È facile e immediato ricorrere all’espediente del pregiudizio nelle nostre vite terribilmente affaccendate, costellate di impegni e scadenze da rispettare, in cui la riflessione e l’autocritica sono ridotte al minimo. La sua versatilità, il suo adattarsi perfettamente alle circostanze, le sue basse pretese in termini di ragionamento spianano la strada al suo utilizzo indiscriminato, e il rischio di cadere nelle sue grinfie esiste per chiunque.
Il pregiudizio, come riportato in uno scritto di Manfred Beller ad esso dedicato, si può caratterizzare come un’opinione precostituita, un giudizio preventivo affrettato o avventato, privo di giustificazione razionale o emesso a prescindere da una conoscenza precisa dell’oggetto e tale da impedire valutazioni corrette. Una definizione forse troppo artificiosa, ma che in realtà mette in luce tutte le sfaccettature del termine e del concetto in esso racchiuso.
L’atteggiamento mentale di chi fa ricorso al pregiudizio non fa distinzioni fra argomenti e tematiche, anzi, si adegua perfettamente a tutto quello che è ignoto, o su cui non si ha intenzione di approfondire. Dilemmi etici, orientamento sessuale, opinioni politiche, questioni etniche, il pregiudizio s’insinua, al pari di un patogeno opportunista, laddove le difese sono più esigue, laddove l’individuo è più vulnerabile.
Un altro concetto che riaffiora costantemente nell’immaginario di molte persone è lo stereotipo, forse la diretta conseguenza di un atteggiamento (pre)giudicante. Sempre Beller lo tratteggia come la specifica espressione linguistica del pregiudizio, almeno per quanto riguarda il contesto delle immagini dell’altro, ed è proprio nel fronteggiare gli altri che s’innescano questi meccanismi prefabbricati. Il diverso, il misconosciuto e l’incomprensibile necessitano di una spiegazione, o meglio, la nostra mente ha il terribile bisogno di includere in una categoria ben definita tutto ciò che si trova al di fuori del nostro universo di pensiero, le cui dimensioni sono alquanto variabili. I politici ladri ed egoisti, i meridionali meno inclini alla fatica se non mafiosi, lo straniero approfittatore, ma anche i proprietari delle aziende farmaceutiche assetati di potere e denaro, gli youtuber nullafacenti e i lavoratori autonomi evasori. Come un gene pleiotropico è associato ad effetti fenotipici multipli, stereotipi e pregiudizi s’incasellano bene in innumerevoli segmenti della popolazione.
Eppure i rimedi efficaci non mancano e sono alla portata di tutti, almeno in una prospettiva idealizzata, con il loro principio attivo che può essere racchiuso in una manciata di parole: informarsi e mai dare nulla per scontato o per assodato. Il sapere, la curiosità e la apertura mentale sono i pilastri di una società tollerante e scevra da preconcetti, i mezzi e i fini per non essere soggiogati o soggiogabili, risorse indispensabili a cui poter attingere in ogni circostanza. Sebbene il compartimentalizzare rassicuri e non richieda ingenti sforzi intellettivi, è solo grazie all’abbattimento delle barriere mentali che si ha la possibilità di effettuare quelle ‘valutazioni corrette’ citate da Beller. Il pregiudizio costruisce una realtà illusoria, rappresenta uno schermo, un Velo di Maya che impedisce di vedere le cose per quello che sono, e se per Schopenhauer era la Volontà di vivere lo strumento per squarciare il velo che relega gli uomini al mondo fenomenico, solo la voglia di approfondire e il rifuggire la superficialità possono forgiare degli individui consapevoli.