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I 200 anni di Baudelaire e la sfida della creatività

Da quando la vita mi ha chiamato a divenire insegnante sono sempre stato affascinato dagli studenti capaci di ribellione e creatività: non sono un amante delle classi-mummia, preferisco essere costantemente sfidato e messo alla prova rispetto alla triste compiacenza di chi scende a patti con il “potere del caso”. Forse è per questo che non posso fare a meno di provare una strana ammirazione per Baudelaire.

Quando ero alle superiori la figura di Baudelaire mi è sempre stata stretta in qualche modo: ribelle, testardo, uomo solo contro tutti. Nella mente rigida che avevo ai tempi mi sembrava l’anti-poeta per eccellenza e sicuramente qualcuno che se fosse esistito avrei voluto tenere a distanza. In tempi non sospetti invece è stato Baudelaire a venire da me e ad affrontarmi come solo un avanguardista sa fare: mettendomi in discussione. Il mio “poeta maledetto” personale è un alunno, il suo nome è Andrea, uno studente che alcuni anni fa mi sfidò apertamente “Prof io non voglio fare religione, penso sia inutile ma le do una possibilità, rimango a tre sue lezioni e poi deciderò”.  La ribellione è così, parte dal fervore dei sentimenti e dalla meraviglia dell’intelletto, ti brucia dentro e gratta via la pelle morta per chiederti vita nuova. Così il poeta padre di tutti i poeti maledetti altro non poteva che dar voce alla più recondita voglia di vita e ribellione che a un giovane il lockdown altalenante di un anno ha innescato. Quelle grida di attenzione e curiosità inascoltate oggi sono le grida di una generazione che sogna la libertà e il divertimento e anche la mia mente spesso rigida si sente a casa nei suoi versi provocatori:

Quando, come un coperchio, il cielo pesa greve
Sull’anima gemente in preda a lunghi affanni,
E in un unico cerchio stringendo l’orizzonte
Riversa un giorno nero più triste dell notti;

Quando la terra cambia in un’umida cella,
Entro cui la Speranza va, come un pipistrello,
Sbattendo la sua timida ala contro i muri
E picchiando la testa sul fradicio soffitto;

Quando la pioggia stende le sue immense strisce
Imitando le sbarre di una vasta prigione,
E, muto e ripugnante, un popolo di ragni
Tende le proprie reti dentro i nostri cervelli;

Delle campane a un tratto esplodono con furia
Lanciando verso il cielo un urlo spaventoso,
Che fa pensare a spiriti erranti e senza patria
Che si mettano a gemere in maniera ostinata.

– E lunghi funerali, senza tamburi o musica,
Sfilano lentamente nel cuore; la Speranza,
Vinta, piange, e l’Angoscia, dispotica ed atroce,
Infilza sul mio cranio la sua bandiera nera…

Non sentite l’angoscia di questi versi è impossibile. Se vogliamo celebrare un degno compleanno del poeta dei giovani e dei ribelli forse, ancora una volta, è nella creatività che dobbiamo rifugiarci: poesie, racconti, musica, video, bellezza e arte. Non siamo forse corsi a questi ripari nei giorni bui dei covid?  Seguite Baudelaire come un fratello maggiore scapestrato: imparate dai suoi errori, sognate nei suoi sogni, vivete la sua creatività, ribellatevi con il suo stile.