Cala il sipario. Si spegne la luce. Il buio inghiotte tutto. Il buio inghiotte l’Italia intera al Renzo Barbera di Palermo e ora riuscirne sembra una scalata impossibile. L’Italia non prenderà parte al Mondiale in Qatar dopo l’eliminazione per mano della Macedonia del Nord. Seneca scrisse: “I dolori leggeri concedono di parlare: i grandi dolori rendono muti”. E ora, ogni parola sembra uno spreco.

Lo scontro tattico

Il primo tempo è un dominio azzurro, come già ci si poteva aspettare alla vigilia. Il canovaccio tattico vede un’Italia che in fase di possesso si schiera in campo con una difesa a tre con Bastoni come braccetto di sinistra, Mancini al centro e Florenzi come terzino bloccato sulla destra, lasciando così ampi spazi ad Emerson per salire sulla sinistra e dialogare con Insigne e Verratti.

La Macedonia risponde agli azzurri con un sistema di gioco fortemente incentrato sulla ricerca di solidità in fase difensiva con l’intenzione poi di verticalizzare improvvisamente per distendersi in rapidi contropiedi. Bardhi, il numero 10 macedone, con l’assenza del napoletano Eljif Elmas è il giocatore di maggior qualità nella squadra ospite e ha il compito di ingabbiare con un’asfissiante marcatura a uomo il play basso dell’Italia, Jorginho. Verratti, però, lasciato libero dalla marcatura a uomo può imporre la propria enorme qualità tecnica e diventa la spina nel fianco principale per una Macedonia succube di un pressing che non le ha permesso di creare praticamente nulla.

Sliding door

L’occasione che avrebbe potuto permetterci di parlare di tutto un altro scenario è alla mezz’ora, quando Dimitrievski sbaglia una rimessa dal fondo regalando di fatto il pallone tra i piedi di Berardi che, a porta sguarnita, sceglie di non colpire di prima, ma di aspettare per poi calciare con l’interno sinistro una conclusione debole che grazia il portiere macedone. Il primo tempo si conclude con uno 0-0 riassunto perfetto di una partita che vede una sola squadra padrone del campo e del gioco ma che non riesce per imprecisioni o per grande abnegazione di un avversario che sa di star giocando una delle partite più importanti nella propria storia, a trovare la via del vantaggio.

L’inizio della fine

Il secondo tempo è, sostanzialmente, una fotocopia di quanto visto nel primo. Gli allenatori cercano di smuovere la partita pur senza cambiare nulla dal punto di vista tattico, ma solo inserendo forze fresche e con maggior lucidità. Il risultato non cambia. L’Italia pressa alta, schiaccia e annulla quasi totalmente la Macedonia che, già preparata a questo genere di partita, non si scompone e aspetta pazientemente un’occasione che sembra non poter arrivare mai. Esatto, sembra…Il cronometro della partita corre molto veloce e mentre ad Oporto il Portogallo mantiene il vantaggio di 2-1 (3-1 a fine partita) sulla Turchia, a Palermo tutto è apparecchiato per i tempi supplementari.

Lo psicodramma

I minuti di recupero sono cinque e quando i primi due sono trascorsi il portiere rinvia lungo come per volere tenere il pallone il più lontano possibile dalla propria area. Bastoni va in duello aereo con Miovski, uno di quelli che la nazionale ha vinto ripetutamente durante la partita, ma questa volta è il macedone a spuntarla e a trovare il compagno Trajkovski (vecchia conoscenza proprio della Palermo rosanero) che controlla il pallone con il petto, mette a terra la sfera e poi calcia un diagonale semplicemente perfetto che infila Donnarumma nell’angolo più lontano e gela sessanta milioni di italiani.

Video di @Ferhat ÜNSAL

Sono importanti le statistiche? È importante sapere che l’Italia ha chiuso il match con il 65.5% di possesso palla e con 32 tiri (di cui solo 5 in porta, sintomo della grande imprecisione azzurra) contro i miseri 4 dei macedoni? Il risultato è, con rammarico, fin troppo esplicito. Italia 0 Macedonia 1. Titoli di coda.

Davide vs Golia

Forse uno dei motivi per cui amiamo così follemente il calcio sta proprio in questa vena di imprevedibilità che lo contraddistingue, la consapevolezza che Davide può davvero battere Golia anche fosse solo perché ha approfittato di una giornata storta del gigante. L’Italia ha avuto moltissime occasioni per ritrovarsi in una situazione diversa da quella di cui mi trovo a scrivere, basti pensare ai due rigori sbagliati da Jorginho o all’occasione a porta vuota di Berardi. Eppure il calcio è così, una serie di sfortunate coincidenze e di errori che non avresti commesso in nessun’altra occasione e ti ritrovi a vivere un vero e proprio dramma o a festeggiare un successo che mai avresti sperato di ottenere.

Mi sento di dire che i ragazzi del Mancio abbiano davvero provato e dato il massimo, senza sottovalutare quello che era un impegno sicuramente di minor conto rispetto alla possibile finale contro la corazzata del Portogallo. È difficile dire cosa riserverà ora il futuro, se Mancini rimarrà il ct degli azzurri o se sentirà giunto alla conclusione il proprio ciclo. Magari ci ritroveremo a parlare della partita contro la Macedonia come il fondo che il movimento calcistico italiano aveva bisogno di toccare per darsi la spinta verso un nuovo corso vincente. Appena otto mesi fa l’Italia aggiungeva un’altra pagina di gloria alla propria storia ed aver raggiunto l’apice della felicità calcistica dell’ultimo decennio rende questa caduta ancora più dolorosa, perché più alto è il punto di partenza, più forte è l’impatto con il suolo.

Sicuro, però, che quando quest’inverno guarderemo i più grandi campioni del mondo darsi battaglia sui campi qatarioti senza l’Italia presente, la sconfitta di oggi continuerà a bruciare.

NoSignal Magazine

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