E’ notizia di pochi giorni fa l’episodio registrato al confine tra Italia e Francia (precisamente, a Claviere). I militari francesi sono stati colti sul fatto mentre riportavano in Italia immigrati entrati clandestinamente sul loro territorio senza dare avviso alle autorità italiane: in sostanza, respingendoli a loro volta clandestinamente. L’episodio è stato visto in maniera talmente imbarazzante che nemmeno una difesa è stata mossa nei confronti della Gendarmerie. Ci si sarebbe aspettata almeno la buonafede, in quanto il nome “Claviere”, di chiara origine transalpina, avrebbe potuto indurre i militari, qualora provenienti da Calais, a credere che si trattasse di un proprio paese e quindi di non dover dare avviso a nessuno: magari, una semplice richiesta di traversata nazionale autonoma dei migranti interessati.

Appurato che, in virtù degli accordi (sfavorevoli) sottoscritti in passato dall’Italia, essi fossero nostra competenza è fuori di dubbio, tuttavia, è interessante notare l’animo stoico dei cugini nel compiere il proprio dovere di tutela dei confini, anche e soprattutto verso coloro che entrano per esigenze umanitarie ed economiche. In perfetto accordo, in fondo, con i discorsi di uguaglianza ed inclusione che la Repubblica Francese porta avanti da anni nell’Unione Europea. Macron, ovviamente, in prima linea.

Lo scandalo è dettato dal fatto che, sempre in virtù degli accordi, i rimpatri debbano essere concordati, per un puro e semplice passaggio di competenze. Anche per evitare (come sicuramente è successo, ma in quanto ad intelligence i francesi da anni non occupano le prime posizioni mondiali) che i migranti potessero far sparire le proprie tracce nei boschi (rientrando nel loro territorio a cinquanta metri di distanza e riprendere senza problemi, freddo a parte, il proprio cammino verso Parigi).

Va sottolineato che, comunque, non è la prima volta che succedono episodi del genere, al punto da essere considerati la prassi.

Senza arrivare ad utilizzare termini degni delle più squallide bettole frequentate da militanti leghisti, è doveroso comunque notare come la Francia, da anni ed in ogni campo, sia molto brava a criticare ed accusare, quando alla fine si rivela la burocrazia più pirata dell’Europa (forse giusto dopo il Lussemburgo, ma solo in campo economico e con almeno l’accortezza di legalizzare le pratiche, sia a livello interno che Europeo).

Su questo particolare però c’è la forte sensazione che si tenda sempre a chiudere un occhio, mentre l’altro è bendato. Forse perché l’economia francese è decisamente più solida della nostra, forse perché per la potenza militare valgono le stesse considerazioni o forse perché si ha l’idea che la Francia dal punto di vista del’accoglienza faccia molto di più di noi.

In parte, le precedenti considerazioni sono corrette, ma senza un’analisi, non si capirebbe perché siano diretta conseguenza di lacune che confutano proprio la tesi succitata. Vediamole insieme.

Per quanto riguarda l’economia francese, essa trae tutt’oggi enormi vantaggi dalla decolonizzazione della seconda metà del secolo scorso, imponendo pesanti pagamenti alle ex-colonie che danneggiano ed affossano le economie locali. Questa è la prima causa di emigrazione verso il nostro Paese, spingendo le persone a vere e proprie traversate della morte per sfuggire al giogo di Parigi, tolto de facto solamente in modo nominale.

Per ciò che concerne invece il discorso militare, esso è dovuto in primo luogo, relativamente alla gestione della sicurezza interna, ai recenti colpi terroristici che hanno colpito la Francia. Oltre ad avere ancora sospesa la libera circolazione (mentre si chiede agli altri Paesi di accogliere chiunque tocchi il loro suolo), ciò conduce ad una più netta politica di controllo e di prevenzione che, guarda caso, colpisce soprattutto i migranti economici cui origine è prevalentemente africana ed medio-orientale. Ovviamente, sulla base di dati statistici e non di generalizzazioni razziste.

Ultimo ma non meno importante, l’accoglienza. Sebbene la Francia gestisca anche immigrazioni interne, in virtù del fatto che ancora ai giorni nostri possiede colonie, va ricordato che l’assistenza sociale, il Welfare State, è meno sviluppato rispetto a quello di molti altri Paesi europei, tra i quali l’Italia stessa. Di fatto, le spese per l’accoglienza e la gestione delle fasce più povere della popolazione è decisamente più ridotta rispetto alla nostra, ma questo non vieta loro di criticare le politiche (non solo attuali ma anche dei governi passati) dell’Italia.

Non sono sicuramente questi i valori sulla quale è fondata l’Europa. Spiace però vedere (ed è atteggiamento del PD in particolare) come spesso si tenda a sorvolare su questi discorsi. Sebbene ciò si allinei con la morale cristiana, se davvero si crede nel valore di un’Europa unita, si dovrebbe non solo compiere vigilanza sulla propria nazione, ma anche sugli alleati, almeno per spingerli a riprendere la giusta strada. L’Italia dovrebbe imparare ad alzare un po’ più i toni (sebbene, differentemente dall’attuale governo, in modo costruttivo e non distruttivo), invece che mediare continuamente i rapporti Popolo-Stato-Europa. Fin tanto che questo risultato non sarà raggiunto, non ci si dovrebbe troppo stupire se non si viene trattati come i primi della classe.

NoSignal Magazine

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