Citylife al mattino era una vista che mal sopportava. Era il motivo per cui al risveglio rimaneva incollato al letto a rimuginare più di quanto davvero volesse, rimandando il momento in cui avrebbe dischiuso il sontuoso tendaggio della camera.
Quando aveva scelto di comprare l’attico, l’idea di aver una visuale privilegiata su quel reticolo brulicante di ambiziose formiche lo eccitava. Era come avere un costante monito della posizione guadagnata dopo tanti sacrifici e compromessi, un’affermazione della potenza della propria maschera social.
Ora non faceva che ricordargli quanto in basso sarebbe potuto cadere, quanto forte l’impatto, quanti squali bramavano il suo sangue. D’altronde, egli stesso in passato aveva ardentemente desiderato quello di chi, allora, considerava uno spocchioso concorrente da sorpassare.
Trascinandosi svogliatamente aveva raggiunto il salotto. Avrebbe dovuto fare colazione, ma poteva aspettare. In uno scatto reso ormai automatico dalla consuetudine recuperò il blister dal tavolino in cristallo di fronte al divano. Ne rovesciò il contenuto in un bicchiere di whisky semivuoto dimenticato dalla sera prima.
Da qualche settimana aveva abbracciato una dieta detox vegana, in linea con il trend del momento: ecosostenibilità.
O meglio, questo era ciò che la sua controfigura social (così soleva beffardamente identificare quell’improbabile maschera nella quale si calava a telecamere accese) dava a vedere, ispirando centinaia di migliaia di attivisti da divano.
Fortunatamente il frigo era pieno di quella robaccia. Avrebbe avuto modo di creare qualche contenuto più tardi: la solita storia in cui prepara la colazione era stata prontamente caricata dalla social media manager come programmato la settimana precedente.
Non lo aspettava una giornata facile, pregando che la consueta dose fosse ancora sufficiente prese il telefono per il giro di telefonate di routine. C’era un’importante sfilata, le telecamere delle maggiori emittenti nazionali chiedevano il sorriso migliore che potesse imbastire.
L’avrebbero intervistato in merito all’imminente evento benefico che aveva annunciato per il weekend successivo. Ad un uomo del popolo, irriducibile baluardo nella lotta per la vita qual era, si conveniva d’essere sempre nel pieno del vigore. Ogni sua pubblica apparizione doveva trasudare impegno sociale e raggiante serenità per la fiducia riposta nelle proprie gesta.
Lo rassicurava solo la consapevolezza che, a riprese terminate, lo straziante teatrino non sarebbe stato poi diverso da un classico party privato. Vi prendeva abitualmente parte, onorando la tradizione della movida della Milano che conta.

L’autista fermò il SUV dai vetri oscurati sul retro del locale, in modo che il percorso fino al privée fosse il più breve possibile.
Due di notte, la golden hour dell’after party, salvo imprevisti, avrebbe portato a casa la preda in una trentina di minuti al massimo.
Scambiati i convenevoli con i suoi pari, si diresse con passo sicuro verso un divanetto in pelle sufficientemente defilato (abbastanza nascosto da catturare l’attenzione delle persone giuste). Qui si sedette mantenendo un certo aplomb. Si premurò di lanciare uno sguardo eloquente al solito cameriere, che ricambiò il cenno d’intesa come da copione.
I pesci piccoli non si erano fatti sfuggire l’ingresso del pezzo da novanta, nel giro di poco una modella andò a sedersi accanto a lui.
Non era la prima volta che i loro sguardi si incrociavano nel corso di quella giornata. Aveva già avuto modo di apprezzare quell’esile rosa. Sospettava che giovane forse più di quanto i suoi “tutori” avessero dichiarato, sicuramente non meno di quanto piacesse a lui. Poche battute vennero scambiate prima che il drink sapientemente corretto facesse effetto sulla già esausta fanciulla.
Il gentleman la prese sotto braccio. Lasciò una generosa mancia al prodigo cameriere, il cui volto ormai non tradiva più il mordente risentimento che lo aveva consumato le prime volte. Vestito di una raggelante calma scortò la partner all’auto.

Da 3 giorni buttava giù solo pasticche e gallette di riso, ma i risultati si vedevano eccome. Non aveva mai avuto un girovita così stretto, da far invidia ad una vespa.
In agenzia non era passata inosservata. Sta volta, non accadeva spesso, si erano dati molto da fare per inserirla nel parterre (e senza rincari sulla percentuale) e, forse, non avrebbe dovuto aspettare ancora a lungo per intascare i compensi dell’ultima sfilata.
Stava facendo strada: non valeva la pena di buttare all’aria tutto ora che tener duro sembrava promettere esiti positivi.
Era da tempo abituata a lottare. Già da piccola non era mai stato facile rubare delle attenzioni per sé. A dispetto di ciò, sapeva che un giorno quel corpo tanto leggiadro (un monito permanente, per gli altri, di una innata superficialità) avrebbe mostrato il suo potenziale.
L’anoressia era un demone che tornava spesso a farle visita, non importava che aria respirasse, lasciarono il paesino insieme quando arrivò la fatidica mail.
Quell’opportunità da cogliere al volo l’aveva portata via a sua madre. A pensarci, non si poteva dire che quest’ultima si fosse spesa in eccessivi sforzi per trattenerla. “La moda” aveva colmato quel vuoto riempiendo le sue giornate. Lo stress non si fece attendere, i ritmi erano serrati e i controlli soffocanti. A differenza di molte ragazze col suo stesso sogno, era stata abbastanza fortunata da incontrare sulla propria strada una casting director donna.
Non era una con la quale permettersi di sbagliare, ma c’erano compromessi di gran lunga peggiori ai quali avrebbe potuto dover cedere in altre circostanze.
All’inizio, l’entusiasmo era il motore trainante che la sospingeva. Ora le venivano in aiuto farmaci di cui non conosceva il nome né il prezzo. Non che ne avesse la necessità, dal momento che erano già lì ad aspettarla quando arrivava in studio.
Stava per partecipare alla sfilata più importante della sua vita. Percepiva il sapore dell’entusiasmo delle prime performance. Sentiva quasi di non aver bisogno dell’intera dose, ma meglio non rischiare. D’altra parte, la giornata “lavorativa” era lunga e non avrebbe per nessun motivo dovuto declinare l’invito che l’agenzia le aveva procurato. Avrebbe preso parte ad un esclusivo after party.

Illustrazione e copertina di Andrea Ghiglia


Oltre social e compromessi- Il tema dell’apparenza ingannevole nella letteratura: “Il ritratto di Dorian Gray”

“Il ritratto di Dorian Gray” è un romanzo di scuola estetica del 1890. In questo capolavoro di Wilde il concetto è portato all’estremo. Il giovane Dorian si macchia di indicibili atrocità, in apparenza, senza alcuna conseguenza. Ciò che nessuno vede è la straziante lotta in corso fra il protagonista e la propria moralità. Anche nel 2022 Wilde non pecca di attualià.

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Gianluca Luongo
Ciao! Ti piace scrivere/leggere? Beh, allora siamo già amici. Sono un esuberante 2003, studio Biotecnologie per la salute presso la mitica Unina, anche se con la testa sono già in giro per il mondo. Amo l'arte in tutte le sue forme, mi diletto con la musica e con il teatro, su questo sito mi troverai a parlare principalmente di letteratura e narrativa e.. Ma stai ancora leggendo?

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