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“Prende milioni. Dovrebbe essere un professionista. Il suo atteggiamento è irrispettoso. Non si riprenderà più, non possiamo più aspettarlo”. Tutte queste frasi appena citate sono state attribuite nell’ultimo periodo allo stesso personaggio: Josip Ilicic. Si parla dei calciatori come persone privilegiate, ed è vero, ma non per questo estraniabili da ogni contesto e da esentare da ogni tipo di giustificazione. Viene prima la persona.

Ilicic si è spento, di nuovo. In molti sanno del periodo buio che visse il calciatore sloveno in seguito alla prima ondata del covid. Un fardello troppo pesante da portare per il suo animo sensibile, che l’ha portato a rinchiudersi in se stesso e a cadere in una sorta di depressione. Beh quello che migliaia di appassionati speravano di non rivedere più sta riaccadendo. In pochi però conoscono la vera storia del classe 88′.

Josip nasce durante le guerre jugoslave in Bosnia ma è di origini croate per mezzo della madre e del padre. Lo stesso padre che perderà all’età di 7 mesi. In situazioni economiche disastrose la famiglia si trasferisce in Prijedor, paese della Bosnia serba, e lui diventa cittadino sloveno. Lui e il fratello maggiore si rifugiano allora nello sport e più precisamente, nel calcio.

Ilicic inizia quindi a giocare in Slovenia e arriva fino alla Serie A slovena, con il Maribor che ne acquista le prestazioni nel 2010. Proprio qui viene visto dal Palermo e portato in Italia proprio dalla società siciliana. Si notano subito le sue doti. Un immenso talento ed una classe sopraffina, ma solo a sprazzi. Lo sloveno è infatti molto discontinuo, capace di giocare partite da top-player alternate a partite completamente anonime. Nel 2013 viene acquistato dalla Fiorentina con la quale giocherà fino al 2017, fino alla firma con l’Atalanta. Proprio a Bergamo trova continuità di prestazioni grazie a Gasperini e ad un gruppo giovane e coinvolgente.

Tifosi e appassionati hanno ammirato in questi anni un giocatore straordinario, capace di regalare giocate mozzafiato con continuità; dimenticandosi però che dietro c’è un uomo. Un uomo che ha visto tanta sofferenza sin dai suoi primi giorni di vita. La stessa sofferenza che non è mai realmente andata via. Si è nascosta dentro di lui e due anni fa, difronte al degrado portato dalla pandemia, è tornata a bussare alla porta dello sloveno. Beh lui è riuscito a riemergere dall’abisso in cui era sprofondato, ma adesso ci è ricaduto. Siamo abituati a vedere vite perfette e ci convinciamo che siano reali, ma ci dimentichiamo di quanto una persona, come tale, può sentirsi fragile davanti a certe situazioni. Josip sta mostrando chi c’è dietro a quel giocatore incredibile che tutti vediamo. Una persona umana, che può soffrire e che deve essere aiutata, non essere lasciata indietro.

Come ha detto il suo allenatore nel post-partita di Lazio-Atalanta:” La testa è una giungla, ma aspetteremo sempre l’uomo”. Ti aspetteremo Josip, sempre.