L’implacabilità dell’azione di SARS-CoV-2 non ha risparmiato i campi di calcio nostrani, impedendo il regolare svolgimento della stagione 2019–2020. Tuttavia lo sport più seguito ed amato nella nostra Penisola ha saputo riorganizzarsi e ripartire in una nuova livrea, contraddistinta da poltroncine vuote agli stadi e contatti umani ridotti ai meri contrasti di gioco.

Si è concluso, infatti, da poco più di una settimana il Campionato di Serie A, il quale ha rispettato il copione degli ultimi otto anni, almeno per quanto riguarda la vincitrice, e ha emesso gli ultimi verdetti in merito alle qualificazioni per le coppe europee e alle temute retrocessioni. Ciro Immobile, bomber della Lazio e della Nazionale, si è aggiudicato la Scarpa d’Oro, surclassando i plurivincitori Messi, Suarez e Cristiano Ronaldo, a distanza di tredici anni dall’ultimo successo italiano, firmato Francesco Totti. Il nativo di Torre Annunziata è stato protagonista di una stagione memorabile, scandita da un numero di realizzazioni incredibilmente costante, sebbene questo ingente quantitativo sia stato raggiunto anche grazie a quattordici rigori assegnati (e concretizzati, naturalmente).

Al di là delle statistiche e della rendicontazione dei risultati, quello che occorre sottolineare è l’eccezionalità delle condizioni in cui questa stagione è stata disputata. Il nuovo coronavirus si è abbattuto sul mondo dello sport senza effettuare distinzioni, compromettendo molte competizioni e stravolgendone il decorso. Il calcio, eccezion fatta per Francia, Belgio, Olanda e pochi altri Paesi, è riuscito a resistere, forte anche di un sostegno economico non indifferente: allo stop forzato è seguita la ripresa delle partite, nell’echeggiante silenzio degli stadi, svuotati dei loro abituali ospiti.

Per la prima volta gli affezionati di questo sport si sono dovuti limitare a seguire i propri beniamini da remoto, attraverso lo schermo di un televisore o di un computer, e per la prima volta si è potuto percepire quanto il calcio privato dei tifosi risulti svuotato della propria essenza. Il pubblico pagante è stato la vittima sacrificale che ha consentito il ritorno delle squadre sul rettangolo verde, seguito a ruota da una serie di consuetudini del microambiente calcistico, le strette di mano fra avversari, le conferenze stampa, i bambini al fianco dei giocatori durante l’ingresso in campo, punti fissi del rituale laico più conosciuto al mondo.

Un rimodellamento più evidente è toccato alle competizioni europee, le cui fasi finali si concentreranno in un’unica città, in rapida successione e in una collocazione temporale alquanto atipica, ossia il torrido agosto solitamente adibito ai ritiri in preparazione della stagione successiva. Questo significa incidere inevitabilmente anche sulla prossima annata calcistica, per la quale un ritorno alle ben note consuetudini è ancora incerto, dal momento che lo spettro dei contagi aleggia sulle città di tutto il mondo, fra nuovi focolai e un virus che in assenza di vaccino non è debellabile.

Così come un’intera comunità, prima nazionale e poi globale, anche il mondo del calcio si adegua alle decisioni dei governanti, le quali, condivisibili o meno, vertono a conciliare la ripresa economica con il contenimento della malattia, al fine di evitare il plumbeo scenario di nuovi lockdown e di nuove restrizioni che porterebbero allo stremo una situazione sociale già compromessa. Il calcio, pur non costituendo una priorità assoluta, ha implicazioni in entrambi gli ambiti, quello economico e quello sociale, con società quotate in borsa che garantiscono un impiego a decine di persone, con squadre su cui i tifosi riversano le proprie speranze e la propria voglia di rivalsa, con giocatori che incarnano i sogni sopiti di migliaia di persone. Il calcio è una cartina al tornasole capace di riportare fedelmente lo stato di salute di una comunità; questo spiega il motivo per il quale riceva così spesso un trattamento preferenziale nei confronti degli altri sport, con buona pace dei suoi detrattori.

In attesa di tempi migliori, non resta che godersi gli ultimi scampoli di stagione dai divani casalinghi o dalle sedie dei bar, esigue tribune appena sufficienti per contenere l’impeto calcistico che tutti i tifosi immancabilmente sprigionano al cospetto dei propri idoli.

Davide Camoirano
23 anni, frequento il 5° anno di Medicina e Chirurgia a Torino. Nel tempo libero leggo, pratico sport e scrivo articoli, sportivi e non solo. Sono appassionato di ciclismo, nuoto, politica, attualità, storia e, naturalmente, medicina, anche se mi piacerebbe aggiungere un tocco di creatività alla mia 'grigia' routine quotidiana.

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