« La liberazione di Roma è l’ingresso delle truppe alleate, non come a Genova, Torino ,Milano con l’ingresso delle formazioni partigiane. Su tutta la scena, infine, è il santo padre ,il vaticano che domina, con tutt’altra forza che il CLN »

Federico Chabod

« Ecco arrivato il vento del nord che apporterà il rinnovamento spazzando ogni resistenza »

Pietro Nenni

L’immagine che il fascismo diede all’Italia era profondamente lontana dalla spietata realtà: una nazione divisa, frammentata, povera e disastrata dall’assolutismo non poteva fare altro che concedere ad una tale forma politica un’accettazione non più che epidermica. I repentini effetti di un’inestinguibile realtà non faticarono a presentarsi con forza dopo le prime sconfitte in Grecia dopo il 1940, dopo l’armistizio e il proclama Badoglio del 1943 e, infine, nel confuso dopoguerra.

La riunificazione del paese diviso nel secondo dopoguerra fu la prova definitiva della stabilità della nazione italiana e la fatica più elevata per il nostro sistema politico, assolutamente fallimentare all’epoca dei fatti, gravato dall’enorme peso della restaurazione e della concreta ricostruzione di un Paese scismatico e distrutto nell’anima. La lacerazione causata dall’azione tedesca , che presiedette il centro nord attraverso la “linea gotica “ fino al 1945 e il sud conquistato dagli alleati nel 1943 creò una frantumazione e una sovrapposizione dei centri di potere dello stato. La situazione di spartizione dell’ Italia vide : il potere monarchico, il governo di occupazione alleata, la repubblica di Salò totalmente gestita dalla Germania , la complessa azione del CLN.

La crisi dello stato unitario investì il Vaticano di un nuovo potere politico al quale molti cittadini fecero affidamento, e non si fatica a ritrovare visioni che identificano il papa, piuttosto che il comitato di liberazione partigiano, come vero leader anti-nazista.

Il vergognoso governo Badoglio (1943–44), burattino di una monarchia fuggiasca e vigliacca, trovò velocemente la sua fine con la presidenza del partito democratico del lavoro di un anziano Ivanoe Bonomi, già capo di stato post-giolittiano, che si propose di riformare una tipologia politica pre-fascista. Fu però l’abilità politica del grande capo partigiano Ferruccio Parri che, con la sua mitezza e la sua razionalità, davvero guidò sapientemente il Paese verso la democrazia e le libere elezioni del secondo dopoguerra.

Il problema economico in cui versava il Paese era devastante, ma si poté parlare di ripresa già nei primi mesi del 1947, anche grazie al Marshall Plan. Un problema ben superiore fu quello sociale in quanto, i disastri morali del conflitto spaccarono il Paese in schieramenti capaci di violenze inedite e del tutto simili ad una guerra civile. Una frammentazione geopolitica come quella italiana fra il 1943 e il 1945, diede vita ad una situazione storica senza precedenti. La lotta partigiana scaturì dalla rabbia verso un governo ( Badoglio) incapace di rappresentare e rispondere alla terribile situazione di un Paese scisso, smembrato e conquistato da uno spietato invasore, poco prima alleato. Mossi da ideali spesso differenti, i partigiani, attuarono una strategia di efficace opposizione alla Germania e al governo della repubblica sociale. La memoria partigiana è apparsa grandiosa nel delineare le nuove strategie politiche della nascente Repubblica ma, ancor più, rappresentò il riscatto del popolo e del patriota italiano in seguito alla disfatta bellica, alle deplorevoli azioni militari fasciste, all’invasione, alla dittatura e al soffocamento del concetto di libertà. La scissione ideale, politica e territoriale della nazione non poteva essere risolta con un fronte unito della cittadinanza, la quale, dovette scegliere la strada della lotta armata all’occupazione o l’appoggio al governo fantoccio. Il responso sociale fu drammatico. Un esercito di liberazione è alimentato da grandiosi ideali, dalla brama di libertà ma, azioni belliche sprovviste di una precisa strategia portano al disastro. Il partigiano e storico Raimondo Luraghi analizza la questione nell’opera “Eravamo partigiani”, evidenziando come le azioni di sabotaggio, la lotta armata e altre classiche azioni militaresche compiute dalle forze partigiane, si risolvessero spesso in ritorsioni spietate ai danni dei cittadini. L’esempio di Via Rasella a Roma potrebbe essere l’esempio perfetto in quanto esso causò, seppur in maniera sconsiderata e terribile, la morte di 335 civili incolumi (molti dei quali partigiani bianchi o monarchici). Appare ovvio come i responsabili di un atto tanto tragico fossero i criminali nazionalsocialisti coadiuvati dagli “schiavi” della repubblica sociale (Caruso, Ochetto, Carretta, Coque) ma, l’attentato partigiano ebbe conseguenze tanto tragiche da rendere assolutamente deplorevole la bassa lungimiranza per un fatto che lasciò fiumi di sangue e lacrime al popolo italiano. I partigiani rossi si macchiarono di delitti spesso immondi, come l’assassinio di compagni non comunisti, preti o giovani uomini accusati ingiustamente. Da non dimenticare, poi, l’osceno caso di stupro di gruppo e successiva rivoltellata della giovane ragazza Giuseppina Ghersi di Noli, massacrata, assassinata e gettata in un camposanto solo perché figlia di un collaborazionista.

La spietata lotta armata ai nazifascisti, i delitti dei fascisti ai danni dei cittadini, spesso incolumi, accusati di avere rapporti con le milizie partigiane, furono capaci di fomentare un odio alle fondamenta della discussione politica del dopoguerra. La guerra patriottica per la liberazione del Paese dagli invasori, mutò infine in una sanguinosa guerra civile senza precedenti, dove vere scorrerie di uomini accecati dall’odio della vendetta compivano delitti in nome di strascichi d’ira e di vendette private. Lo storico e americanista italiano Raimondo Luraghi, autore de “La storia della guerra civile americana. Da John Brown a Abraham Lincoln”, propose un interessantissimo parallelismo fra le scorrerie della morte del generale nordista William Tecumseh Shermann che devastò la Georgia sudista nel 1864 e i fenomeni di odio razziale avvenuti nel sud dal 1866 in poi ( Ku Klux Klan, Nashville Tennessee) agli inni di violenza semi-patriottica durante le terminali fasi della guerra.

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