È incredibilmente grottesca questa situazione, sono bloccato in un limbo, tentare la sorte o abbracciare il mio destino? Rischiare per avere la libertà o soffrire ancora di più a causa di quello che si potrebbe scatenare dalle mie azioni? Cosa sta succedendo, come è potuto succedere, eppure sembrava una realtà così remota e lontana, ed invece mi ha colto in fallo. Una realtà così remota da essere qua, di fronte a me, ad una trentina di centimetri.

Nella mia testa le emozioni erano in conflitto, qualcuno era felice di quello che stava accadendo, altri invece erano o spaventati o terribilmente arrabbiati per l’affronto e per l’ingiustizia subita. E nel mentre l’adrenalina si stava accrescendo senza freni, non c’era il tempo materiale per il corpo di produrne l’antagonista, quindi questa montava senza limitazioni. Saliva alla testa come l’acqua attraverso un tubo stretto, con una pressione forte, e come in una fontana le onde iniziarono ad allagare la grande zona adibita alle decisioni, facendo affogare tutte le emozioni e lasciando solo le più forti in superficie. Una tempesta con tuoni e fulmini stava imperversando nel capo.

Dall’esterno questa violenta reazione deve essere stata come uno sguardo vacuo, assente. Come se stessi cercando dentro di me, me stesso. Una ricerca sicuramente infruttuosa, visto che io ero li, ma annebbiato e completamente nel panico, eppure pienamente conscio del da farsi e delle varie decisioni che potrebbero essere prese e dei possibili scenari futuri. Sicuramente il fiato deve essere aumentato e deve essere risultato maggiormente faticoso respirare attraverso alla mascherina, ma non lo ricordo, l’adrenalina mi stava anche colando dal naso e dalla bocca che erano nascoste dal velo protettivo che quel dannato oggetto porgeva. Ma tutto questo deve essere stata questione di una frazione di secondo, un lampo nel mondo esterno, una eternità nel mondo interno alla mente.

Le emozioni erano ancora in balia dei venti e alla ricerca della salvezza, le più docili e le più razionali erano affondate, come se avessero avuto un peso enorme attaccato a loro stesse, mentre quelle con meno controllo erano sulla cresta dell’onda pronte a scatenare l’inferno. Come se fossero alla guida di un galeone girarono il timone e innescarono un processo interessante, un picco di adrenalina, come se la marea crescesse in un lampo, e così fece, ma con un conseguente calo del livello. Stava lentamente scendendo, come se fosse stato levato un tappo, alla base del piede, e il nettare dell’azione, e l’epinefrina scendeva via, come era comparsa, liberando le altre emozioni dalla forte morsa della impotenza, per quel poco tempo che gli era stato concesso. E alle altre sensazioni venne semplicemente donato il solito status, tuttavia risultavano più docili e meno aggressive. Come quando si fa uno scatto di corsa che poi si perde il fiato e quindi si necessita di una piccola pausa per rimettersi in sesto. Anche se non era nemmeno utile riprendere fiato.

Da fuori qualcosa stava effettivamente sgorgando, ma si trattava del sangue, del mio sangue. Tentare di ribellarmi era stato inutile, cercare di uscire da quella tremenda situazione era stato l’ultimo atto che mi era stato concesso, o meglio era l’unico che potevo compiere. La pistola puntata alla mia testa era fredda e tremendamente asettica, puzzava di metallo e di grasso, di sporcizia, quel poco che si poteva assaporare di essa dalla mia mascherina. L’agente mi aveva avvertito di stare fermo, di non fare movimenti avventati, ma evidentemente cercare di salvare la mia vita, spostando la mia testa leggermente più lontano dalla canna della pistola era stato un movimento oltremodo di minaccia. E chiaramente l’agente aveva visto in me un temibile e pericoloso ragazzo, che con un altrettanto temibile scatto avrei potuto andare a sporcare la sua uniforme. Un manifestante in meno. Ciò che riferirà alla centrale e nel rapporto sarà di un terribile ed efferato tentativo di attacco ad un agente in servizio. Ma nel rapporto non comparirà mai che con me di metallico avevo il termometro che stavo portando a casa, non comparirà che ero solo, ma che avevo la scritta BLM, e che avevo un atteggiamento sovversivo e aggressivo . Ma non perché credo in questo messaggio e credo nel fatto che la polizia abusi dei suoi poteri, ma non comparirà che io stavo rincasando dalla mia famiglia, con uno zaino pieno di oggetti comprati al supermercato locale. Non comparirà nel rapporto che ero disarmato. Il sangue sta colando dalla mia fronte, ma dal mio piede sta colando la mia vita, come l’onda di adrenalina che stava scendendo nella mia testa. Mi sentivo incredibilmente svuotato, ma finalmente anche la mia voce si sarebbe unita a quella delle centinaia di migliaia di manifestanti, e nessun rapporto l’avrebbe cancellata. Mai più.

Marwan Chaibi
Prima autore, poi Direttore ed ora Presidente. Classe 2002. Sono Diplomato in Chimica e Biotecnologie e studente universitario. Scrivo per alcune riviste online, parlo, racconto, leggo. Collaboro con tantissime associazioni e enti, ma di questa in particolare sono il Presidente, e non posso far altro che essere orgoglioso nel rappresentarla e fortunato nel viverla tutti i giorni. Mi piace fare bene, del bene, per il bene degli altri!

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