Una scialuppa si distaccò dalla nave, se ne andò o venne abbandonata. Ancora non è chiaro. E non è ancora chiaro il motivo di questa scelta. Tuttavia sulla nave sono contenti della loro apparentemente spontanea scelta. Quello che è stato eseguito è un ordine piovuto dall’alto, dalla cabina di regia del capitano. Ma quella scialuppa forse abbandonata, forse liberata era piena di giovani mozzi, giovani carpentieri, giovani capitani, e chi più ne ha più ne metta. Sulla scialuppa i vecchi marinai brindarono alla loro salvezza, brindarono alla loro astuzia e alla loro perspicacia. Fiumi di Rum vennero liberati dalle loro vitree prigioni. Si scambiarono segni di assenso e di approvazione, come fa uno scienziato al collega quando scopre qualcosa di rivoluzionario. Quell’ammirazione amara, perché l’idea non è stata propria ma ne siamo talmente tanto affascinati da non poter dimostrare la nostra approvazione all’ideatore. Come uomini civili si stringevano la mano, si davano del lei e si congratulavano facendo un leggero inchino. Una situazione tanto grottesca quanto divertente. I festeggiamenti si prolungarono per giorni e giorni. Nelle cucine della nave non ci fu mai un così gran daffare, ei cuochi ei fornelli sembravano in preda al demonio. Dalla cambusa prelevati barili di bevande e cassette di cibo. Si udivano canti e balli sfrenati, un misto tra gli effluvi dell’alcool, sia a causa del tacco dei loro logori ma ancora efficienti stivali da uomini di mare. L’aria di festa era udibile a grande distanza, sia a causa del mare apparentemente calmo, sia a causa della assenza di gabbiani e maelstrom, evento raro ma di una temibile potenza. Vennero sparati anche due colpi di cannone, a prua, nel mare limpido. L’acqua inghiottì subito la palla, ma il suono non si poteva nascondere, anche a miglia di distanza lo udirono. Lo udirono delle altre navi, proprio come quella che scagliò il colpo in mare. Queste di soppiatto calcolarono la rotta e decisero di andare a controllare che cosa stesse succedendo in quel fazzoletto di mare. La notte calò sopra il bel mare e anche il sonno si posò sopra la nave, come una sorta di incantesimo portò tutti i marinai a ritornare nelle proprie brande per riposare le proprie membra. Mentre vennero istituite delle sentinelle come di consueto. La caracca venne facilmente raggiunta dal galeone nemico, degli arpioni vennero lanciati e si aggrapparono ai cornicioni della nave. I marinai più giovani si destreggiarono in un esercizio di equilibrismo e allenamento, sorpassarono il mare stando attaccati solo alla corda. Una volta sopra il ponte iniziarono ad aiutare anche gli altri ad abbordare. L’arrembaggio che si scatenò fu veloce e sanguinolento. I giovani nemici abili e ginnici si arrampicarono sino alla cima dell’albero maestro e qui vi tagliarono le cime delle vele maestre. Provocando la caduta del veleggiato uccisero alcuni pirati della nave. I pirati più esperti sposarono la propria benda sull’occhio sempre scoperto ed entrarono in coperta. Dove trovarono ben poca resistenza da parte dei marinai. Vennero tutti legati o uccisi. I festeggiamenti avevano decimato la ciurma. Le lotte furono vane e goffe, sia perché da ubriachi ed in mezzo al mare l’equilibrio era difficile da trovare, sai perché il corpo di un vecchio era meno scattante di quello del giovine che aveva di fronte. Il capitano in un attimo di lucidità comprese quale fu il suo errore, e capì quanto questo fu determinante e quanti problemi si sarebbe risparmiato se non avesse agito in tal modo. Ricevette una sciabola nell’addome, e cadde in preda al dolore, ma nonostante questo provò a difendere la sua splendida nave.

I pirati nemici presero tutto l’oro e tutto il cibo della nave saccheggiata, la ciurma di rinnegati decise di prendere tutto ciò che non era inchiodato, scrivanie, spade, pistole, polvere da sparo, rum. Ma solo una cosa lasciarono. Lasciarono l’olio e un po’ di polvere da sparo. Al momento di salpare un mozzo appena reclutato corse sino alla chiglia della nave derubata, e accese una miccia. La sua risalita fu veloce e ansiosa. I compagni lo attendevano con molta ansia, e appena lo videro uscire correndo dalla coperta lo incitarono a tornare a bordo. Nell’arco di pochi minuti il galeone si era allontanato grazie alla combinazione di venti e correnti. Si allontanarono quel tanto che gli permise di essere al sicuro. Dai boccaporti dei cannoni iniziarono a scorgere del fumo, e piano piano questo iniziò a lambire la pancia della nave. Sino a far si che divenisse un tizzone ardente. L’albero maestro iniziò a cedere, spezzando il ponte, e sprofondando sino alla chiglia. Lentamente questa iniziò a colare a picco, ed il suo capitano con lei.

La piccola scialuppa era stata lasciata nel mare libera, era stata dotata di abbastanza viveri per sopravvivere un paio di giorni se dilazionati con cura. Il galeone la scorse, e decise di avvicinarsi al piccolo natante per offrire aiuto e arruolare nuovi giovani mozzi e nostromi. In quella nave i giovani erano ben accetti e aiutati a divenire uomini di mare. I grandi arrembaggi e le imprese più faticose erano svolte dai più giovani perché allenati, mentre i vecchi gli insegnavano l’arte dell’oceano e la vita che ne comporta. Le navi più efficienti erano quelle con l’equipaggio più giovane, ma sempre sotto la guida di un occhio attento. Non erano utili se abbandonati in mezzo al mare. E il capitano ormai divenuto cibo per pesci lo aveva capito troppo tardi, perché non avendo investito su di loro, se no a quest’ora sarebbe ancora in giro a scorrazzare per i sette mari, forse avrebbe abbordato questa stessa nave e l’avrebbe fatta colare a picco.

Marwan Chaibi
Prima autore, poi Direttore ed ora Presidente. Classe 2002. Sono Diplomato in Chimica e Biotecnologie e studente universitario. Scrivo per alcune riviste online, parlo, racconto, leggo. Collaboro con tantissime associazioni e enti, ma di questa in particolare sono il Presidente, e non posso far altro che essere orgoglioso nel rappresentarla e fortunato nel viverla tutti i giorni. Mi piace fare bene, del bene, per il bene degli altri!

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