Ho sempre pensato all’ignoranza come ad un’assenza di basi per poter analizzare quello che nella fattispecie della situazione stia accadendo. Ritengo di esserlo stato molte volte nell’arco della mia vita, spesso e volentieri accorgendomi troppo tardi di esserlo. Tuttavia, ho sempre inteso questa lacuna come una possibilità di migliorarmi, di rendermi dotto su cosa non ero adeguatamente preparato, per poter affrontare in modo migliore una situazione analoga nel futuro. Insomma, cercando di farmi un personale bagaglio culturale. Per migliorarmi, per non sentirmi fuori luogo o perché no, anche per sentirmi preparato ed egoisticamente poterlo mostrare agli altri.

Il grosso problema sovviene però quando l’ignoranza viene a fare da padrona e, anzi, viene professata come un vanto, un carattere distintivo. Qualcosa da sfoggiare, in quanto mostra l’animo puro non traviato dall’istruzione. Una sorta di anti-empirismo, che viene idealizzato come il migliore dei caratteri possibili.

Questo, purtroppo, è alla base dei rapporti interpersonali dei giorni nostri. Lo si vede tutti i giorni per strada, lo si vede alla televisione. Lo si vede anche e soprattutto nella Politica, che di questa pseudoscienza adesso ne fa da padrona. Daltronde, la difesa addottata è tanto semplice quanto efficace sulle masse: chi c’era prima si diceva non lo fosse, tuttavia ha sbagliato lo stesso.

Vero probabilmente. Tuttavia, si è sempre cercato di migliorare e di affrontare in modo efficace e propositivo situazioni analoghe che vengono riproposte. E spesso, ammettere di aver sbagliato la prima volta e lavorare per non ripetere l’errore funziona.

Quando non si passa un esame e la prova che viene sottoposta è speculare alla prima, difficilmente si daranno le stesse risposte dove già si sa di aver sbagliato. Se andando in bicicletta ci si incappa in una salita che non si riesce a fare, si cambierà percorso la seconda volta, o ci si allenerà per riuscire a superarla. In ogni caso, ci sarà una rielaborazione del proprio modo di porsi, per non cadere due volte nello stesso errore.

Ciò però, purtroppo, implica ammettere di essere stati, almeno per una volta, ignoranti. Se non con gli altri, perlomeno con sé stessi.

Questa è una grossa pecca del Movimento Cinque Stelle, che difficilmente ammette di essersi posto male, di aver espresso male un concetto, di aver frainteso o anche solo di aver commesso una gaffe. Ciò è giustificabile e, anzi, sostanzialmente irrilevante. La Francia non sarà una democrazia millenaria, tuttavia lo è da più tempo di noi. Ci siamo andati vicini. Rispondere ad un ex Ministro in tono di sfida sostenendo che ciò che è stato detto sono soltanto sue considerazione senza nulla portare per difendere invece la propria tesi simboleggia potenza, invece che degrado. Tuttavia è apprezzato. Dopotutto, se davvero non si sa cosa rispondere, è il modo migliore per svicolare. Anche qui, ci siamo andati vicini. Sostenere di aver sconfitto la povertà con un sussidio di 138 euro al mese è poi il simbolo di questo fallimento ideologico. Significa ignorare che un abbonamento mensile al trasporto pubblico (visto che la macchina è quasi de facto proibita) costa quanto la metà di quel sussidio, però ancora bisogna mangiare. Dopotutto però, sempre meglio degli 80 euro di Renzi, e poco importa se alla fine il significato è il medesimo (ottenere voti, guarda caso di nuovo per le Elezioni Europee), basta celarsi dietro ad un pugno alzato ed un finto sorriso, che forse nemmeno si sa perché si stia facendo. Poco importa se l’ordine è quello di pigiare un tasto in aula senza sapere quello per cui si sta votando. Il contratto che ho firmato ha una penale ed o così, altrimenti che faccio io? Me la pagate voi?

“L’apparenza si paga”, sosteneva Henri-Frédéric D’Amiel. Purtroppo anche l’ignoranza, ma essa stessa impedisce di vederne gli effetti. Sia sul presente, sia proiettati al futuro.

NoSignal Magazine

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