Giunti all’ottava edizione del Festival della TV, qui a Dogliani si respira aria di derby per tutti coloro la cui fede sportiva è a tinte granata o bianconera. Quest’anno, inoltre, la stracittadina si gioca alla vigilia del settantesimo anniversario del Grande Torino; quale ospite migliore si poteva invitare se non il presidente del Torino FC, Urbano Cairo? Intervistato da Aldo Grasso, il patron granata si racconta tra RCS, La7 e l’immutata passione per il Toro, tramandatagli fin da piccolo dalla madre.

Caro Presidente, togliamoci subito l’ansia per stasera: ha detto qualcosa ai ragazzi in vista della partita?

Se fosse importante quello che ho da dire io ai giocatori, vorrebbe dire che non siamo messi poi così bene! C’è già il mister per questo, e lo fa egregiamente. Poi ultimamente devo dire che arrivare tardi allo stadio porta bene, come mi è successo a Genova e contro il Milan.

Il Torino, Corriere della Sera, La7, le case editrici… Fra le sue aziende, quali la occupano/preoccupano di più?

RCS sicuramente occupa gran parte del mio tempo, per un semplice fatto di dimensioni. E’ un’azienda che fattura quasi un milardo di euro. L’ho presa tre anni fa, arrivava da una situazione finanziaria drammatica, piena di debiti e perdite per quattrocento milioni. All’inizio c’era da non dormirci la notte. Poco a poco, grazie alla collaborazione di tutti siamo riusciti a ridurre il debito e trasformare le perdite in utili. Tutto questo senza toccare neanche un dipendente. Oltre a confermare tutti i lavoratori, sono arrivati grandi risultati. Per quanto riguarda il Torino, è sempre stata la squadra mia e della mia famiglia. Domani cade l’anniversario della tragedia di Superga, all’epoca mia madre aveva sedici anni, e quando venne a sapere della notizia, si trovava a casa di una sua amica. Al ritorno, pianse per tutto il tragitto dalla disperazione. E’ stata lei a spingermi a comprare il Torino.

E poi la TV…

Alla TV sono sempre stato molto legato, e chiaramente anche La7 occupa gran parte del mio tempo.

Che differenza c’è tra la gestione di una squadra sportiva e quella di un’azienda industriale?

Beh, una società di calcio è di fatto un’azienda nella quale devi cercare di far tornare i conti e di avere più ricavi che costi. A complicare le cose ci pensa la componente della tifoseria, le aziende normali all’infuori del calcio non ce l’hanno. Talvolta le decisioni da prendere devono tenere conto di questo fattore, mentre in altre occasioni è meglio andare avanti senza farsi influenzare troppo, dipende dal periodo e dal contesto che si ha intorno. In generale l’apporto dei tifosi per noi è fondamentale, quando questo viene meno è d’obbligo interrogarsi sul proprio operato.

Lei ha detto più volte che la sua fortuna è nata da un licenziamento. Non è un po’ traumatico?

In effetti è vero! (ride). Nel 1995, dopo un periodo molto positivo di quattro anni in Mondadori Pubblicità, fui cacciato, senza girarci troppo intorno. E’ stato un bel periodo collaborativo insieme a Berlusconi, e chiaramente non lo considero un gran finale, ma da lì ho avuto lo stimolo a migliorare e mi dissi che potevo anche farcela da solo. Mi misi in proprio e questo è il 23° anno consecutivo di utile, direi che male non sta andando.

7 anni fa lei è venuto all’università Cattolica di Milano, e disse ai ragazzi che l’importante non è fare subito ciò che si è sempre sognato, bensì lavorare e non stare mai fermi. Pensa che sia ancora valida come esortazione?

Oggi è più valida di allora. Credo che sia importante cogliere tutte le occasioni che si presentano davanti, perché è proprio in quel momento che arrivano le opportunità. A chiunque un treno passa almeno una volta nella vita, bisogna prenderlo. Anche per essere autonomi e non pesare più sulla famiglia. A me, prima di tornare in America, si è presentata una grande opportunità in Italia, e ho cambiato completamente tutte le mie prospettive.

Entrando nel tema della politica, lei considera il reddito di cittadinanza una risorsa o una via d’uscita per i cosiddetti fannulloni?

Aiutare chi è in difficoltà è sempre giusto, ma ci sono sempre state delle forme di sostegno, penso al reddito di inclusione. Credo che il reddito di cittadinanza non sia molto di aiuto, anzi, penso che tolga quello stimolo a poter impegnarsi di più per migliorare la propria condizione sociale. Sono iniziative che limitano la nostra voglia di fare, la nostra creatività.

Lei ha detto che nelle aziende ci sono tre concetti che non possono più essere considerati dei tabù: efficienza, produttività e serietà.

Sono tre concetti che cerco sempre di applicare nelle mie aziende. I costi io li considero investimenti per ottenere risultati sempre maggiori. Parlando di produttività abbiamo lanciato negli anni tanti allegati nell’editoria con le stesse persone che lavoravano nelle aziende prima che arrivassi io. Collaborando e cambiando il modo di fare le cose si riesce ad arginare le perdite e ad aumentare i ricavi.

E’ vera la storia che lei controlla i costi dei taxi dei dipendenti?

In effetti i taxi rappresentano un costo importante… (ride). Sono faccende che ormai mi portano via poco tempo, controllo tutti i fornitori, bene o male so sempre quali sono i costi mese per mese… In un’azienda è bene conoscere ogni singolo dettaglio di essa, in questo modo hai il quadro completo della situazione. Ad esempio in RCS io controllo circa 2000 pagamenti al mese, che non sono pochi.

Ora una domanda difficile. Efficienza, produttività e serietà non sarebbero concetti fondamentali anche per il nostro paese?

Se a La7 abbiamo tagliato il 50% abbondante dei costi, senza toccare mai i dipendenti, allora in Italia, dove spendiamo 180 miliardi di euro in beni e servizi, se si facesse un’azione simile, allora forse la situazione generale migliorerebbe un po’ non credete? Se si tagliasse il 30% con una spending review degna di questo nome, risparmiando 50 miliardi, si potrebbe tagliare le tasse, tagliare il cuneo fiscale, e si avrebbero risorse per realizzare opere pubbliche. Tutto questo aiuterebbe il paese a ripartire, ma qui ci si accontenta.

Non molti giorni fa lei ha incontrato il Presidente del Consiglio Conte. Lei in quell’incontro ha detto che se un’impresa può operare in maniera normale, crea lavoro e dà l’opportunità alle persone di avere un reddito da spendere e di poter crescere dei figli.

Non l’ho detto per prendere l’applauso, io ci credo veramente. Ho detto le stesse cose che avete sentito poco fa. Ad esempio, quando sento parlare continuamente dell’aumento dell’iva, trovo che sia deprimente per i consumi. Conte dice che a volte le imprese lo fanno per dei motivi particolari, e può anche darsi, ma credo che se un’impresa lavora bene, nel modo corretto, allora riesce ad assumere e a dare lavoro a chi non ce l’ha.

Mentre parlava con Conte, non si è chiesto come sarebbe essere al suo posto?

Neanche per un secondo. Anche volendo, con tutte le imprese che mi trovo a gestire, come farei? E’ impossibile. Avrei qualche problema a lasciare e fare qualcos’altro dall’oggi al domani.

Quindi oggi, 3 maggio, smentiamo ufficialmente l’idea che lei possa scendere in politica.

Assolutamente, sempre meglio salire!

Prima di lei, oggi, era qui presente il Presidente della Camera, Fico. Ha parlato della Rai in maniera alquanto “nebulosa”. Sostiene che la Rai debba essere indipendente dai partiti, e in realtà non c’è partito che non abbia partecipato alla divisione della torta. Il vero problema è il servizio pubblico.

Ridevo prima perché Fico è arrivato qui con settanta persone, ma non era quello che prendeva il pullman senza scorta? (risate generali). Battute a parte, io credo che il servizio pubblico venga proposto anche da La7. Abbiamo 3.788 ore di diretta all’anno, rispetto alle 2.400 di Rai 1. C’è un grande dispiego di forze su questo fronte. Ora, la Rai ha ricavi sia dal canone che dalla pubblicità, mentre ci sono paesi in cui si ha o l’uno o l’altra, penso alla Spagna: le reti pubbliche non prendono un centesimo dalla pubblicità, hanno solo il canone. Penso che avere entrambe le cose, come nel caso della Rai, sia un vantaggio notevolissimo rispetto alle dirette concorrenti. E’ anche un fatto di giustizia. Rai e Mediaset hanno un fatturato che è quindici volte più alto rispetto al nostro. Credo che sarebbe giusto avere pari opportunità.

Lei si era seccato quando si è detto che La7 stava diventando “grillina”.

Io non ho mai dato nessuna indicazione del genere. I nostri giornalisti semplicemente fanno domande, comode o scomode che siano, ed è giusto così.

Presidente, qui a Dogliani c’è un bellissimo campo sportivo, ci sarebbe la possibilità un giorno di disputare un’amichevole con il Torino?

E perché no, sarebbe un piacere! In che categoria gioca il Dogliani?

In seconda categoria!

Beh allora sarebbe un buon allenamento! Verremo con il Toro!

Con questa promessa io la ringrazio per la sua partecipazione e per la sua disponibilità!

Grazie a voi, mi ha fatto molto piacere!

Giorgio Rolfi
26 anni, di cui 19 trascorsi nella musica.  Cinema, videogames e dipendenza da festa completano un carattere non facile, ma unico nel suo genere... Ah, dimenticavo, l'umiltà non è il mio forte. 

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