“Lasciate ogni speranza, voi che entrate” sono le parole appropriate per rompere il ghiaccio, e far capire fin da subito di che pasta sia fatta l’ultima opera targata Christopher Nolan.

Se per ovvie ragioni era normale immaginarsi una pellicola di certo non semplice, ma di forte impatto visivo, a sto giro il divulgatore hollywoodiano per eccellenza ha superato ampiamente le aspettative, spiazzato lo spettatore dall’inizio alla fine, in preda a convulsioni neuronali della serie “Cosa cazzo ho appena visto?”.

Occorre fare una premessa: una volta entrati in sala, la via della cognizione si ramifica in due direzioni ben precise difficilmente intersecabili. L’immedesimazione con la trama e i personaggi fa a pugni fin dalla prima sequenza con il tentativo di comprendere non tanto la trama principale (fin banale, a essere sinceri, nulla più di un classico 007), bensì il perverso meccanismo spazio- temporale tanto caro a Nolan, tramite il quale costruisce l’intera narrazione degli eventi. Il dilemma shakespeariano non si fa attendere: quanta importanza è giusto dare alla forma rispetto al contenuto? Parliamo pur sempre di un blockbuster uscito nei cinema di tutto il mondo con il chiaro intento di incassare il più possibile, soprattutto alla luce di quanto sta succedendo da sei mesi a questa parte. Un prodotto di questo genere, inoltre, trova solitamente la sua compiutezza nell’intrattenimento dei fruitori, e a conti fatti Tenet ci riesce egregiamente, guidato dall’ormai esperta mano del regista attraverso scene tecnicamente sublimi (la sequenza dell’aeroplano schiantato contro un hangar ci riporta indietro nel tempo fino all’esplosione dell’ospedale alle spalle di un Joker serafico e compiaciuto), quasi del tutto prive di green screen o effetti esageratamente speciali alla Michael Bay (qualcuno ce ne liberi). Ciò che davvero lascia basiti è il sostanziale disorientamento narrativo presente in quasi tutte le scene del film, almeno dopo una prima visione. E se per certi versi ne avevamo avuto un piacevole assaggio (nonostante tutto) in opere precedenti come Inception o Interstellar, in questo caso si è voluto forzare un po’ troppo la mano. L’estrema necessità di una seconda visione che si palesa nella mente dello spettatore al termine della pellicola, poco si concilia con l’accezione primaria del cinema in quanto tale. Se da un parte è giusto avere la voglia di rivedere un film per capire meglio alcuni passaggi che a primo impatto potevano risultare difficilmente assimilabili, dall’altra è quantomeno frustrante sentire il forte bisogno di una comprensione generale, magari alla terza o quarta visione. Per citare Casper, si potrebbe parlare addirittura di una faccenda in sospeso rispetto al film stesso, e questo è un problema.

Il fil rouge nozionistico che da sempre lega la filmografia nolaniana evidenzia in Tenet la sua massima presunzione, spogliando l’incredibile impalcatura tecnica e sonora (le musiche di Ludwig

Goransson rubano gran parte della scena a mani basse) per lasciare a terra i detriti di ciò che poteva essere davvero.

A discapito di una meravigliosa interpretazione da parte di Robert Pattinson (uno dei più talentuosi della sua generazione, nonostante gli esordi infelici), è difficile non parlare di Tenet come di un’opera riuscita a metà. Considerato l’immenso talento a disposizione, è lecito pensare che sia Nolan stesso a necessitare di un’inversione temporale, in modo da ricongiungersi con il suo cinema primordiale a cui tutti dobbiamo molto.

Giorgio Rolfi
26 anni, di cui 19 trascorsi nella musica.  Cinema, videogames e dipendenza da festa completano un carattere non facile, ma unico nel suo genere... Ah, dimenticavo, l'umiltà non è il mio forte. 

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1 Comment

  1. […] sono determinate dalla loro capacità di comprenderne o meno il funzionamento. Ciò è evidente in Tenet e nelle stratificate matriosche oniriche di Inception. Si pensi anche agli sforzi del protagonista […]

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