I rappresentanti dei BRICS, i 7 Paesi in via di sviluppo economicamente più dinamici, si sono riuniti a Johannesburg dal 22 al 24 agosto
Il vertice si è caratterizzato per l’apertura a nuovi componenti del gruppo: Argentina, Iran, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Etiopia ed Egitto. Dal 2010, anno di ingresso del Sud Africa, nessun altro Stato era riuscito a ottenere l’invito a entrare nel gruppo. Altra novità rispetto alle passate riunioni l’assenza del presidente russo Vladimir Putin. Il leader sovietico ha dovuto partecipare all’incontro in videoconferenza a causa dell mandato di arresto internazionale che pende sul suo capo. La distanza non ha comunque impedito al presidente russo di pronunciare il suo discorso contro l’Occidente. Putin ha ribadito la colpa dell’Ucraina e dei Paesi occidentali per il protrarsi della guerra. Stallo che tuttavia non piace agli altri membri dei BRICS, le cui economie sono state rallentate proprio a causa di questo conflitto.
Cina vs India
Il presidente Xi Jimping si è lanciato in un discorso carico di retorica. Al centro l’importanza di una collaborazione fra i Paesi membri del BRICS per promuovere lo sviluppo economico e la pace. Il leader cinese ha sottolineato come lo sviluppo sia un diritto di tutti e non solo dei più ricchi, rivangando un tema caro ai così detti Paesi del Sud del Mondo. Il suo intervento è stato però rapido, come la sua presenza al vertice. Il primo giorno ha saltato il business forum, delegando a suo rappresentante il ministro del commercio Wang Wentao. La Cina, infatti, ha ben altri problemi interni da gestire in questo momento, con la ripresa post pandemia più lenta delle aspettative e la recente crisi del settore immobiliare. Inoltre, i rapporti tra il Dragone e il vicino indiano sono tutt’altro che distesi.
Mai uno sguardo tra i due leader Xi e Narendra Modi, presidente dell’India. Evitati più che mai i contatti e la vicinanza. A porsi fra i due, quasi in veste di paciere, appare sempre il presidente del Sud Africa Cyril Ramaphosa. L’amarezza della Cina per il periodo che sta attraversando ha probabilmente trovato ulteriore alimento nel successo della prima missione spaziale indiana. E se il Dragone si presenta al vertice con le ali rotte, l’India appare in forma smagliante. Una delle economie più brillanti in quanto a crescita negli ultimi anni, le recenti immagini in diretta dell’atterraggio sul polo sud lunare del modulo indiano e i successivi festeggiamenti per il grande successo: Modi non può che esaltarsi e raffigurarsi come il vero esempio da seguire per i Paesi in via di sviluppo.
Pro o contro l’Occidente?
Il vertice di Johannesburg doveva anche servire ai BRICS come palcoscenico per mostrare al resto del mondo la loro forza. L’obiettivo delle economie emergenti è quello di raggiungere e, magari un giorno, superare l’attempata macchina produttiva occidentale. Un traguardo da sempre bramato da Cina e Russia, le due potenze che più di tutte vogliono creare un gruppo contrapposto al G7. Non tutti i Paesi in via di sviluppo, però, sono concordi a tagliare del tutto i ponti con l’Occidente. Questa atmosfera di rivalità geopolitica da guerra fredda non piace a chi sta cercando di crescere economicamente e trovare il suo spazio: per favorire lo sviluppo servono gli accordi e le collaborazioni, non i conflitti.
Per Brasile, India e Sud Africa la scelta di una contrapposizione netta con Europa e Stati Uniti sarebbe troppo drastica. Piuttosto che decidere di stare da una parte o dall’altra dello schieramento, i tre Paesi, come molti altri nel mondo, preferiscono lo scambio e il dialogo con tutti. Questo è uno degli aspetti che ha reso il vertice sudafricano meno dirompente di quanto ci si aspettasse. Lo scontro di interessi e idee fra i vari membri del ‘club’ è ancora troppo forte per farne un gruppo veramente coeso e rappresentare un pericolo per il G7.
La guerra al dollaro: una reale minaccia per l’Occidente?
Altra voce all’ordine del giorno del summit la maggior indipendenza dal dollaro. Trascinati dalle parole di Xi, i Paesi del Sud del Mondo si sono impegnati a incrementare gli scambi in moneta locale, evitando pagamenti in dollari. Inoltre, il presidente brasiliano Lula ha lanciato le proposte di introdurre una moneta unica per i membri dei BRICS e creare istituzioni finanziarie apposite. Tutto questo per evitare, ancora una volta, di essere troppo vincolati al mondo occidentale, ed evitare così le ripercussioni delle sanzioni internazionali.
Al momento il sogno di una moneta unica BRICS pare tuttavia molto lontano dal realizzarsi. Sono ancora troppe le differenze e i contrasti fra questo multiforme assortimento di Paesi. Diverse sono le forme di governo, così come le culture e le situazioni economiche e sociali interne. Inoltre, come detto, fra gli stessi membri non sempre i rapporti sono così distesi. Tutto ciò comporta che i BRICS non possano ancora competere con il G7 in quanto a gruppo forte e coeso e non possano ancora rappresentare una minaccia al sistema occidentale.
La macchina economica e politica dell’Occidente sta mostrando di avere ingranaggi arrugginiti, questo è indubbio. D’altra parte, il dinamismo e la forza di volontà dimostrata da Paesi sottosviluppati che vogliono uscire dalla loro situazione e crescere non possono che servire a sgranchire un sistema forse ormai obsoleto, inadeguato ai tempi. L’Occidente deve guardare alle economie in via di sviluppo come a un’opportunità di miglioramento anche se stesso, una possibilità di avere nuovi partner con cui affrontare i problemi che il presente e il futuro stanno mettendo in luce. Lasciarsi contagiare dall’entusiasmo di Paesi che stanno iniziando solo ora a crescere potrebbe essere la soluzione per oliare un motore che da tempo sembra essersi inceppato.
Illustrazione di Luca Saroglia