‘Black Mirror’ sembra arrivata ai titoli di coda. La quinta stagione in streaming su Netflix è quasi una parodia di se stessa, e l’episodio con Miley Cyrus dà il colpo di grazia a una serie prossima alla mediocrità.

C’era una volta Charlie Brooker, sceneggiatore visionario con il dono di mostrarci il futuro.

Una volta, infatti. Ciò che si presenta oggi davanti ai nostri occhi non è più il Black Mirror a cui eravamo abituati. Lo “schermo nero” che rappresentava la paura dell’incerto e l’ansia viscerale racchiuse dentro il cuore tecnologico degli ultimi vent’anni si è visibilmente sbiadito. La quinta stagione porta con sé il grave fardello di una mediocrità annunciata da tempo. La serie televisiva targata Endemol ha cominciato ad accusare i primi colpi nel 2015, anno in cui è stata acquisita da Netflix, il colosso dello streaming che ultimamente vuole accontentare un po’ tutti, scontentando un po’ tutti. La serie pare aver perso gli elementi primordiali che l’hanno resa riconoscibile al grande pubblico, viene quasi da chiedersi se gli sceneggiatori siano gli stessi degli esordi. Se all’inizio Black Mirror voleva raccontare come la distopia tecnologica fosse dietro l’angolo, pronta a convertire le persone in modesti operatori al servizio di una società standardizzata tradita da sé stessa, ora l’impressione è drasticamente cambiata. Sembra quasi che la tecnologia intesa come tale funga da comparsa sullo sfondo per poter raccontare storie banali e prive di spessore narrativo. Questa tendenza si è palesata attraverso l’ultima stagione. Dov’è finita la riflessione angosciante sui nostri giorni futuri durante i titoli di coda? Brooker sembra ormai propenso a raccontarci i problemi quotidiani che ci affliggono nel presente, se non addirittura dinamiche già vissute, appartenenti al passato. “Se è Rai, tolgo”, mi verrebbe da dire esagerando. C’era davvero bisogno di tutto questo? Mi sono sforzato di arrivare alla fine di questi ultimi tre episodi, quasi con la noia che si può avere facendo zapping sulla defunta TV di Stato (Miley Cyrus presente sulla locandina della stagione non è stata certo d’aiuto). Nel primo episodio, la tematica di una relazione clandestina omosessuale vissuta in segreto all’interno della realtà virtuale di un videogioco poteva avere uno sviluppo interessante, peccato che le emozioni amplificate dagli universi alternativi in chiave virtuale fossero già state approfondite nelle stagioni precedenti. Non mi soffermerò su Rachel, Jack e Ashley Too (teen drama imbarazzante persino per la categoria), credo sia chiaro a tutti che stiamo parlando del peggior episodio della serie in definitiva. Smithereens è forse l’episodio da “salvare”, e lo scrivo con estrema cautela, perché se da una parte la dipendenza dai social network è una tematica a cui sono legato da tempo, è anche vero che ormai la società è andata ben oltre l’argomento in sé, facendo apparire l’episodio fine a se stesso, stucchevole e datato.

Se sia colpa degli sceneggiatori, di Netflix, o di una semplice battuta di arresto fisiologica, non è dato saperlo. L’interrogativo è destinato a protrarsi fino alla prossima stagione (se ci sarà), ma se l’auspicio è quello di riavere Black Mirror e gli scenari disturbanti con cui abbiamo dovuto imparare a convivere, c’è quasi da sperare che il nostro futuro sia peggiore di questo.

Giorgio Rolfi
26 anni, di cui 19 trascorsi nella musica.  Cinema, videogames e dipendenza da festa completano un carattere non facile, ma unico nel suo genere... Ah, dimenticavo, l'umiltà non è il mio forte. 

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