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Dopo nove anni dall’uscita di Inside Out torniamo nella vita e, soprattutto, nella mente di Riley Andersen: Inside Out 2 pur non cambiando quasi nulla rispetto al primo capitolo riguardo ritmo e ossatura del racconto, riesce ancora di più ad essere un film che parla a un pubblico piuttosto eterogeneo

Un anno dopo gli eventi del primo film, Riley sta per intraprendere la strada del liceo e, prima di cominciare un nuovo capitolo della sua giovanissima vita, si iscrive con le sue due inseparabili amiche Bree e Grace a un bootcamp di Hockey. In mezzo a questi cambiamenti le emozioni della giovane ragazza, che abbiamo conosciuto ormai nove anni fa – Gioia, Tristezza, Rabbia, Paura e Disgusto -, hanno creato, spronati particolarmente da Gioia, una nuova sezione della mente chiamata ‘Senso di sé’; lì si trovano i ricordi e sentimenti positivi che formano la personalità di Riley mentre tutte le disavventure e i sentimenti negativi vengono lanciati da Gioia verso la zona dell’inconscio per evitare di nuocere. Durante la notte, la ‘stanza dei bottoni’ subisce degli importanti lavori di ristrutturazione sconvolgendo alquanto le emozioni, soprattutto quando si accorgono che la loro plancia di comando ha subito una evidente trasformazione ampliando le proprie dimensioni e il perché sarà presto rivelato. A condividere gli spazi della mente di Riley non saranno solo le cinque emozioni viste fino a questo punto ma altre quattro nuove emozioni: Ansia, Invidia, Ennui e Imbarazzo, cominceranno subito a far sentire la loro presenza e, dopo alcuni tentativi di pacifica convivenza per riuscire tutte e nove a fare il bene di Riley, le quattro nuove emozioni, guidate da Ansia finiranno per spodestare le cinque precedenti e cacciarle dalla mente di Riley, sconvolgendo la stanza del: ‘Senso di sé’ aggiungendo nuovi momenti cardine scaturiti dal loro intervento.
Forzatamente allontanati da casa propria Gioia, Tristezza, Disgusto, Paura e Rabbia decidono di andare a recuperare il ‘fiore’ del senso di sé di Riley che Ansia ha spedito nell’inconscio. Le cose, naturalmente, saranno tutt’altro che facili.

 Inside Out 2 ‘clona’ lo scheletro dello svolgersi degli eventi del suo predecessore (e pressoché gli stessi ritmi) innestandovi sopra alcune novità e chicche di indubbia forza scenica e narrativa. La cosa è praticamente evidente lungo tutto il corso del film e va ben oltre la semplice e classica ‘divisione in atti’  

È facile accorgersi, ricordando il primo capitolo, di quanto le due opere si sviluppino esattamente allo stesso modo; variano alcune situazioni, certo, ma anche in questo cambiare si colgono ben più che semplici sfumature del film precedente; lo stesso ritmo e, in certi casi, gli stessi personaggi coinvolti in situazioni pressoché identiche a quelle del film precedente. Per evitare che la cosa risulti non tanto evidente – perché già lo è – quanto fastidiosa, la grande squadra dietro Inside Out 2 alza l’asticella seminando tante piccole perle lungo il corso del film; oltre alle situazioni comiche che costellano tutto il racconto, sbocciano improvvisamente battute e pensieri di grande impatto emotivo, di un certo spessore anche e di una certa ‘maturità’. La forza di questo film da record è soprattutto qui.

La Pixar crea un lungometraggio d’animazione chiaramente indirizzato a un pubblico adolescenziale, o molto giovane, (che poi è il target medio dell’animazione occidentale mainstream) senza dimenticarsi degli adulti; molto di ciò che vediamo e, soprattutto, ascoltiamo lungo tutto il film sceneggiato da Meg Le Fauve – che già si era occupata del primo capitolo – può essere totalmente compreso dagli adulti perché da quelle situazioni (non necessariamente così esagerate) sono tutti già passati: fare nuove amicizie, tenere quelle storiche che contano davvero, affrontare cambiamenti che possono spaventare trovando . Inside Out 2 mostra tutto questo riuscendo a conquistare il pubblico in maniera trasversale e lo fa, a detta di chi scrive, scegliendo quella china sicuramente confortevole ma, al contempo, molto pericolosa del già visto e, per evitare un comprensibile fastidio di sapere già tutto prima che accada, vengono in soccorso le nuove emozioni con le loro peculiari caratterizzazioni.

Ansia, Invidia, Imbarazzo ed Ennui destabilizzano gli equilibri, costringono discorsi per niente semplici – meraviglioso il botta e risposta fra Ansia e Goia sulle emozioni più complesse a inizio film – danno più sfaccettature a Riley e a livello di ogni singola emozione, proprio perché più complesse e pongono davanti agli occhi del pubblico l’evidenza che un’emozione non è un blocco monolitico, come ben si può notare, per esempio, negli atteggiamenti di Invidia, ma è piena di sfumature che rendono queste nuove emozioni quella complessità che mancava alle precedenti e che non vengono sostituite ma, invece, integrate in quello che sembra essere – e deve esserlo – un lavoro di squadra per evitare che un’emozione, uno stato d’animo, prevalga in modo così estremo da causare gravi danni.

Inside Out 2 © 2024 Kelsey Mann/Pixar Animation Studios/Walt Disney Pictures
Inside Out 2 © 2024 Kelsey Mann/Pixar Animation Studios/Walt Disney Pictures

Chiudiamo questo nostro punto di vista su Inside Out 2 con una delle scene non solo meglio realizzate del film ma fulcro dei percorsi di Riley al Camp e dell’incontro-scontro tra le emozioni: l’attacco di panico che investe l’adolescente mentre si trova espulsa dal campo di gioco. L’attacco di panico che investe Riley, travolgendo la stessa Ansia, è una scena indubbiamente difficile da realizzare ma la squadra della Pixar riesce a portarla sullo schermo con grande maestria, mostrandoci in rapida alternanza Riley e Ansia alle prese con un momento terribile in cui l’emozione arancione è praticamente intoccabile da Gioia perché, pur sembrando ferma e impietrita, è in realtà preda di molteplici attività che noi vediamo .

Inside Out 2 alza l’asticella rispetto al precedente capitolo di quel tanto che basta per irretire il pubblico per un’ora e mezza e accompagnarlo lungo una narrazione che, al di là reiterarsi di situazioni praticamente note, continua a lanciare chicche dall’inizio alla fine del film: siano queste semplici sketch (come nelle scene nella mente dei genitori di Riley) piuttosto che momenti più pregni di significato (la momentanea crisi di Gioia, l’attacco di panico) . Il 28° lungometraggio di casa Pixar potrebbe tranquillamente aprire a ulteriori sequel vista la possibilità di riproporre con successo la stessa struttura narrativa e aggiungendo potenzialmente numerose e ancor più sfaccettate emozioni; il rischio però è l’eccessiva tendenza a raschiare il barile (cosa che sta accadendo con la saga di Toy Story) e saturare ulteriormente il mercato cinematografico dell’ennesima saga che, alla lunga, può stancare. ♦︎