L’Iran è una teocrazia, ufficialmente una repubblica islamica presidenziale, fondata sulla credo sciita. Il paese si trova ad essere in una posizione determinante e conseguentemente scomoda. Un palcoscenico complesso: una potenza di secondo piano eppure così pericolosa. Perché?

Ormai a partire dal periodo conseguente l’abbattimento di Saddam Hussein e la nota decadenza dell’Iraq, l’Iran si è ritrovata come principale forza in questo settore medio orientale. Le ambizioni sul possesso della bomba atomica da parte di Ahmadinejad e le notevoli dichiarazioni anti israelite che prospettavano l’abbattimento dello stato di Israele ne hanno fatto uno dei principali nemici degli Stati Uniti.

Un nemico complesso che non ha effettivamente goduto di appoggi importanti: si pensi ad una Russia significativamente poco schierata in questo frangente, oltre al fatto di essere stato negli ultimi anni, tramite la figura del generale Soilemani, uno stato attivo ed efficace nel combattere il califfato islamico dell’Isis.

A questo proposito suona effettivamente bizzarra la dichiarazione dello Stato islamico degli ultimi giorni che sembra connotare la morte del generale iraniano come frutto di un atto divino. Una punizione da parte di Allah nei confronti di un pessimo religioso, un traditore del proprio credo e dei propri fratelli. È chiaro dunque come la posizione dell’Iran sia a metà strada fra nucleo di forza oppositore dell’equilibrio predeterminato guidato dal plenipotenziario americano ma allo stesso tempo un prezioso ed efficace alleato nei confronti dell’ oltranzismo di matrice islamica.

Cosa e quindi accaduto nei giorni scorsi e perché si parla di guerra sventata?

In primis si deve considerare la complessa natura della forza Quds, guidata proprio dal defunto generale iraniano. Si tratta di un servizio di intelligence e operazioni speciali iraniano che si occupa di missioni sul territorio straniero. È stata fondata nel 1980 e il nome non mente. Al Quds e infatti il nome di Gerusalemme per il mondo islamico. Appare bene notare come queste brigate di Gerusalemme non siano mai state di ostacolo reale nei confronti degli Stati Uniti che eppure le hanno classificate nel 2007 come una forza di supporto al terrorismo islamico. Eppure queste forze hanno supportato i curdi durante tutte le guerre contro Saddam Hussein chiaramente leader del principale avversario dell’Iran ovvero l’iraq. Negli ultimi anni si sono fatte notare all’interno della guerra civile siriana a fianco del presidente della Siria Assad combattendo tanto contro l’Isis quanto i ribelli siriani.

Cosa dunque è accaduto negli ultimi 18 mesi e perché si è rischiata per davvero una escalation che avrebbe potuto portare ad una guerra di ampie proporzioni?

Da ormai un anno e mezzo gli Stati Uniti sono stati sul piede di guerra con l’Iran. Il generale dei Quds che è, da non dimenticare, il massimo esponente dei servizi segreti iraniani nonché il secondo uomo più potente nel paese stava mettendo in atto un great game mediorientale. Una escalation tattica di ampie proporzioni per prendere un relativo sopravvento nell’area medio-orientale e medio asiatica. Non è un segreto il fatto che l’Iran negli ultimi anni, in modo particolare dal periodo di Ahmadinejad, sia stato l’unica realtà geopolitica davvero forte in Medio Oriente, sostituendo un Iraq sempre più tormentato intrinsecamente quanto risibile nella sua capacità di essere davvero indipendente dal volere degli States.

Quasi sicuramente il piano impostato dal generale iraniano non era quello di attaccare direttamente gli Stati Uniti ma determinare una fine strategia di destabilizzazione degli altri paesi connessi agli Stati Uniti per racimolare gradualmente una egemonia sul territorio.

Ovviamente tutto non poteva essere portato a termine senza un attacco che in qualche modo toccasse gli Stati Uniti.

Il 27 dicembre alla base militare di Kirkuk un civile americano rimase ucciso causa un attacco di al Quds. Trump rispose con un attacco aereo che uccise 25 iraniani.

Il 31 dicembre, come si sa, la folla inferocita ha attaccato l’ambasciata americana in risposta a quanto detto sopra. Si è rapidamente giunti all’ ATTO FORTE americano, che ha messo a tacere Soilemani.

Sembra proprio una guerra mancata, un conflitto che nessuno realmente desiderava.

Dopo un tentato attacco bomba dove nessuno è rimasto neanche ferito, l’Iran ha subito predisposto un vigoroso cessate il fuoco.

Il resto è stato fatto dall’Arabia Saudita e dagli intermediari svizzeri che si sono occupati, come già era accaduto ai tempi della Ayatollah Khomeini, di evitare un insolubile peggioramento dei rapporti fra l’Iran e gli Stati Uniti. Un’escalation che sarebbe sfociata in un conflitto assolutamente improponibile per il primo di questi.

L’azione adoperata e gli attacchi deliberati da parte di Trump sono stati condannati ed effettivamente risultano torbidi, assimilabili a dichiarazioni di guerra inemendabili. Ma forse questa presa di posizione, la ferrea risolutezza attuata sul nascere da parte di Trump hanno impedito una guerra di disastrose proporzioni.

NoSignal Magazine

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