GreenPea cavalca l’onda della moda green per specularci sopra, oppure offre nuovi spunti di riflessione?

Lo scorso 8 dicembre si è inaugurato a Torino il primo centro commerciale sostenibile, dall’idea di Oscar Farinetti, il creatore di Eataly.

La prima cosa che colpisce di questa mastodontica costruzione è la sua geometria armonica, grazie alla quale ci si sente proiettati nel futuro, un futuro fatto di possibilità. Perché è proprio questo l’effetto del nuovo centro commerciale: dà la possibilità di scoprire che la fantomatica leggenda del sostenibile può effettivamente diventare il nostro futuro, senza che si rinunci al progresso. Ecco perché, all’interno di Green Pea, vi sono innumerevoli marche, sconosciute e non al grande pubblico, tutte accumunate dalla filosofia del sostenibile. Troviamo marche di abbigliamento, di cosmetica, libri sull’argomento, ma anche romanzi per adulti e bambini, aziende di arredamenti per interni che offrono una vastissima gamma di nuovi materiali “green”, oltre ad innumerevoli aziende che sono state coinvolte in primis nella costruzione dell’immobile.

Infatti Green Pea è in primis un modello da imitare: “Cambiare il modo di consumare, mettendo al centro di tutto la ricerca dell’Armonia con il pianeta: crediamo che questa sia la sfida più grande che ci attende”, si legge nel loro manifesto.

I numeri GreenPea

15mila mquadri su 5 piani, 54 mila bulloni, 100 mila metri di tubi in plastica riciclata, 2mila piante tra alberi e arbusti, 66 negozi, 1 museo, 3 luoghi ristorazione, 1 piscina, 1 spaa.

GreenPea basa le sue fondamenta su un impianto geotermico: 3 pozzi a 30 metri di profondità, garantisce una produzione di 2.000 MWh di energia. L’acqua sottostante mantiene una temperatura di 15° e produce, quindi, autonomamente, aria calda in inverno e aria fresca in estate. Permette di non scaricare al di fuori della struttura 390.000 kg di CO2 e anzi, il risultato effettivo è in positivo poiché risulta come se GreePea piantasse ogni anno 13.000 alberi. Giusto per non farci mancare nulla, GreenPea raccoglie l’acqua piovana per un totale di 1.600.000 litri di acqua potabile risparmiati in un anno.

I fondatori di questo retail park hanno fatto a loro simbolo il pisello, da qui il nome GreenPea. Seguono una filosofia sostenibile e attenta all’impatto ambientale, anche sul territorio. Si ripropongono di creare un “luogo in cui rendere possibile atti di acquisto e di consumo ecosostenibili e rispettosi. Un luogo che esiste solo on land, perché soltanto quando tutti i nostri sensi sono coinvolti, cambiare comportamenti diventa semplice e bello. From duty to beauty: da Green Pea il Rispetto della Natura diventa un piacere, per tutti”.

Questo concept commerciale non solo è una vetrina per moltissime marche ecosostenibili di svariati prodotti, ma anche un luogo dove poter riflettere sull’impatto che l’uomo ha, sull’ambiente, e sulla responsabilità che ne deriva. Non credo sia solo un centro commerciale rivolto al singolo, bensì anche ad aziende che vorranno innovarsi e cambiare la loro politica aziendale, rendendo i loro impianti sostenibili, cambiando la filiera produttiva e adottando materiali a minimo o nullo impatto ambientale; GreenPea, infatti, espone nelle sue vetrine una serie di aziende sensibili al riguardo, in maniera versatile che spazia dagli interni di cucine e salotti, a capi di abbigliamento, a nuovo sistemi geotermici.

A voi, quindi, l’ardua sentenza: GreenPea non è altro che una vetrina rivolta a ricchi snob che han deciso, al posto di caviale e champagne, che quest’anno porteranno sulle loro tavole solo latte di capra dall’Indu kush e insalate di fiori raccolti uno ad uno? Oppure non è altro che un compromesso, una possibilità in più per chi ha dei soldi di farne buon uso, come SpiderMan insegna: “da grandi poteri derivano grandi responsabilità”? Insomma, GreenPea cavalca l’onda della moda green per specularci sopra, oppure offre nuovi spunti di riflessione?

Credo che, io per prima, non andrò mai a far la spesa da GreenPea, da studentessa quale sono, ma sono sicura che una visita a questo centro commerciale mi abbia permesso di conoscere, ancora più a fondo, le mille possibilità che una nuova ottica sostenibile può portare. In questo caso un’ottica sostenibile e consumistica, diversa ovviamente dai contadini a KM0 che frequento al mercato di Porta Palazzo. Eppure ci saranno, invece, persone che non si sarebbero mai avvicinate all’ottica green se Farinetti non la avesse anche trasformata in una possibilità glamour, moderna, al passo con i tempi … e se questo significa convincere anche qualche vecchia Madamina (l’alter ego della torinese DOC) dell’importanza di cambiare le nostre abitudini di consumatori, non posso che dichiararmi più che favorevole verso questo progetto.

Inoltre dovremo essere orgogliosi che in Italia si inizi a portare avanti un’idea green rivolta alla sostenibilità e al basso impatto ambientale, anche in un’ottica di largo consumo come è, appunto, un centro commerciale. Perché il concetto è che ognuno di noi può fare la sua parte, dal piccolo al grande consumatore. Imprenditori, capi d’azienda, start-up emergenti: GreenPea ci mostra come grandi marche quali Samsung e Fiat in campo tecnologico, Iren in campo energetico (è la principale agenzia di luce e gas torinese), Superga, Robe di Kappa (torinesi anch’esse), Patagonia, Timberlake (solo per citare i primi nomi che saltano all’occhio nel settore marche di moda) si stiano muovendo in questa direzione: ciò dimostra che cambiare si può, basta volerlo.

E ricordiamoci: “Progresso, ma non evoluzione, sai come si chiama? Estinzione”.

NoSignal Magazine

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