Caro Maurizio,

ho lo stomaco a pezzi. Sembra uno di quei bambini che si mette in un angolo tutto rannicchiato. Non mi ascolta. Ogni mia emozione o ogni mia carezza la respinge con un calcio. E io soffro. Provo a dare un senso alla vita. Riapro i nostri album storici. Le foto in ufficio da te. Quelle in vacanza. La sveglia presto, i nostri caffè, ascoltare il suono del mare. E poi piccola passeggiata lungomare. Non troppi chilometri perché se no iniziavi a lamentarti. ‘Sono un giornalista Giorgio, non un maratoneta’. Me lo dicevi sempre e io puntualmente ridevo di gusto solo per infastidirti. La nostra giornata, poi, era un continuo lavorare su nuovi progetti. Tu avevi una mente sempre fresca. Il tuo corpo a volte era stanco, ti chiedeva riposo. Ma la tua mente no. Quella aveva sempre fame. E poche volte l’ho vista veramente soddisfatta di quello che aveva ingerito. Era quello il tuo asso nella manica.

Mi ricordo la prima volta che sono venuto a trovarti per il tuo Maurizio Costanzo Show. Era il 1996. Mi avevi detto il giorno prima: «Giorgio, se ti va domani ti aspetto al Parioli». Mi ero presentato con largo anticipo tanto che la portinaia pensava fossi un malintenzionato. Tutti mi guardavano come un estraneo però un sorriso di circostanza me lo regalavano. Poi sei arrivato tu, il Maestro. Avevi esclamato a gran voce:«Lui è amico mio ed è pure avvocato quindi se avete problemi con la Giustizia affidatevi a lui». Tutti avevano riso, io ero rosso dall’imbarazzo. Non ero stato tuo ospite quella sera. Mi avevi detto di vivere la trasmissione seduto nel pubblico e che il giorno dopo volevi delle mie osservazioni. ‘Sincerità massima Giorgio se no ti licenzio’. Ti avevo abbracciato dandoti una pacca sulla schiena. Il resto è storia.

Ero tuo amico. Ci tenevi a sottolinearlo. Era importante per te la mia opinione. Volevi che vedessi la macchina che lavora dietro alle tue trasmissioni.Mi rendo conto solo adesso di quanta stima e rispetto nutrivamo uno per l’altro. Adesso che ho solo un album fotografico tra le mani. E qualche ricordo (fino a quando la memoria reggerà). Non c’era solo stima. C’era anche affetto. Quello sembra banale ma ci deve essere. Sempre. Anche quando il tempo spazza via le carte in tavola. Io e te non abbiamo mai creduto alla potenza smisurata del tempo. Anzi, ce lo siamo fatti amici. Il tempo era diventato il terzo ospite dei nostri caffè il lunedì e il mercoledì al bar Vanni. Lo ascoltavamo. Gli davamo retta. In realtà a volte blaterava troppo. Ma noi non ci abbiamo mai dato il giusto peso. Eravamo immersi nelle nostre chiacchierate. Con te era bello parlare. Ogni discorso era un filo che dolcemente si intrecciava a un altro. Non sentivamo la fatica del tirare il nodo. I nodi non esistono se c’è sincerità e questo noi lo sappiamo bene.

E sono spudoratamente sincero pure adesso. Sto piangendo come un bambino. Le mie parole hanno più coraggio di me. Provano a raggiungerti. Non arrivano fino a dove sei tu. Si perdono prima, si intrecciano senza successo al vociferare della gente, alla quotidianità fastidiosa che picchia in testa. Mi sento stupido a scriverti ma è l’unico modo per mettere a tacere il rumore assordante della tua assenza. Oggi ho provato pure a chiamarti. Ci ho sperato Maurizio ma poi la linea si è staccata. E’ rimasto quel suono snervante che mi rimprovera nella notte. Provo a comprenderne la melodia ma il dolore mi rende pure sordo.

Ora ti saluto Maurizio, ritorno alla realtà. Vado dalla tua amata Maria e provo a darle quel briciolo di amore che mi è rimasto. Ne ho un po’ nascosto nel cassetto di scorta che ho nel cuore. Oggi è tempo di aprirlo. ‘Solo nelle grandi occasioni’ mi ero detto quando mia mamma me lo aveva donato in punto di morte. Oggi è quell’occasione.

Questo è altro per te Amico mio. Salutami mamma e papà. E come ci eravamo detti, chi muore prima aspetta l’altro. Aspettami se ti va e nel frattempo riposati. Quando arriverò pure io ci sarà molto da fare.

Sipario,

Giorgio

NoSignal Magazine

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