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Tratto dal racconto breve di Haruki Murakami, Granai incendiati, Burning (nella versione italiana L’amore brucia) è il sesto lungometraggio del regista sudcoreano Lee Chang-dong, già Prix du scénario a Cannes 2010 con Poetry.

Burning, la recensione

Burning racconta lo squarcio che si apre nella vita di Jong-su, giovane squattrinato con velleità da romanziere, quando rincontra una vecchia amica d’infanzia, l’eccentrica e stralunata Hae-mi, della quale finisce presto per innamorarsi.

Ma le aspirazioni di Jong-su cominciano a sgretolarsi il giorno in cui Hae-mi gli presenta un amico conosciuto durante un breve viaggio in Africa: c’è infatti una grande differenza tra Ben (interpretato da Steven Yeun), il cosiddetto terzo incomodo, e il protagonista. Il primo è un ragazzo benestante, enigmatico, una sorta di giovane Gatsby coreano, che vive in un quartiere esclusivo di Seul e guida una Porsche. Il secondo è tutto l’opposto: campa di lavori saltuari, ha una situazione familiare difficile, e abita talmente vicino al confine con la Corea del Nord che da casa sua si possono sentire distintamente i messaggi propagandistici diffusi da Pyongyang.

Fotogramma de: Burning - L'amore brucia © 1957 Lee Chang-dong/CJ Entertainment, Universal Pictures
Burning – L’amore brucia © 2018 Lee Chang-dong/CJ Entertainment, Universal Pictures

Tema caro alla filmografia sudcoreana, in Burning la lotta di classe si traveste da rivalità in amore, ma rimane il vero perno narrativo attorno cui ruota la pellicola. Il triangolo amoroso ‘Lui-Lei-l’Altro’, che mai si consuma, non è che il tentativo del regista, perfettamente riuscito, di mostrarci la dicotomia tra poveri e ricchi, e come questi due mondi possano solo apparentemente convivere. Basta un nonnulla, infatti, un semplice sospetto, come quello che si instilla nelle mente di Jong-su dopo l’improvvisa scomparsa di Hae-mi, per accendere un conflitto tesissimo, a tinte noir, in cui si intrecciano ambiguità, allusioni e non detto.

Ma Burning non è soltanto lotta di classe. È l’impossibilità di un futuro. Il racconto di una Corea del Sud precipitosamente occidentalizzata, il ritratto di una gioventù inchiodata alla miseria. Un elogio del silenzio, dell’imperscrutabilità delle cose, delle domande senza risposta. Una potente riflessione sulla narrazione. E su quale sia, oggi, il ruolo che hanno le storie nella nostra vita.

VOTO ⭐⭐⭐⭐⭐/5