L’Unione Europea regala finalmente un po’ di speranza per il futuro dato che si è raggiunto da poco un accordo a dir poco storico sul clima, forse il più grande nella storia dell’umanità. Entrerà in vigore a ottobre 2023 ed è una serie di norme che riguarda la compensazione delle emissioni per il raggiungimento della ‘carbon neutrality’ non solo in Europa ma spingendo anche in tutti gli stati che commerciano con l’Unione. Vediamo come funziona.

Sarà introdotto il cosiddetto ‘adeguamento del carbonio alle frontiere’: ogni merce che verrà prodotta al di fuori dei confini EU dovrà rispettare determinati standard in materia climatica oppure sarà respinta alla dogana. In parole povere non solo i paesi dell’Unione dovranno adeguarsi ai nuovi standard ecologici imposti ma non potranno neppure imbrogliare producendo le merci all’estero o comprandole da lì.

Illustrazione di Boia Fauss

L’accordo riguarderà inizialmente solo alcune materie prime come alluminio, cemento e fertilizzanti ma rapidamente si espanderà a ogni merce compresi i prodotti alimentari. Un paese che, per esempio, disboschi un’area verde per far spazio a un allevamento di bestiame (come il Brasile) non potrà vendere la propria carne nel ricco mercato europeo. Un paese che usi pesticidi non pericolosi per il consumo umano ma dannosi per l’ambiente non potrà vendere in europa i suoi alimenti. E così via.

L’Unione ha già avuto piccoli impatti di questo tipo a livello globale, costringendo ad esempio la Apple a modificare tutti gli iphone, nel mondo, per adattarsi alla normativa europea sui caricatori universali USB-C. Finalmente, come Europa, riusciamo ad avere un impatto forte, positivo e ben direzionato, sull’industria globale e per il clima.

Una tassa per il clima

Oltre a questo la norma prevede una tassa sul carbonio; saranno punite le aziende inquinatrici e favorite quelle virtuose mantenendo come estrema ratio quella del mercato libero. Un’azienda con forti emissioni dovrà comprare delle ‘quote ecologiche’ (spendendo denaro) da altre aziende più green. Alcune di queste saranno unicamente dedicate alla salvaguardia dell’ambiente, al rimboschimento e alla pulizia delle acque e dei terreni e potranno sostentarsi vendendo le loro ‘quote ecologiche’ alle compagnie non virtuose che devono compensare le loro emissioni. Il sistema permette insomma di creare ricchezza e posti di lavoro tramite la tutela degli ecosistemi.

Le critiche che sono state avanzate a questi sistemi sono l’inevitabile aumento dei prezzi di alcune merci e il maggior carico economico sulle aziende ad alte emissioni ma non possiamo assolutamente permetterci di aspettare oltre. Bisogna agire subito per la tutela dell’intero pianeta. Non si può rimandare.

Una seconda critica, ancora più concreta, consiste nel fatto che quando questo modello è stato sperimentato alcune aziende riuscivano a ‘imbrogliare’ disboscando una zona e poi rimboscandola nuovamente con palme da cui ricavare l’olio e ottenendo così punti ecologici pur non avendo fatto alcun bene per l’ambiente ma anzi un danno; avevano trasformato una foresta ‘selvatica’ in una selvicoltura organizzata per profitto.

La sperimentazione è servita proprio a identificare questi cavilli e le potenziali criticità che non saranno più possibili nel nuovo pacchetto di norme del Parlamento Europeo. Resta solo da sperare che sia sortito l’effetto desiderato e che gli organismi di controllo siano adeguati.

Per adesso gli ecologisti di tutto il mondo possono permettersi, pur cautamente, di festeggiare.

NoSignal Magazine

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