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The visit è la storia di una visita, una visita continua. Ting è una giovane donna che ogni mese va a trovare suo padre in carcere; ogni mese, nel tragitto che la separa dal vetro o dal televisore attraverso cui vede il padre, la giovane riflette sulla sua vita e sui suoi ricordi legati al padre e al loro rapporto. Una routine che lei stessa, a volte, pensa sia la sua condanna ma resta fedele a questa sua scelta e in appena dieci minuti di corto vediamo alcuni scorci della vita di Ting e del padre scorrerci davanti agli occhi.

Sono sprazzi di vita quotidiana semplici, sporadici ma legati l’uno all’altro grazie al rapporto che lega padre e figlia, un rapporto umanissimo, non sempre pacifico ma reso al meglio nonostante una sostanziale inespressività dei pupazzi (quanto fanno le voci e gli “atteggiamenti” dei nostri protagonisti). Il finale di questa nostra storia è poi, di una tenerezza significativa che rafforza ulteriormente quanto visto fino a quel punto.

Morrie Tan, The Visit

Opinioni da Bar su: The Visit

Ting. Fotogramma di The Visit
Ting. Fotogramma: di The Visit

Morrie Tan dirige con cura e garbo questo piccolo corto, morbido praticamente in tutti i sensi. The Visit è un film in stop motion dove i nostri protagonisti e altre pochissime comparse sono dei pupazzi di feltro che vivono in un mondo realizzato al meglio. La regia è curata, minimale e segue la nostra protagonista con garbo ma sa anche essere spietata ed ecco che a darle manforte abbiamo montaggio e fotografia; c’è un momento preciso in cui Ting crolla sotto il peso dei problemi di connessione dello schermo del carcere che non le permette di vedere e sentire a dovere il padre, è una scena che dura pochissimo ma la cui forza, nel sottile clima generale, è enorme se si considera il fatto che non si percepisce mai realmente, complice anche l’abbondante uso di colori sgargianti che aiutano ad affrontare una storia dalle molte ombre, dai molti non detti.

Fotogramma di The Visit
Fotogramma di: The Visit

Aleggiano infatti su tutto il racconto – difficile non farsi prendere dalla curiosità – alcune domande pesanti che ci si può porre guardando il corto: perché il padre di Ting è in carcere? Come mai solo Ting lo va a trovare? Perché ci sono giorni in cui lei stessa vive questo suo andirivieni come una sentenza? La storia non da alcuna risposta e, per inciso, non è nemmeno detto che Tan ci abbia mai veramente pensato, però sono tutte domande legittime e lasciano un senso di sospensione che rende la giovane Ting un personaggio davvero bellissimo; nella più rosea delle ipotesi, tutto il resto della famiglia si vergogna a tal punto delle condizioni del padre, da averlo rimosso dalla propria vita e a volergli bene e rimasta solo Ting, nella peggiore il padre ha ammazzato il resto della famiglia e, nonostante questo, la figlia continua ad andare a trovarlo (caso estremo, innegabilmente).
Domande inutili o meno, il finale è davvero il momento più tenero di questa breve storia: ci può essere ancora la voglia di giocare, di ricordare dei bei momenti nonostante tutto.