Su Nosignal Magazine il primo episodio della rubrica curata da Julia Magrone Julia vs Juuliam__: Il mondo attraverso i miei occhi
Da qualche tempo mi capita di pensare alla mia vita, a come è cambiata negli ultimi anni, negli ultimi mesi. Non avrei mai pensato di ritrovarmi a scrivere qualcosa su me stessa. Non avrei mai pensato di esserne all’altezza. Pensandoci bene credo sia proprio questo mio sentirmi incapace alla base di tante vicende accadute in passato.
Non partirò dalla mia infanzia: un’infanzia normale, direi anche abbastanza felice, senza granché da segnalare; no, partirò dal periodo che per me è stato il peggiore: l’adolescenza. Dai quindici anni ho iniziato a captare caratteristiche di me stessa che prima di allora ignoravo completamente. Mi sono resa conto di essere una persona insaziabile, inappagabile, e questo ha portato nella mia vita parecchio scompiglio. Vedevo allo specchio una ragazza che aveva tutti otto in pagella, quando poteva avere tutti dieci. Una ragazza che aveva i capelli castani e gli occhi nocciola ma che voleva avere i capelli biondi e gli occhi azzurri. Vedevo una magnifica taglia ’S’ che, con un po’ di sacrificio, sarebbe potuta diventare una ‘XS’. Mi sentivo spaesata, insoddisfatta, di un’insoddisfazione che, a esser sincera, mi accompagna ancora oggi.
A sedici anni ho rincorso questa mania di perfezionismo portandola alle sue estreme conseguenze: tutto ciò che desideravo era guardarmi allo specchio e sentirmi orgogliosa. Guardavo altre donne, mai le ragazze della mia età. Mi sono sempre ispirata a quelle più grandi: vedevo in loro ciò che probabilmente avevo solo idealizzato. Passava una e pensavo «chissà, chissà come sarò io alla sua età…». E così la mia ossessione ha avuto inizio: col passare del tempo mi vedevo sempre più sbagliata, un giorno grassa e il giorno dopo troppo magra, percepivo una realtà completamente distorta. Mangiare era diventato un incubo.
Mi sentivo a disagio a indossare gonne, vestitini, tacchi o magliette troppo scollate. Mi sentivo a disagio a Natale, ai compleanni, o in qualsiasi altra situazione in cui si è ‘obbligati’ a mangiare qualcosa. Mi sentivo a disagio quando mi veniva detto di mangiare ‘normale’ e non come ‘in ospedale’. Mi sentivo a disagio quando, dopo aver mangiato una fetta di panettone che tanto avevo desiderato, mi veniva fatto notare come stessi facendo qualcosa di diverso dal solito. Mi sentivo a disagio quando un’amica mi invitava a cena all’ultimo minuto e io, non avendo controllato l’alimentazione durante il resto della giornata, inventavo una scusa per non andare. Non ho mai provato invidia nei confronti delle ragazze che avevano fisici migliori del mio, la provavo per quelle che sapevano godersi una pizza senza pensieri e con la consapevolezza di meritarla.
Non saprei dire, oggi, se la paura del cibo e l’ossessione dell’aspetto fisico fossero legate al semplice fatto che avevo bisogno di essere notata e ascoltata. Ma comunque. Nel giro di un anno sono dimagrita tantissimo, al punto che la taglia 32 mi stava larga. Il mio rapporto con il cibo era diventato davvero complicato: mangiavo quattro, cinque alimenti in croce. Pollo, ma soltanto il petto, perché le cosce erano più grasse. Lo pesavo scrupolosamente. Mangiavo yogurt greco, senza lattosio e senza grassi. Il bianco dell’uovo. Era un alimento che mi faceva sentire al sicuro, uno dei pochi cibi che riuscivo a mangiare senza farmi troppe paranoie. Un po’ di verdura, ma poca, perché le fibre mi gonfiavano. Avevo la fobia dei legumi, vedevo l’olio come fonte di calorie gratuite, i carboidrati erano banditi. Cucinavo tutto rigorosamente da sola, nelle mie pentole, pesavo io stessa il cibo, volevo il monopolio della cucina: non tolleravo nessuno vicino a me che cucinasse qualsiasi altra cosa che non fosse mia. Avvertivo un senso di contaminazione se qualcuno mi stava a fianco e cucinava altra roba. A volte mi concedevo del cioccolato fondente, paradossalmente non è mai stato un mio grande fearfood. Mangiavo con estrema lentezza affinché potesse durare tutto di più e potessi digerire meglio e prima, così non mi sarei sentita appesantita. Quando entravo in cucina e sentivo un buon odore ero felice: passavo ore a guardare ricette buonissime che non avrei mai mangiato, cibi che guardavo nella pentola e non avrei mai toccato, solo per appagare il mio cervello.
Questo periodo di forti insicurezze – e carenze di affetto – mi ha portato a estraniarmi, vivere lontano da tutti e contro tutti. Ancora oggi ho rapporti complicati con più persone che affondano le radici nella mia adolescenza. C’è una citazione di Bukowski che rappresenta la Julia di quel tempo più di ogni altra: «Sembri una tutta equilibrata, ma in realtà sei emotivamente disturbata». Nella vita non ho preso molte decisioni drastiche, ma questa è stata una di quelle: una sera ero a letto immersa nei miei pensieri e mi sono detta che, nonostante fossi dimagrita, mi sentivo profondamente infelice, più di quanto non lo fossi prima. Mi sono detta di voler essere padrona della mia vita e mi sono promessa che avrei fatto una serie di cose che mi avrebbero resa fiera di me.
Dal giorno seguente mi sono imposta di mangiare di più e di prendere peso. Da allora non sono più tornata indietro.
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