C’è chi brucia in fretta e chi si spegne lentamente. Poi c’è Stan Lee, l’amichevole vecchietto di quartiere. Lui rappresentava il giusto mezzo portato al limite. Il compromesso perfetto di una vita passata ad arredare la nostra memoria con ricordi di infanzia, poster in cameretta e serate al cinema. La sua immaginazione è bastata a creare un universo cult di uomini e donne in calzamaglia capace di proiettarsi nel futuro con un entusiasmo dirompente.

Nessuno ci ridarà indietro le lacrime versate da piccoli (e non) per la morte del nostro supereroe preferito. Solo “The Smilin’”, l’uomo su cui era sempre disegnato un sorriso, poteva; insieme a Steve Ditko, Jack Kirby e alle sue mirabolanti storie.

Ora chi ci restituirà Stan Lee? Probabilmente neanche le lacrime del mondo intero.

Ci rimane il suo testamento, un copione infinito che non smetterà mai di essere scritto, fumetti che non smetteranno mai di essere inchiostrati, film che non smetteranno mai di essere proiettati.

Nato a New York da immigrati rumeni, è partito dal gradino più basso, e dopo vent’anni di gavetta, arriva la svolta nella sua carriera: sul punto di abbandonare i fumetti, arriva la richiesta del suo editore (Martin Goodman, ndr) di emulare la linea di personaggi della DC Comics. Detto fatto. Grazie anche alla caparbietà tutta femmina di sua moglie, nascono così i Fantastici Quattro, la creatura primordiale di Lee, che da quel momento vide la sua carriera svoltare da un giorno all’altro. Erano gli anni Cinquanta, epoca difficile per i fumetti, accusati dal Senato americano di contribuire alla criminalità giovanile. Fattore di poco conto dal punto di vista del nostro eroe, che da lì a pochi anni produsse una moltitudine di nuovi titoli, quali Hulk, Thor, Iron Man, gli X-Men e altri.

No, non l’ho dimenticato. Alzi la mano chi non ha mai conosciuto una di quelle persone magnetiche, in grado di fare terra bruciata attorno a sé e attirare le masse, travolgerle con una spiccata ironia, un talento grezzo diventato puro con il passare del tempo, e perché no, anche con una buona dose di fortuna. Questo caso non fa eccezione e il personaggio in questione, oltre ad avere la zia più celebre di sempre, ha nome, cognome, un costume swag e una fidanzata che Sophie Turner levati: Peter Parker, alias Spider-Man, alias la mascotte di Lee per eccellenza. Nato dalla sua penna nel 1962, senza dubbio il cavallo di battaglia rosso e blu della Marvel ha permesso a “The Man” di entrare nell’Olimpo delle personalità più influenti della nostra epoca.

Chi può dirlo, probabilmente senza il suo dream team di supereroi i cinema avrebbero già chiuso i battenti da un pezzo. E’ indubbio che buona parte del merito debba essere attribuita a lui (no, non solo ai suoi cameo, benché apprezzati), d’altronde i film sulla Marvel stanno alle sale del cinema come le pellicole d’autore stanno allo streaming sul divano con vino e sigarette.

Tuttavia, una vita decorata di successi come la sua avrebbe meritato un finale di stagione differente da quello che abbiamo letto sui giornali. La morte della moglie Joan nel 2017, la perdita graduale della vista e una causa da un miliardo di dollari intentata contro “POW! Entertainment” (società di cui è stato co-fondatore nel 2001) vanno a comporre il drammatico epilogo della sua storia, di quelli che non avremmo mai letto nei fumetti, ma si sa, la realtà a volte è ben diversa dalla fiction.

Rimane il ricordo inestimabile di una persona straordinaria dal talento cristallino. Una fonte di ispirazione inesauribile per tutti quelli che a quarant’anni sognano ancora di essere morsi da un ragno.

Giorgio Rolfi
26 anni, di cui 19 trascorsi nella musica.  Cinema, videogames e dipendenza da festa completano un carattere non facile, ma unico nel suo genere... Ah, dimenticavo, l'umiltà non è il mio forte. 

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