Dite la verità, non aspettavate altro che le vacanze di Natale per poter posare le chiappe sul divano, versarvi un buon bicchiere di vino e vedere finalmente tutti quei film strappalacrime (e non) che avete sulla lista da almeno tre anni. No? Poco importa, perché sappiamo fin troppo bene che ormai siete NoSignal-dipendenti, così mi sono preso la briga per il secondo anno consecutivo di guidarvi nella scelta (con buona pace di Kevin McCallister, a sto giro lo lasciamo in ibernazione).

Bando alle ciance (sì, è un po’ da boomer, ma tant’è, dopotutto vanno così di moda), vi lascio alla mia top 5 dei film di fine anno, tra chicche passate in sordina, novità assolute e intramontabili amarcord. Andate in pace.

CENA CON DELITTO — (KNIVES OUT)

Da Star Wars alle pellicole tinte di giallo. Incredibile anche solo a pensarlo, si dimostra invece una scelta azzeccata da parte di Rian Johnson, che firma una delle regie più intriganti dell’anno, sfornando un crime-comedy come non se ne assaporavano da tempo in sala. Ritmi serrati, dialoghi studiati nel dettaglio e attori in stato in grazia (Daniel Craig e Ana De Armas su tutti), cosa si può chiedere di più? Cena Con Delitto mette l’abito delle grandi occasioni e regala allo spettatore due ore di pura brillantezza audiovisiva, riuscendo nell’arduo compito di riesumare un genere che sul grande schermo era ormai prossimo al catetere, senza tuttavia riproporre minestre riscaldate a colpi di banalità preventiva. Maggiordomi ne abbiamo?

L’AMORE NON VA IN VACANZA — (THE HOLIDAY)

Credo di averne già scritto in passato su questo magazine, o forse no. In ogni caso, consigliare commedie romantiche americane dei primi anni duemila è certamente un azzardo non di poco conto, considerate le nefandezze cosmiche apparse sulle locandine di quel periodo (Il Bacio che Aspettavo, Notte Brava a Las Vegas, Oggi Sposi… Niente Sesso, e mi fermo qui). Consapevole di ciò, mi faccio carico di questo fardello e con fanciullesca spensieratezza vi dico che se non avete mai visto The Holiday, forse è meglio rimediare. Fosse anche solo per una colonna sonora da brividi, targata Hans Zimmer, ma ce n’è d’avanzo. Cosa succede se su un sito internet due donne sentimentalmente insoddisfatte decidono di scambiarsi casa (e vita) per due settimane? Trenta chilometri quadrati di infelicità cronica, percorsi quotidianamente da traguardi irraggiungibili e individui emotivamente anestetizzanti possono certamente portare alla consapevolezza di dover dare una svolta alla propria vita. E quale soluzione migliore se non vestire i panni di un’altra come te?

Consigliato agli eterni insoddisfatti.

INVITO A CENA CON DELITTO — (MURDER BY DEATH)

No, non vi sto prendendo per il culo, anche se può sembrare. La pellicola risale al 1976, ed è solo una lontana parente del film citato in precedenza, con cui non ha poi così tanto a che fare, se non per la traduzione italiana del titolo e l’improbabile genere cinematografico di appartenenza. Sì, perché verrebbe da considerarlo un giallo duro e puro, se non fosse per il fatto di accorgersi fin dai primi minuti di aver preso un granchio gigantesco. E’ la vena sarcastica a farla da padrone, matrice di una deliziosa parodia di genere interpretata magistralmente da mostri sacri quali Peter Folk (il caro vecchio Tenente Colombo), Truman Capote, Peter Sellers (magnifico e inarrivabile), Maggie Smith e soci. I cinque investigatori più famosi al mondo invitati con parenti e consorti a cena per risolvere un caso di omicidio. Originale eh? Beh, forse all’epoca, ma state tranquilli, non era certo quello l’intento. Vedere per credere (e ridere, di gusto).

PARASITE — (기생충 GISAENGCHUNG)

C’è davvero bisogno di parlarne? Vincitore della Palma d’Oro al Festival di Cannes 2019, primo film sudcoreano ad aggiudicarselo (un cinema maledettamente sottovalutato, non mi stancherò mai di ripeterlo). Il regista Bong Joon-ho è di quelli bravi sul serio, e in questo caso ha superato se stesso, oltre alle aspettative di pubblico e critica. Dietro il velo di Maya iniziale che può far presagire una commedia all’insegna del divertimento (e ce n’è parecchio, per carità), si nasconde una pesante critica a sfondo sociale, derivante dall’incontro casuale di due mondi opposti. Povertà e ricchezza, ambizione e soddisfazione, fame e sazietà. Aspetti sociali trasposti e raccontati con notevole maestria da parte del regista, capace non solo di costruire un climax di tensione invidiabile, ma anche di affrontare tematiche collettive a livello globale all’interno di una cultura apparentemente lontana dalla nostra. Non posso svelare di più a chi non ha ancora avuto il piacere di guardarlo, sarebbe considerato un delitto di cui non intendo macchiarmi. A mio avviso il miglior film dell’anno, e guardandolo, difficilmente sosterrete il contrario.

THE IRISHMAN

Top frasi sul film:

“Scorsese è ai titoli di coda, si ritirasse una buona volta”.

“Scorsese si rassegni, il suo The Irishman è tremendamente noioso”.

E ancora:

“Scorsese non vuole che il suo film venga visto sui cellulari? Ma ringrazi solo che qualcuno guarda ancora film del genere, dopo un’ora ti addormenti”.

“Scorsese parlasse meno dei suoi gusti opinabili sul Marvel Cinematic Universe, e pensasse ad accorciare i suoi film. The Irishman è il suo canto del cigno, peccato che vederlo su smartphone o al cinema non faccia tutta sta differenza”.

Ora, prendete tutte queste frasi dalla forma impeccabile, ribaltatene il contenuto discutibile (re degli eufemismi), e otterrete grossomodo la mia recensione sulla pellicola. Detto questo, è un capolavoro? Direi di no. Rimarrà negli annali del cinema? Non credo. Hanno fatto bene a distribuirlo su Netflix dopo averlo proiettato solamente tre giorni in sala? Ni. E’ consigliabile la visione? Beh, per chi ancora è un amante del cinema, quello vero, che rompe gli schemi, che sta al di sopra di ogni pretestuoso giudizio, e che riesce ancora nel suo compito primordiale di trasmettere emozioni incontaminate dal green screen, sì, è consigliabile la visione.

Buon Natale a tutti, e, piccolo consiglio musicale, almeno per quest’anno: insieme a Kevin, lasciate in ibernazione anche Michael e Mariah.

Giorgio Rolfi
26 anni, di cui 19 trascorsi nella musica.  Cinema, videogames e dipendenza da festa completano un carattere non facile, ma unico nel suo genere... Ah, dimenticavo, l'umiltà non è il mio forte. 

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