Il 3 settembre 2021, ha avuto ufficialmente inizio la decima edizione del Festival della tv e dei nuovi media di Dogliani. Per rimanere nel mio solito mood, ecco di seguito una breve cronaca dell’incontro “IL CIBO COME STRUMENTO DI VIAGGIO”, con Elisabetta Pagani che intervistava Luca Iaccarino, Teo Musso e Lorenzo Biagiarelli.

Foto di Adrea Ghiglia


Tre personaggi assai noti nell’ambito enogastronomico, amanti della cucina e del viaggiare. Iaccarino, giornalista e autore della “Lonely Planet”, il cui motto è “viaggio, mangio e scrivo”. Di Musso, fondatore di Baladin, sappiamo già tutto, e Biagiarelli, noto cuoco frequentatore dei social, spesso in tv e ovviamente a casa propria, amante dei mix tra ingredienti nazionali e prodotti internazionali.

La prima domanda posta agl’interlocutori è l’esperienza più memorabile legata ad un cibo e ad un viaggio. Una cosa che ha accomunato le risposte dei 3 ospiti, è stata “paese che vai, cucina che trovi”, che si può veramente conoscere solo dimenticando pregiudizi e disponendosi all’idea che, in fondo, siamo tutti onnivori, e quindi uno scarafaggio ben cucinato dovrebbe valere tanto quanto un’aragosta thèrmidor. Musso, però, non ha mancato di sottolineare che un buon coniglio al civet è sempre qualcosa che rimane ineguagliabile.

E’ possibile, dato il grandissimo scambio di prodotti incoming e outcoming in tutto il mondo, gustare una cucina completamente straniera in Italia? Schietta e rapida la risposta di Iaccarino: no. Dimenticare la cucina del proprio paese è come recidere il proprio cordone ombelicale. Ha ulteriormente sottolineato Musso per il quale, come per la mamma, è il contatto “fisico” con la stessa che conta, e le sensazioni della cucina natia sono irripetibili ed insostituibili.

Si è passati poi ad un argomento sempre ostico nell’ambito ristorativo, ovvero la recensione negativa. Tutti e tre, sia dal punto di vista del produttore sia del cliente, hanno concordato sull’utilità della recensione ancorchè negativa, purchè sia obiettiva, e soprattutto onesta e costruttiva.

La situazione Covid ha limitato molti spostamenti, ma la cucina italiana ha sempre tanto da dire. Lo “straniero” può aggiungere qualcosa, ma non stravolgere. E’ stato chiesto quale potrebbe essere, anche in tempo di Covid, il piatto italiano d’eccellenza da proporre allo straniero appena ritornerà. Per Musso la pasta ripiena. Per Iaccarino, un piatto non ancora inventato, che guardi al futuro, un futuro di ripartenza ed innovazione. Per Biagiarelli un piatto “estrapolato dal suo contesto, macinato, digerito così così e messo su tutti i menù d’Italia”; perché il cibo ha viaggiato troppo nella direzione sbagliata, senza apportare nulla di nuovo. In parole povere, non deve essere un mix di cose troppo facili e fatte per piacere a tutti, senza un minimo di creatività.

Elisabetta Pagani, collegandosi alla risposta precedente di Biagiarelli, si è chiesta se la creatività si è fermata soltanto per l’Italia o, data la pandemia mondiale, in tutto il mondo. Per Musso, il Coronavirus ha fermato tanti, ma non tutti, perché c’è chi, come lui, in questo periodo pensa di aver trovato gli spunti giusti (o chissà, forse il tempo necessario) per creare qualcosa di nuovo; mentre c’è chi, sedendosi sugli allori, si è fermato al tradizionale. Iaccarino ha confermato che all’estero si è cercato di carburare immediatamente, malgrado il Covid, con un fine positivo, mentre l’Italia si è “ammorbidita” maggiormente. Per Biaggiarelli, invece, l’unico modello di business innovativo nella ristorazione in due anni a questa parte, è stato il delivery, salvavita per moltissimi, che rimarrà tale, anche a pandemia finita.

A Musso la chiusura, con l’invito ad avvicinare maggiormente la ristorazione al produttore agricolo, per far sì che si possano cogliere le vere radici di un “piatto”, creando la condizione affinché i luoghi di produzione diventino di turismo gastronomico: il cibo è diventato ormai l’ultima speranza possibile del turismo locale.

NoSignal Magazine

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