Ogni passo risuona ritmico, legato ad un cadenzato contratto. Ad ogni passo le fredde pietre stridono sotto le dure suole. Il freddo penetra nella pelle, infilo le dita intorpidite dal freddo dentro le tasche larghe del cappotto nero che sfoggio con genuina felicità. Il colletto stretto mantiene caldo il collo, sotto la pesante sciarpa nera, che come un boa mi stringe il gozzo. Le cuffiette rigorosamente nere coronano le orecchie e movimentano i miei spostamenti, rendendoli epici. Rendono epico l’ordinario. Salivo per una via erta. Una via stretta da alti palazzi, ripida, sferzata da gelide bave di vento tagliente. Essa diveniva un irto colle in mezzo a una tempesta che impazzava senza freni. E mentre la musica cambiava mi portava dolcemente sino alla piazza soprastante che divenne un prato in fiore con un anonimo valzer in sottofondo, questo fece si che tutti i fiori sbocciassero in sincronia. Un prato che esplode di felicità e di vita con al centro un ordinario passeggero che passa fugace verso il parco poco lontano. Giungendovi la musica mutò ancora ed essa divenne un perfetto urlo di rabbia e freddezza, un uomo che gridava. Ma ad ogni suo strepito voleva mostrare la sua innocenza, non so riguardo a quale efferato crimine, ma esso pregava, implorava clemenza. E il ritmo tacque, la melodia cambiò, divenendo allegra e scherzosa, degli anni cinquanta o giù di li. La cadenza delle note e della voce della cantante mi portavano a pensare di essere in quell’epoca, le vetrine, gli alberi, il vestiario, tutto era invecchiato di almeno sessant’anni. Gli uomini da t-shirt e pantaloncini passavano a un grigio completo o una giacca di pelle poggiata su una maglietta chiara infilata nei pantaloni, e le donne in splendidi vestitini cosparsi di pois, chi neri e chi rossi, gialli e verdi, con i foulard al collo. Mi spingevo fino al parapetto del parco, dove era possibile mirare tutta la città sottostante. La melodia divenne un organo che, suonato da un giovine virtuoso, portava lo strumento a musicali evoluzioni senza precedenti, il mondo sottostante era in preda a guerre e tremendi avvenimenti, ma io ero esterno a tutto ciò, ero in un altro posto, al di sopra di tutto e tutti a contemplare. Oramai era tardi, era ora di rincasare, la musica rendeva la passeggiata simile ad uno spassoso inseguimento, come quello dei cartoons, dove si passa per tante vie differenti, inseguito da una qualsiasi presenza malevola o benevola che sia, l’armonia mi portava a fuggire, a fuggire forse, e dico forse da me stesso, dai possibili pensieri, dalle possibili movenze o altro. Fuggivo dalla mia ombra e continuerò a fuggire da essa in eterno, ogni passo mi porta da qualche parte, ogni passo mi conduce lontano da me stesso e più vicino al mio io, più vicino alle mie idee e più vicino ai pensieri. Ogni passo è importante e dettato silentemente dal subconscio. Ogni passo ritmico e puntuale come il rintoccare di un metronomo. Ogni singolo passo.

Marwan Chaibi
Prima autore, poi Direttore ed ora Presidente. Classe 2002. Sono Diplomato in Chimica e Biotecnologie e studente universitario. Scrivo per alcune riviste online, parlo, racconto, leggo. Collaboro con tantissime associazioni e enti, ma di questa in particolare sono il Presidente, e non posso far altro che essere orgoglioso nel rappresentarla e fortunato nel viverla tutti i giorni. Mi piace fare bene, del bene, per il bene degli altri!

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