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400 manifestanti filo-Bolsonaro hanno assaltato i centri del potere a Brasilia, facendo rivivere quanto accaduto a Washington
Bandiera Brasiliana

Nella giornata dell’8 gennaio, più di 400 persone hanno assaltato il palazzo presidenziale, il congresso e la corte suprema di Brasilia.

Si tratta di ferventi sostenitori dell’ex presidente Jair Bolsonaro, accorsi da diverse zone del Brasile. Da giorni, ormai, si erano radunati nella città per manifestare contro il nuovo governo del presidente Lula.

Un attacco al centro del potere brasiliano che l’esercito è riuscito a contrastare, non senza drammatiche conseguenze. Sono quasi 50, infatti, i feriti finora accertati.

Un episodio che fa certamente tornare alla mente quanto accaduto due anni fa negli Stati Uniti.

Era il 6 gennaio 2021 e una folla di manifestanti filo-trumpiani, rifiutando di accettare la vittoria del nuovo presidente Biden, assaliva Capital Hill.

Anche se i paragoni vanno sempre fatti con la dovuta cautela, sono molti gli elementi in comune fra le due vicende.

Primo fra tutti e più importante, il grave colpo assestato alla democrazia.

Le persone si sono, infatti, dimostrate pronte a utilizzare la violenza contro le istituzioni pur di fare valere la loro preferenza. E hanno calpestato e saccheggiato, in entrambi i casi, i simboli stessi della democrazia.

Inoltre, in Brasile come negli USA, viene messo in dubbio l’esito delle votazioni, proprio uno degli strumenti rappresentativi della libertà democratica.

La grave sfiducia delle persone nelle istituzioni

A dominare la scena è, sempre più, la sfiducia del popolo nei confronti dell’apparato politico. E questo malgrado vi siano organi indipendenti deputati proprio al controllo dei voti che hanno confermato la loro regolarità.

Medesima sfiducia accreditata anche agli organi di informazione che a Brasilia, come a Washington, la gente ormai critica da tempo e accusa di trasmettere false notizie.

I manifestanti brasiliani, tra l’altro, hanno preso di mira alcuni giornalisti.

Infine in entrambi i contesti si deve accertare il ruolo del presidente uscente nell’aizzare la folla nell’organizzare l’assalto contro il rivale.

Bolsonaro ha criticato il gesto dalla sua casa a Orlando, in Florida, dove si è rifugiato dopo aver perso le elezioni.

Ma di certo vi è qualcuno dietro la mobilitazione di centinaia di persone da tutto il Brasile e l’organizzazione dei pullman che li hanno portati nella capitale economica dello Stato verde-oro.

Adesso le autorità sudamericane hanno chiesto agli Stati Uniti di estradare l’ex presidente.

Unico punto che si può definire positivo, in comune fra i due eventi, il fatto che l’esercito abbia respinto l’assalto e non si sia schierato dalla parte dei manifestanti, malgrado le forti pressioni di questi ultimi.

Quale futuro per la democrazia

Le indagini sono appena iniziate in Brasile e, per il momento, l’unico ad aver subito le conseguenze del gesto dei bolsonariani è stato il governatore di Brasilia, cacciato dal suo posto.

Anche questa volta la democrazia ha retto, ma ne esce minata nelle fondamenta.

Si vedrà, adesso, se il presidente Lula sarà in grado di governare secondo il suo disegno o se dovrá piegarsi ai molti sostenitori di Bolsonaro che ancora occupano posizioni di rilievo.

La democrazia, sia nel Nord che nel Sud dell’America ha retto, è vero. Ma a quale il prezzo solo il futuro potrà dirlo.