In questo articolo analizzeremo il ruolo che l’inflazione ha nella realtà economica di tutti i giorni.

Prima di tutto, quando si parla di inflazione si intende il fenomeno dell’aumento dei prezzi delle merci, cui rilevamento avviene generalmente in base trimestrale, semestrale o annuale (il suo alter ego, ossia la diminuzione dei prezzi delle merci, si definisce deflazione). Nel mondo capitalistico è intrinseca la tendenza ad una lieve inflazione, sinonimo di stabilità e salute del sistema economico dovuto all’aumento dei consumi e ciò si verifica nei periodi che possono essere intesi come di sviluppo o di piena occupazione. La deflazione avviene invece nei periodi di recessione, quando il mercato si contrae ed aumenta la disoccupazione, causata da un diminuito potere di acquisto medio della popolazione (ossia parimenti si contrae il Reddito Reale Medio di Base).

Questo è relativo alle condizioni che si verificano in un’ipotetica situazione di libero mercato perfetto, ossia dove non vi sono interventi di alcun tipo da parte dello Stato o delle Banche Centali. Tuttavia, inflazione e deflazione possono anche essere indotte forzatamente con l’ausilio di due strumenti: uno fiscale ed uno monetario. Il primo è l’aumento della tassazione, che produce un minor guadagno alla stessa quantità di merce venduta, che obbliga il commerciante e il produttore ad alzare i prezzi. In questa situazione comunque l’aumento dell’inflazione non è l’obiettivo della manovra, mirata invece ad aumentare le produzioni ed al contempo i bilanci del Fisco. La seconda, mirata proprio alla creazione di inflazione per contrastare la disoccupazione, è l’immissione di denaro sul mercato, andando a svalutare il valore nominale della moneta. Questa inflazione è però fittizia, almeno nel momento in cui i mercati si sono accorti di come i prezzi sono stati “pompati” e dopo un primo periodo, parimenti ad una sostanza immensa nel corpo quando esaurisce il suo effetto, provoca una contrazione della domanda, riportando alla condizione iniziale. Rimane ovvio quindi come per tenere costante l’aumento della domanda, sia necessario continuare ad immettere moneta sul mercato andando a creare un circolo vizioso che troppo speso diviene impossibile da fermare, soprattutto se si vuole evitare la gogna pubblica.

Come comunque abbiamo visto, un’inflazione tendenzialmente racchiusa tra lo zero ed i due punti percentuali su base annua sono favorevoli allo sviluppo dell’economia, in quanto in grado di rafforzare l’equilibrio che viene raggiunto nei periodi in cui si tende alla piena occupazione. Vero però che, con l’avvicinarsi al culmine dell’ “Arcadia”, il mercato tende a contrarsi e, propagandisticamente parlando, non è una buona posizione per coloro che sono in quel momento al Governo, i quali potrebbero essere tentati dal prolungare questo periodo idilliaco dell’economia locale. Forzando però l’inflazione, la quale comunque non può essere drogata all’infinito, il risultato è quello di una caduta decisamente più altisonante quando il sistema produttivo entra in crisi, andando a creare una recessione molto più lunga e dalla quale è molto più lungo uscirne. Tutti coloro che in questa definizione leggono analogie col nostro presente, hanno preso il sentiero di analisi corretto.

Concludo con un piccolo accenno alla condizione dell’Euro, moneta internazionale molto stabile nel valore, che non ha mai presentato problemi di eccessiva inflazione. Esso è coniato dalla Banca Centrale Europea, ente sovranazionale al centro dei dibattiti del particolarmente difficile periodo storico che stiamo affrontando. Dati i parametri molto stringenti al quale è stato vincolato, la possibilità di creare inflazione con una massiccia introduzione di moneta sul mercato è altamente limitata, appunto per evitare lo scoppio di bolle speculative che possano atterrare i Paesi con maggiori difficoltà. Tuttavia, proprio questo limite è alla base dei problemi di tutti quei Paesi dell’Unione Europea esportatori che da una moneta forte hanno sempre tratto svantaggio per la poca competitività a livello di vendite con l’estero rispetto ai Paesi operanti in Dollari Americani. Non è un caso che infatti l’inflazione media dei Paesi europei dopo l’entrata nell’Euro sia quasi nulla se rapportata all’inflazione che avevano sotto le valute nazionali. Da un lato, abbiamo visto essere un bene. Se però si rapporta alla possibilità di un Paese di ausiliare le proprie manovre finanziarie con i meccanismi di inflazione/deflazione e apprezzamento/deprezzamento della moneta, è un grandissimo limite cui ancora oggi gli enti europei non hanno saputo dare una corretta risposta. Siccome però nell’Unione Europea le economie dei vari Stati sono tutto tolto che omogenee, raggiungere un accordo è assai difficile, ma deve essere una delle sfide del prossimo futuro, poiché importante accorgimento per migliorare l’economia generale dell’Area Euro.

NoSignal Magazine

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1 Comment

  1. […] Ecco, dunque, la seconda causa del fallimento della banca californiana: l’inflazione. […]

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