Alla mezzanotte del 31 gennaio il Regno Unito ha abbandonato l’Unione Europea, a seguito di un braccio di ferro durato anni che ha cambiato il volto non solo di Londra ma anche di Bruxelles.

Il tempo per gli addii però è già terminato, aprendo adesso la strada ad una lunga serie di trattative volte a limare dei nuovi accordi commerciali e, soprattutto, il rispetto dei diritti dei cittadini britannici ed europei. Sì, perché l’uscita del Regno Unito inciderà in primissimo luogo proprio sulle vite delle persone che dall’unione tra le due entità aveva fondato le proprie speranze. Giovani inglesi sparsi per l’Europa ed europei che hanno comprato casa a Londra e che adesso dovranno sperare di vedersi assegnato un permesso di soggiorno.

Nessuna certezza, al momento, né sui tempi e né sulle modalità con le quali Unione europea e Regno unito scenderanno ad un accordo definitivo. La speranza è solo quella che sia rapido, possibilmente indolore e, soprattutto, nell’interesse dei popoli dell’Europa, non solo comunitaria.

L’uscita del Regno segna un punto di svolta. Dalla Seconda guerra mondiale il vecchio continente non si era mai più diviso a seguito della graduale unione sotto la bandiera stellata che sfoggia a Bruxelles: il caso inglese è il primo, al quale forse potranno succederne altri: il blocco di Visegrad, i Paesi meridionali e forse quelli nordici. Chi lo sa, sin tanto che non si avranno i primi riscontri sui dati reali dell’economia britannica post-Brexit.

Mentre da un lato è lodevole il fatto che Londra abbia rispettato il volere del popolo, dall’altro è lecito chiedersi se sia giusto, in presenza di circostanze avverse che possano rendere difficile o non preferibile la situazione. Tuttavia, lo stesso voto compatto del popolo britannico per la lista dei Tory ha assunto il valore di plebiscito, che ha condannato Bruxelles a perdere l’isola oltre la manica con la quale aveva intrapreso un percorso comune lo scorso secolo.

Poi, che il Regno unito non sia mai stato completamente all’interno delle logiche europee è un discorso ancora a parte. Simbolicamente, la sua adesione alla Comunità europea segnava il desiderio di collaborazione, andato scemando negli anni e definitivamente spento lo scorso dicembre.

Adesso, non resta che attendere che cosa riservi per il futuro: se i britannici rimpiangeranno la scelta o se continueranno ad appoggiarla; oppure se vedremo i nostri cari in Inghilterra fare le valigie per tornare a casa. Tutte visioni offuscate da una folta coltrice, che soltanto i prossimi mesi potranno schiarire. L’unica certezza, al momento, è quella di aver perso un fedele compagno di cammino: non sempre vicino, ma cui presenza ha aiutato l’Europa a non cadere nella più totale evanescenza nel panorama politico mondiale.

NoSignal Magazine

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