Cara Emma,

Mentre rovistavo nel mio armadio, ho ritrovato tutte le foto della me dai diciotto ai vent’anni. Due anni vissuti al massimo quasi  sapessi quello che sarebbe capitato nel 2020. Ho rivisto tutte le foto dei miei diciotto. Poca sobrietà, tanto mal di testa.

Quante cose sono cambiate, quante persone sono uscite e quante, invece, sono arrivate. Alcune cose, però, sono rimaste uguali. Tipo te e Sara. Quella foto in cui vi abbraccio e spontaneamente rido mi fa ancora emozionare dopo quasi quattro anni. Quante ne abbiamo passate insieme! Dalla vacanza a Loano di tre giorni dove abbiamo ingerito più Gaviscon che Gin lemon fino ai momenti più duri «Ragazze mi venite a dare un abbraccio questo pomeriggio?»

Tu e Sara siete le mie sorelle maggiori, nonostante io sia la più grande tra le tre. Come mi guardate e proteggete voi nessuno mai.

Come quel 10 settembre 2018. Quel giorno infatti, non siamo entrate  più nella stessa aula. La bocciatura “ottenuta” quel 15 giugno mi obbligava a fermarmi prima. Mi avete accompagnata, mi avete sorriso, mi avete guardata con sicurezza facendomi sentire meno in colpa. Essere in due classi diverse, non condividere più lo stesso banco e cinque ore di lezione potevano causare un possibile distacco tra di noi. Ma così non è stato. Anzi avete tenuto la presa più del solito, più di me sotto certi punti di vista.

Mi avete insegnato che a volte ci sta inciampare, l’importante è non farlo nello stesso punto della volta precedente. Mi avete fatto sentire parte di ogni vostro successo invitandomi a tenere in mano il trofeo con voi. Mi avete sempre vista per quello che sono: con voi le maschere non sono mai esistite. E se per sbaglio, qualche volta, l’ho indossata, voi prontamente rispondevate: «c’è qualcosa che non va Gio?».

A volte ho quasi la sensazione di non controllare il tempo come se ogni momento fosse una bella canzone ma che puoi ascoltare solo una volta perché non hai l’abbonamento a Spotify. Come questo pomeriggio durante l’aperitivo. Ti guardavo, Emma, e cercavo di entrare in quel tuo mondo fatto di occhi lucidi e sorrisi felici. Ti ho abbracciata forte e in quel momento mi sono sentita invincibile quanto fragile. Ho provato un sentimento contrastante: felice di avere persone come te al mio fianco ma allo stesso tempo timorosa di rovinare tutto questo amore.

Ho sempre paura quando voglio bene sinceramente a qualcuno. Temo di rovinare tutto, di gestire male le emozioni, di vedere in maniera distorta la realtà. Mentre ti abbracciavo pensavo proprio a questo: «come si può proteggere tutto ciò senza rompere nulla?». Un po’ come quando entri in casa di qualcuno e hai paura di buttare giù  quel souvenir in vetro sulla mensola.

Quando leggerai questa lettera (e invece no) sarai in Francia per un Erasmus che ti sei guadagnata, mentre io  ancora a casa a studiare. Ti videochiamerò al mio compleanno, vivrò questa sessione di esami con coraggio come mi hai insegnato tu.

Un’amica una volta mi ha detto:«ogni volta decantiamo i cambiamenti come qualcosa di necessario e naturale. In realtà però per quanto belli, ci provocano sempre un po’ di sofferenza». Ha ragione. Io ora sono tanto felice per te quanto triste. Per ogni gradino che si fa, c’è qualcuno o qualcosa che nel frattempo inciampa. Io inciampo sempre nelle valigie degli altri. Ma tra un saluto e un abbraccio mi ricordo quanto sono fortunata ad avere te, Emma e molti altri nella mia vita.

 Poverini quelli che troveranno queste lettere e leggeranno sempre di questa mia tristezza nel salutare chi parte. Ora devo proprio andare, domattina ho la sveglia presto per studiare.

Ti voglio bene,

Sinceramente

Gio

P.S prima di scrivere questa lettera mi sono guardata i video di Tommy e Stefi al Grande Fratello per entrare nel mood

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