a Game Freak di andare oltre, di evolvere come ha fatto il resto del mondo video ludico. Se vogliamo dirla tutta in termini di numeri, Pokémon Scarlatto/Violetto ha fatto il miglior lancio su Nintendo Switch. Questo è un dato di fatto, non si discute.

Vero, ma da quello che ho potuto studiare, l’unico motivo di tale successo è dovuto al problema di cui abbiamo appena parlato. Io l’ho sempre vista così: Pokémon è un po’ la chiave che hanno alcuni giocatori di tornare a sentirsi come quando si era bambini. La classica e ormai usurata ‘operazione nostalgia’. Una macchina del tempo verso quel periodo in cui la componente di scoperta tramite la chiacchiera con gli amici era fondamentale. Una funzione sociale che forse al giorno d’oggi abbiamo perso. Non è che questo declino qualitativo è arrivato quando chi era fan dei Pokémon è diventato grande, ovvero quando la società è cambiata?

La key feature base di Pokémon è proprio la scoperta dell’ignoto. Da quando è stata progettata quella meccanica intrinseca, base di ogni gioco della serie, la società è cambiata parecchio. L’accesso alle informazioni è totalmente diverso: più veloce, più efficiente e a portata di tutti. Un tempo scoprire l’evoluzione di un Pokèmon o risolvere un enigma richiedeva ore, giorni e alle volte settimane.

Una battaglia Pokémon al tempo del Game Boy Color. In assenza della rete internet come la intendiamo oggi, la componente sociale nel gaming era fortissima.

E oggi?

Oggi? Siamo istintivamente portati ad aprire Google e cercare la risposta. L’ho visto anche durante la mia esperienza su Pokémon Violetto: ho iniziato subito a cercare il team più performante e non appena catturavo un nuovo Pokémon, mi precipitavo sulla rete per scoprire quando e come farlo evolvere. Pensandoci mi sono odiato tantissimo in quei momenti, perché stavo uccidendo il gioco in un certo senso. Questa dinamica ormai fa parte di noi, quindi la nostalgia la perdi per forza. E allora che si fa? Devi aumentare la qualità del tuo prodotto e portarla allo standard odierno.

Possiamo identificare un istante o periodo temporale in cui è cominciato questo declino qualitativo? Il passaggio alle tre dimensioni?

Credo che il passaggio in 3D fosse obbligato. Il brand ha sempre sfruttato al massimo le console sulle quali girava ed è sempre stato discretamente al passo con i tempi. Per rispondere alla tua domanda: sì, è successo durante il passaggio al 3D, ma non per colpa del 3D. Il problema è che questo passaggio non ha funzionato bene.

Assolutamente. Quello che intendo dire è che probabilmente qualche meccanica o qualche idea si è rotta proprio nel passaggio da 2D a 3D. Capita anche ai migliori design di rompersi durante una rivoluzione del paradigma tecnologico.

Pensa all’altezza degli sprite. Nei capitoli in 2D tutto era più o meno alto uguale: gli alberi erano alti quanto l’avatar del protagonista e potevi usare la MN ‘Taglio’ per sbloccare i passaggi bloccati da arbusti. In 2D ci passi sopra, in 3D non puoi. La cosa diventerebbe poco credibile.

E se dovessi identificare il peggior titolo della serie?

Probabilmente Pokémon Spada/Scudo. Forse è stato il gioco della serie di cui non ho salvato proprio niente. Totalmente vuoto, il nulla più assoluto. Un mondo dove accadono un sacco di cose, ma alle quali non prendi parte.

Tu giri per le palestre e gli NPC si beccano l’avventura vera? Dimmi che scherzi.

Esattamente così, non scherzo. Te lo dicono proprio :«Guarda c’è un attimo la fine del mondo, ma tu tranquillo fatti il giro delle palestre e batti la lega». Si tratta di una mossa palese per non inserire la trama all’interno del gioco. Per me è stata una delusione totale.

Un esempio della struttura 2D di Pokémon Smeraldo: gli sprite dell’ambiente circostante erano più o meno tutti a misura del protagonista. L’arbusto in figura poteva essere tagliato con l’abilità ‘Taglio’: questa meccanica sbloccava sentieri e percorsi altrimenti inaccessibili. Quindi level design indotto dal 2D.

E qui si conclude la prima parte di questa lunga puntata della Commodorospettiva: non temete la seconda parte arriverà presto.

Nel frattempo, diteci la vostra? Come vi sono sembrati i TGA 2022? Quali sono stati i vostri titoli preferiti?

Giovanni Zabardi
Nato controvoglia nel '94, ingegnere per scherzo e gamer incallito. Nonostante il cuore nerd, sono un organizzatore patologico dei migliori falò di ferragosto low budget della Costa Est. Laurea e lavoro nel gaming mi hanno imborghesito, ma una volta suonavo in una surf-rock band.

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