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Cari ragazzi (o meglio, cari compagni di vita),

stiamo cercando di “ripartire in sicurezza”. Quante volte avete sentito il Premier Conte usare questa espressione nelle scorse settimane? Eppure, miei studenti ideali, voi al sicuro non vi sentite, anzi. Ho 25 anni e pochissima esperienza come insegnante, la maggior parte dei miei anni di scuola li ho vissuti da alunno e so bene tanto quanto voi che lei, quell’edificio spesso fonte di ansia e stress, tossica (come spesso la definite sui social) a tratti vi attira e a tratti vi manca. È il classico “odi et amor ” tipico dei luoghi che ci proteggono e ci amano. Pensate al rapporto difficile con i genitori che vivete durante l’adolescenza, allo scoppiare improvviso di litigi tra amici o fidanzati/e. I luoghi in cui dovreste sentirvi a casa spesso vivono di ambivalenza, ma adesso questa ambivalenza vi manca. La scuola ci chiama alla vita, l’appello del mattino vi ricorda che siete un viso, un volto e una storia ma quando a farlo è una voce grattata dalla scarsa connessione del PC non è più la stessa cosa. Non possiamo guardarvi negli occhi, scrutare le vite, amare le sofferenze, educare i cuori e le menti lasciando che i vostri racconti sempre interessanti di motori, calcio, relazioni tempestose, serie Netflix e difficolta famigliari facciano breccia nella scuola, nei consigli di classe, nel nostro volervi ascoltare ed accogliervi in un posto che non è di noi insegnanti, ma di voi studenti. Ma voi al sicuro lì dentro non vi sentite più. Sono di questi giorni i dati relativi all’abbandono scolastico sempre più galoppante e stiamo realizzando come ci stiamo lentamente perdendo a vicenda, senza accorgercene, e noi non possiamo che dispiacercene. Dove costruirete la vostra vita adesso? Che ne sarà dei vostri sogni lucidi tanto reali da emozionarci? Cosa ne sarà delle battute e degli scherzi se anche quest’anno saremo costretti a vederci su uno schermo?

“In presenza” non è solo vedersi, è esserci con tutto sé stessi: assonnati, distrutti da chat durate fino alle 2, da video Youtube di indiani che costruiscono piscine o da abitudini alienanti adottate in un momento in cui il vuoto vi mangia dentro (sì sto dicendo a te, ipotetico studente). “In presenza” è esservi vicini, anche quando basta uno sguardo a capire che qualcosa non va, anche quando il lavoro vi sembra troppo o l’ansia dei debiti vi attanaglia lo stomaco e vi fa tremare la voce. Sembrerà una scuola ideale questa, in realtà dovrebbe essere il nostro ideale di scuola, un luogo che sa di custode del sapere donato e dei saperi con cui già arrivate dalle vostre vite, i talenti nascosti che sbocciano proprio negli anni dell’adolescenza. Non far ripartire la scuola, non gestire i trasporti pubblici come si deve, spezzare i gruppi classe e spaccare a metà i legami vi sta svilendo e snervando. Sappiate che vi capiamo.

Non vi parlerò di rendimento, di voti, di medie e promozioni. Non ne avete bisogno, sapete benissimo come funzionano queste cose. Vi sto chiedendo di aver il coraggio dei vostri sogni rinchiusi in una camera da letto da troppo tempo; molti vi diranno che siete il futuro, invece siete il presente (in entrambi i sensi, temporale e il presente come dono) per cui, vi assicuriamo, stiamo cercando di fare del nostro meglio. Nel mezzo di questa tempesta non arrendetevi, non lasciatevi andare, state con noi; non possiamo risolvere una pandemia, siamo solo trasmettitori di sapere ricevuto e che a nostra volta vi regaliamo, ma possiamo assicurarvi che, quando tutto questo finirà, noi saremo lì ad aspettarvi sperando che la scuola abbia trovato il modo di abbracciarvi, senza stritolarvi, almeno questa volta.

Sarà poco professionale ma vi vogliamo bene e speriamo con voi.

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