Cara Chiara,
La videochiamata di oggi mi ha stesa. I tuoi occhi lucidi hanno riportato a riva un po’ di
ricordi. Navigare nel mare degli altri a volte può essere terapeutico: permette di risvegliare
ciò che si é dolcemente addormentato o a volte, ciò che si è addormentato con forza.
Il tuo mare non mi ha mai fatto paura, ci navigo da anni. Alcune volte la mia piccola barca ha
perso qualche pezzo, stava a galla per miracolo, altre invece si é adattata al ritmo delle tue
onde.

Che poi, mi domando spesso: «Si conoscerà mai così bene il mare di una persona
tanto da non affogarci mai?».


Oggi mentre mi parlavi con il passato in mano, pensavo alla nostra storia. Non intendo
quella della nostra amicizia ma quella personale. Siamo accomunate da una parola magica:
bocciatura.


Quanto fa male lo stomaco quando scrivo questa parola. Quando la pronuncio gli occhi diventano tristi, le gambe iniziano a irrigidirsi, le spalle si chiudono in posizione di difesa.
Fa quasi ridere pensare che ci siamo conosciute per una cosa che ha sbarrato la strada da me pensata e immaginata. E invece, quando meno me l’aspettavo (un po’ forse sì in realtà), la vita ha tracciato una nuova strada, che mi portata da te e da tutte quelle belle persone che conserverò per sempre nel cuore.
Fa ancora più ridere pensare che ciò che ci ha unite ci ha poi divise l’anno dopo. Anche per te la vita aveva progettato una nuova mappa che ti portasse ad altre persone e ad altre esperienze.

Ma ciò che più mi sorprende è che in mezzo a sentieri e scorciatoie siamo rimaste
comunque, sempre, io e te. Entrambe con quel macigno sullo stomaco. A volte lo abbiamo
anche chiamato ‘fallimento’ e rabbrividisco pensare che qualche settimana fa una
studentessa universitaria si sia tolta la vita perché quella parola era diventata l’antagonista
della sua vita.

Non è mai stato un fallimento, né il suo, né il nostro.

Non si fallisce mai nella vita. Si sbaglia. A volte con errori mediocri, altre con errori più
assordanti. E fa tanta paura esporsi agli occhi degli altri nudi, senza difese, coperti soltanto
dai nostri sbagli.

Oggi mi hai detto: «La bocciatura per me è ancora un trauma». Non posso darti torto; per
quanto ci abbia permesso di crescere, in realtà è una cicatrice molto visibile che col tempo
brutto fa male. Si fa sentire. E menomale che si fa sentire.

Oggi, mentre ti davo consigli, mi specchiavo in lei, la osservavo. Pensavo a quanta strada bisogna percorrere per levarsi di dosso certe etichette. A quanto culo bisogna farsi per dimostrare a noi stessi che siamo cambiati. Però attenzione, non bisogna mai sfidare ciò che siamo stati in passato perché é quando sfidiamo noi stessi che perdiamo tutto. Non rimproveriamoci davanti ad uno specchio per ciò che siamo stati.


Ti auguro stasera, quando andrai a dormire con gli occhi in preda a uno tsunami di lacrime,
di prendere la te del passato per mano e accompagnarla nel nuovo mondo che si è creata
nel tempo. A partire da quella parola. Lo auguro a te ma anche un po’ a me.


Grazie per le storie che il tuo mare contiene e conserva.

Ti voglio bene,
Gio

NoSignal Magazine

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