All of us strangers, adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo del 1987 dello scrittore giapponese Taichi Yamada, è un film scritto e diretto da Andrew Haigh. Uscito nelle sale italiane il 29 febbraio, ha ottenuto 5 nomination ai BAFTA, una ai Golden Globes e ha vinto il premio come miglior film indipendente britannico ai British Independent Awards.
La trama
La storia ruota attorno al personaggio di Adam (interpretato da un magistrale Andrew Scott) che si ritrova ad affrontare in un modo tutt’altro che scontato i traumi della sua vita passata e gli ostacoli di quella presente. Adam entra nella sua memoria come se fosse un palazzo mentale, una casa concreta (quella dei suoi genitori morti quando lui aveva 12 anni) dove rincontra chi non ha più per avere le risposte che il tempo gli ha rubato ma che il cuore continua a chiedere. Nel frattempo entra in scena Henry (interpretato da Paul Mescal) con il quale inizia una relazione che solo alla fine scopriamo essere anch’essa frutto della mente di Adam, perché Henry in realtà muore subito dopo il loro primo incontro.
Estetica e sviluppo
È un continuo andirivieni tra “sogno” e realtà, un imparare ad aprirsi alla vita isolandosi da essa e rimanendo solo con proiezioni e fantasmi, figure desiderate o respinte, necessarie e amorevoli. La me spettatrice, per quanto possa sembrare il contrario, spera che Adam non sia morto insieme ad Henry ma che lo abbia solo “accompagnato” verso la morte, imparando che l’amore non è un estraneo. Esteticamente è una pellicola curata nei minimi dettagli, con colori decisi, un’illuminazione maggiormente cupa ma sempre giusta, che esalta ogni momento che i personaggi vivono. Inoltre in questi 105 minuti viene spesso parlata la lingua del silenzio, fatta piuttosto di sguardi, movimenti lenti e paesaggi.
But like I’d always felt lonely, even before. This was a new feeling. Like a terror, that I’d always be alone now. And then, as I got older that feeling just solidified. Just a knot here all the time.
Genere
Internet lo “cataloga” come un film fantastico vista la distopia con cui vengono affrontati temi come la perdita, l’affettività, l’amore, il dolore, l’omosessualità ma in realtà è assolutamente reale. Scende nella profondità della psiche del protagonista con delicatezza ma anche con estrema verità. Non è un film d’impatto, ma è uno di quelli che ti cresce dentro fino a germogliare, fino a farti piangere a dirotto sul finale, fino ad apprezzarlo davvero una volta uscito dalla sala con la storia ancora dentro le ossa.
Il significato
Andrew Scott e Paul Mescal insieme sono meravigliosi, non ci sarebbe potuta essere coppia migliore per un dramma di questo tipo. Inutile nascondersi, è la loro presenza che ha trascinato buona fetta del pubblico al cinema, permettendogli però poi di scoprire un racconto autentico e struggente. Cosa ci lascia questo film? Fatico a verbalizzare tutto ciò che mi ha trasmesso. Non pretende di insegnare, piuttosto (forse involontariamente) ci mette di fronte a tutto ciò che di irrisolto c’è nelle nostre vite. La solitudine uccide, le ferite bisogna affrontarle e curarle con cura affinché non diventino voragini, la porta verso la vita e gli altri deve essere sempre aperta.
Per quanto ci abbia provato le mie parole non sono abbastanza. Andate a vedere questo film. Ne uscirete a pezzi ma anche pervasi da un amore privo di provenienza e pronto ad esplodere ad un vostro schiocco di dita. ♦︎