La Roma è ufficialmente la prima vincitrice della neonata Uefa Conference League. Superato il Feyenord 1-0 in una finale intensa e combattuta sin dai primi istanti di gioco.

Storie di finali

Una finale non è mai banale. Neppure se si tratta di una coppa giovane e senza storia come la Conference League. Mai banale è anche il percorso compiuto per arrivare a giocarsi quei selvaggi e brutali novanta minuti (se bastano) che decidono i vincitori ed i perdenti. La Roma e la sua gente certe emozioni non le vive dal 1991 anno di una finale di Coppa Uefa tutta italiana tra la Roma di Bianchi e i nerazzurri dell’Inter di Trapattoni che regalò in un doppio confronto di fuoco ai milanesi l’onore di alzare al cielo il trofeo.

La Roma, fino a ieri sera priva di coppe internazionali in bacheca, ha saputo riportare un titolo europeo sul suolo italiano a 12 anni dallo storico triplete dell’Inter, allenato (in questi casi è difficile parlare di casualità) dallo “Special One”, Josè Mourinho. Da sempre e, forse, per sempre il più divisivo tra i top manager mondiali. Sì, perché se Guardiola e Klopp hanno lunghe liste di haters, difficilmente qualcuno si azzarderebbe a screditare le loro idee, Mourinho è spesso messo alla gogna e “bollato” come troppo vecchio per un calcio che evolve di partita in partita.

Josè Mourinho, il simbolo

Divisivo è stato anche il suo arrivo alla Roma, dopo la deludente scommessa di Fonseca, la dirigenza Friedkin mette sul tavolo il pezzo da novanta: Josè Mourinho, uno che di trofei ne sa qualcosa, 26 quelli presenti nel suo palmarès fra cui 2 Coppe Campioni, 2 Europe League e ora anche la Conference che lo rende il primo nella storia ad aver vinto ogni trofeo internazionale europeo.

Forse il suo calcio non sarà più quello accattivante ed estremamente efficace dei suoi anni d’oro, ma con il portoghese una cosa è certa: la parte psicologico-emotiva della squadra è nelle mani e nella lingua migliore al mondo.

La stagione in serie A non è esaltante, non mancano alcuni squilli come il secco 3-0 nel derby di ritorno, ma anche altri risultati che stonano con il tenore e la qualità dei giallorossi. ma è nella Conference League che Mou sa come lasciare il segno.

55 partite in una stagione infinita

L’avventura europea della Roma è una vera e propria epopea. Superato l’ostico Trasbonzpor nei preliminari giocati addirittura il 19 agosto scorso, i giallorossi si impongono come primi nel proprio girone nonostante la drammatica trasferta norvegese contro il Bodø/Glimt terminata con una roboante sconfitta per 6-1. Tenete a mente questa squadra e questo risultato, perché ci torneremo dopo.

Gli ottavi di finale vedono la squadra della capitale trionfare per un risultato aggregato di 2-1 contro gli svizzeri del Vitesse. Il sorteggio dei quarti, invece, sembra uno di quegli scherzi del destino in cui hai la possibilità di rifarti degli errori del passato o piombare ancora di più nell’incubo. Gli avversari sono ancora i norvegesi del Bodø/Glimt, ma in trasferta la Roma è costretta ad arrendersi per 2-1. Rimangono 90 minuti in un infuocato Stadio Olimpico e alla Roma non serve sapere altro: secco 4-0, risultato ribaltato e pass per le semifinali strappato

Il Leicester è l’ultimo ostacolo tra la Roma e la finale di Tirana, ma la squadra inglese rappresenta forse la favorita numero uno al titolo. In Inghilterra finsice 1-1, ed è ancora l’Olimpico a decidere le sorti dei suoi “gladiatori”. Gol del solito e assoluto protagonista della stagione Tammy Abraham (arrivato in estate per 40 milioni dal Chelsea) all’undicesimo e poi lotta fino allo strenuo delle energie per mantenere il vantaggio e raggiungere gli olandesi del Feyenord per la prima, storica finale di questa nuova competizione Uefa.

A Tirana ci si gioca una stagione

La partita segue il copione che già ci si poteva immaginare: la Roma dietro è compatta e difende con grande cura e attenzione, ma davanti la qualità e il tasso tecnico sono veramente esorbitanti: Zaniolo, Pellegrini e Abraham sono estremamente pericolosi anche nelle poche palle disponibili. Al 15esimo già il primo sentore di quella che potrebbe essere una nottata molto amara per i ragazzi dello Special One: Mkhitaryan, uno tra i più esperti giocatori giallorossi deve abbandonare il campo dopo una ricaduta dell’infortunio che lo aveva visto già fortemente in dubbio nei giorni antecedenti al match.

Né la Roma né i suoi tifosi hanno però intenzione di darsi per vinti, lo stadio Olimpico che per l’occasione è stato aperto ai tifosi giallorossi è stato riempito da una folla di 50mila persone pronte a vedere i propri eroi nell’impresa in terra albanese sui maxischermi dello stadio. Come detto la qualità offensiva della Roma è veramente esorbitante e non servono tante occasioni per scardinare la difesa olandese. Poco dopo la mezz’ora di gioco dopo un’azione continuata nella trequarti offensiva Bryan Cristante serve il difensore Mancini che lascia partire un lancio sorprendente che il difensore austriaco Taurner non riesce ad intercettare e sul quale il golden boy Zaniolo si avventa con foga, controlla il pallone e con la punta beffa con uno scavetto magico l’uscita in ritardo del portiere Bijlow.

È tripudio. Mourinho è esperto di queste situazioni e sa come sfruttare e mantenere un vantaggio così importante anche sul piano psicologico. Il primo tempo finisce senza ulteriori acuti se non una conclusione forte ma centrale del centrocampista turco del Feyenord Kokcu che Rui Patricio blocca in due tempi.

Al rientro in campo delle due squadre, però, la partita sembra cambiare. Parte fortissimo il Feyenoord che su sviluppi di corner colpisce il palo cone Trauner e poi ancora reattivo Rui Patricio sulla conclusione molto potente, ma centrale di Til. Ancora la squadra Olandese spinge per cercare il pareggio e al 50esimo riescono a concretizzare la chance forse più clamorosa di tutto il match: Til al limite dell’area serve di tacco Tyrell Malacia che lascia partire un bolide che Rui Patricio riesce a smanacciare sull’incorcio dei pali. La Roma soffre, ma così come i legionari ai tempi dell’Impero mantiene forte la concentrazione e sotto la geniale guida del loro generale conquista la finale e la coppa. La Roma è campione!

https://youtu.be/v6r4Y-vGbXw

Most Valuable Player

Il mio personale Mvp di questa finale è senza dubbio Smalling. Il centrale di difesa inglese dopo la vittoria del 2017 contro l’Ajax a Stoccolma con la maglietta del Man Utd (allenato, non a caso, da Mou) si impone come uomo copertina e di maggiore esperienza fra le fila della Roma. Non ha deluso le aspettative. La sua prova è un esempio di un difensore moderno: aggressivo, pronto all’anticipo e con quell’istinto che lo porta a fare la giocata decisiva o a mettere il gambone nel posto e al momento giusti, caratteristica difficile da insegnare. Le chiusure in extremis e la sua totale sicurezza ha permesso anche ai comagni di risaltare e di chiudere la partita con un clean sheet che vale moltissimo. MURO.

La migliore conclusione è rappresentata dalle parole di Mourinho, visibilmente commosso ed emozionato a fine partita: “Oggi era Storia. Scrive o non scrive: noi abbiamo scritto… noi abbiamo scritto.”

NoSignal Magazine

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