Luis Sepulveda è mancato proprio ieri, il 16 aprile 2020.
Luis Sepulveda era un grande della letteratura sudamericana.
Di origine cilena, nato nel 1949. Ha saputo raccontare le meraviglie di questa terra, in particolare la Terra del Fuoco e tutti i suoi abitanti, uomini e animali.

Per me, come per chi è della mia generazione, Sepulveda è un grande ricordo di infanzia. Indirettamente, grazie a lui, tutti noi 25/30enni abbiamo pianto e cantato sulle note de La Gabbianella e il Gatto. Un film meraviglioso, di quel genio di regista Enzo d’Alò, di cui, purtroppo, dopo Opopomoz non ho più visto nulla.

La Gabbianella e il gatto è stato il mio primo film al cinema, di cui ovviamente non ricordo nulla. Però il mio gatto nero si è chiamato Zorba e avevo il poster nella mia cameretta. Mi ricordo ancora le musiche che accompagnano i primi voli di Fortunata, la Gabbianella.

Il libro da cui è tratto questo film, Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare, è abbastanza diverso: mantieni livelli di poetica altissimi, ma è sicuramente meno di impatto per un bambino, infatti mi ricordo che quando lo lessi, anni dopo aver visto il film, ne rimasi un pochino delusa. Forse perché non è un libro per soli bimbi: è stratificato, ha più livelli di lettura e quello a cui arrivavo io, a 7/8 anni, era poco rispetto a quanto mi aveva emozionato il film. Tantissimi anni dopo, una delle mie migliori amiche mi regalò Storia di una balena raccontata da lei stessa, l’ultima favola; e lì capì che, in effetti, la magia con cui Sepulveda racconta è tutto fuorché scontata.

Però voglio raccontarvi di altri due libri che mi hanno lasciato molto.

Il primo è Il vecchio che leggeva romanzo d’amore. È stato, in assoluto, il primo libro sudamericano che leggessi che mi ha permesso di entrare, a piccoli passi, in questo mondo che, crescendo, ho capito essere tra i miei preferiti. Di questo romanzo mi ricordo poco e mi ricordo che la cosa che mi aveva più lasciato di stucco era che di amore non è che ce ne fosse molto! Ovviamente per una ragazzina di dieci/undici anni è importante avere anche un po’ di passione e io, invece, questo vecchio che voleva uccidere il tigrillo e una volta che lo uccide non ne è nemmeno soddisfatto, proprio non lo capivo. Inoltre non vi aspettate un racconto di avventura: sì e no, insomma, visto che in quel periodo leggevo anche Dumas (lì si che di amore e avventure ce ne erano) oppure Tom Sawyer (che ne combina parecchie, sul suo largo fiume Mississippi), il fatto che il vecchio fosse così perso nei suoi pensieri non mi faceva bene capire dove volesse andare a finire la storia … che poi in effetti non va a finire da nessuna parte. E imparavo una delle prime regole: se vuoi leggere i sudamericani devi adattarti ai loro tempi, devi essere disposto a entrare nel vissuto del personaggio e perdere ogni velleità di logica, colpi di scena e finali impetuosi. Devi aspettarti, al contrario, una scrittura buffa, contemplativa e lenta, ma solo perché devi imparare l’importanza di una siesta, oppure di un lungo bagno rigenerante sotto le fronde di qualche pianta esotica. Devi aspettarti la magia, come non te la saresti mai aspettata: una magia che c’è (gente che cambia colore di capelli, che fluttua nella notte), ma che è perfettamente integrata nella vita quotidiana dei suoi abitanti.

Il vecchio che leggeva romanzi d’amore mi ha permesso di capire, per la prima volta, che esistono mondi ancora molto diversi dal nostro, dove la lentezza, spesso, è una delle più grandi qualità da possedere. E mi ha insegnato il rispetto per i tuoi nemici.

Però, senza dubbio il romanzo che mi ha regalato di più è stato Il mondo alla fine del mondo. È arrivato un weekend d’estate, grazie ad un consiglio dei miei. Mi ricordo che sulla copertina c’era un enorme coda di balena. Ricordo che, in questo libro, ci sono gli animali, le grandi balene e ci sono i cattivi, i giapponesi che cacciano di frodo e c’è il protagonista che lavora ad un’inchiesta, tramite Greenpeace, che investiga proprio sui balenieri di frodo.

Ed è lì che è nato il mio sentimento ambientalista. È lì che ho capito che esisteva gente che non rispettava, invece, i propri nemici e ammazzava per il gusto di ammazzare.

Ricordiamo che Sepulveda non fu solo il poeta, grasso e pacifico che parla di amicizia.

Di stampo prima anarchico, in seguito comunista, si recò a Mosca grazie ad una borsa di studio e venne però espulso dalla scuola per “atteggiamenti contrari alla morale proletaria”, probabilmente era stato beccato in atteggiamenti amorosi con la moglie del direttore.

In seguito si reco in Bolivia dove militò tra le file dell’Esercito di Liberazione Nazionale, per poi tornare in Cile e iscriversi al partito socialista.

Sepulveda, nel 1973, è stato protagonista del golpe militare di Pinochet in Cile. Ha assistito in prima persona alla caduta e alla morte di Allende, di cui era amico oltre che suo agente di scorta (faceva parte del Gap, el Grupo de Amigos Personales). Ed è stato catturato e torturato per sette mesi dai militari di Pinochet, un’esperienza che non deve essere facile da dimenticare. Fu scarcerato grazie alle pressioni di Amnesty International, ma rischiò, pochi anni dopo, l’ergastolo poiché continuava a portare avanti le sue idee politiche tramite rappresentazioni teatrali, un’altra sua grande passione. L’ergastolo, sempre grazie all’intervento di Amnesty International, fu tradotto in un esilio di otto anni.

Nel 1977 Sepulveda si diresse, quindi, in Svezia, che gli aveva concesso asilo politico, ma scappo prima in Brasile, poi in Ecuador, visse con i nativi indios per sette mesi per un progetto legato all’Unesco e infine si reco a combattere nelle file di Simon Bolivar, per la rivoluzione, in Nicaragua. Quindi partì alla volta dell’Europa e sii trasferì prima in Germani e poi in Francia, dove ha preso la cittadinanza.

Dal 1982 al 1987 lavorò con Greenpeace, facendo parte dell’equipaggio su una delle sue navi.

Tornò in Cile nel 1989, ma dal 1996 fino alla sua morte visse in Spagna, a Gijon.

Vi ho raccontato tutto questo perché Sepulveda fu un combattente.

Ha vissuto, portandone le prove sulla sua carne, in uno dei periodi storici e in uno dei luoghi geografici, il Sudamerica, dove più si è sentito l’eco della rivoluzione comunista. Ha vissuto in un mondo in cui esistevano ancora i latifondisti, i grandi proprietari terrieri, dove la lotta di classe ha ancora avuto tutta la dignità e la giustizia morale di essere vissuta.

Per noi europei contemporanei sono concetti così vecchi, ideologie così lontane che spesso le liquidiamo come se fossero state scemenze, lotte per realtà che nemmeno ci sforziamo di immaginare, senza minimamente avvicinarci a capire cosa deve essere stato vivere quei momenti storici.

Sepulveda li ha vissuti. E nonostante tutto l’orrore che deve aver provato, sulla sua stessa pelle, è stato capace di creare capolavori di poesia come i romanzi di cui vi raccontavo sopra.

Ecco chi è Sepulveda: un essere umano, in tutta la sua interezza, pieno di passioni, di dubbi e di paure; capace di empatia, sentimenti e saggezza.

Ora posso dirvi che Sepulveda è, inoltre, un romanziere grasso e giocoso, che ha parlato di amicizia, solidarietà, uguaglianza anche e soprattutto nell’essere diversi, di coraggio e amore.

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