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Mahsa Amini, giovane 22enne iraniana, il 13 settembre è stata arrestata a Teheran dalla polizia religiosa. Colpevole di aver indossato in maniera impropria l’hijab, lasciando fuori qualche ciocca dei suoi capelli “peccaminosi”, è stata subito presa dalle forze dell’ordine che non l’hanno mai più rilasciata. La ragazza è stata percossa dalle autorità a tal punto da riportare una lesione cerebrale, oltre a ferite sparse. Dopo esser stata in coma, è deceduta in ospedale il 16 settembre.

Le autorità si sono professate innocenti sin dall’inizio, ma nessuno ha creduto alla loro parola. Il presidente Ebrahim Raisi alcune settimane fa ha assicurato al padre di Mahsa l’avvio delle indagini, ma non ce n’è ancora nemmeno la parvenza. Poche ore fa ai genitori è stato rifilato soltanto un rapporto medico – chissà quanto attendibile – che nega la responsabilità delle forze armate e afferma che la morte sia stata causata da una malattia.

La società iraniana ha avvertito immediatamente un profondo senso di indignazione verso una tragedia simile. Per questo motivo, prima nelle università e poi nelle strade di moltissime città si sono riversate persone pronte a battersi in nome della libertà e dei diritti, sempre più falcidiati. 

La gravissima vicenda non è stata sentita solo dalle donne, ma anche dagli uomini e dagli anziani i quali, avendo compreso che non si trattasse di un problema esclusivamente femminile, hanno fatto fronte comune schierandosi contro la repressione e la violenza del regime conservatore e misogino, ma soprattutto rappresentante solo di una parte del popolo che governa – cioè quella tradizionalista che, di fatto, ha deciso o preferito restare in silenzio.  

Gli iraniani hanno inventato lo slogan “Zhen, Zhian, Azadi” (cioè “donna, vita, libertà”) e hanno lanciato degli hashtag sui principali social per divulgare quanto sta accadendo e per far sì che cambi finalmente, davvero qualcosa in Iran ma anche nei paesi, più o meno vicini, in cui si verificano le stesse efferatezze.

Basti pensare, ad esempio, all’Afghanistan: i talebani hanno ripreso il potere da un anno e la terribile condizione delle donne, da allora, non è cambiata per niente. Eppure sembriamo aver già dimenticato tutto e l’oppressione, talvolta addirittura l’uccisione, delle donne afghane non fa più notizia, probabilmente perché tendiamo a rivolgere maggiore attenzione alle problematiche che riteniamo più vicine a noi, o perché ci rassegniamo nei confronti di determinate condizioni che, oltre a raccontare, crediamo di non poter cambiare. Entrambe le cose, però, a mio avviso sono sbagliate.

Il motore del cambiamento è proprio l’informazione e il modo migliore per non restare indifferenti e dare un aiuto è essere la voce di chi ha bisogno. Il governo iraniano, non a caso, temendo la diffusione della terribile vicenda di Mahsa, delle rivolte e delle conseguenti morti, ha ridotto significativamente l’accesso ad Internet. Tuttavia, è impossibile tentare di contenere il fiume del web perché, per fortuna, le notizie riescono sempre a rompere gli argini della censura. Proprio la trasmissione dell’informazione ha favorito la nascita di proteste di diverso tipo in varie parti del mondo. In questo modo, gli iraniani sentono il sostegno e la vicinanza necessari per non smettere di resistere; a tal proposito, in molti intonano l’inno della resistenza italiana, “bella ciao”. 

Dopotutto, non c’è molto altro da fare e intervenire è molto difficile e improduttivo: la cosiddetta “esportazione della democrazia” si è rivelata profondamente fallimentare in passato, in gran parte perché la svolta non può esser data da terzi, ma solamente dal popolo. Quest’ultimo, infatti, sta dando esempio di civiltà non solo al suo governo, ma anche ai sostenitori e sta urlando per chiedere una cosa precisa: cambiamento e libertà.

I diritti sono frequentemente ignorati in realtà sociopolitiche particolarmente complesse, fragili e reazionarie come quella iraniana. Quelli delle donne, purtroppo, sono reiteratamente minacciati anche nei paesi più avanzati. In primo luogo, è necessario comprendere che tale problema non è limitatamente femminile, quindi occorre non abbassare mai la guardia per prevenire qualsiasi regressione, infine insistere per il progresso e l’inviolabilità di questi diritti, ma anche di ogni altro.

“Non dimenticate mai che è sufficiente una crisi politica, economica o religiosa per mettere in discussione i diritti delle donne. Questi diritti non sono acquisiti per sempre. Dovrete restare vigili per tutta la vostra vita.”

Simone De Beauvoir