Skip to main content

Un monologo teatrale

Emilio, un ragazzo di venticinque anni, è da solo. Il pavimento del palco è interamente coperto di vasi di fiori, come l’interno di un fioraio. Lui si fa spazio tra questi mentre parla, li coglie e ne compone dei piccoli mazzi.

Comincerò dalla fine, sì.  Ecco, un noto scrittore a me caro diceva che le certezze sono un inganno, un modo di fermarsi, e che il dubbio è il motore del pensiero. 
Nel suo famoso “Cavaliere” dice anche “Ogni certezza è, per il pensiero, un passo indietro, una rinuncia”. Ed ecco certo io sempre mi sforzo di seguirlo ma qualche giorno fa, lo ammetto, ho sentito l’enorme necessità di comporre una lista di piccole cose della mia vita di cui sono certo. Spero sarò perdonato.

Era sera e stavo tornando a casa dopo una cena con degli amici. Marco aveva parlato per metà della serata di un, a quanto pare famosissimo, test sull’orientamento sessuale, il test della scala Kinsey. In pratica una sfilza di domande più o meno articolate riguardo a che persone guardi in pubblico, come ti senti all’idea di baciare qualcuno del tuo stesso sesso, se ti piacciono i fiori, gli alberi, i gatti, se ti senti più a tuo agio a socializzare con persone del sesso opposto o del tuo stesso sesso, se ti piacciono i cani, che tipo di situazioni intime immagini, e poi se preferisci le rane, i rospi o le giraffe….
insomma, alla fine ottieni il tuo orientamento sessuale sotto forma di pallino nero incastonato tra quattro quadranti:

eterosessuale,   omosessuale,

asessuale,         bisessuale.

momologo teatrale illustrazione astratta

E dunque? Dunque niente di nuovo per me, io di essere omosessuale già ne ero al corrente. Da bambino volevo fare il fioraio e certo si sa che i fiori sono una cosa da ragazze oppure beh, da gay. A Marco però è uscito un risultato che non si aspettava e ha cominciato a farsi infinite domande.
Ci ha trivellato il cervello per venti minuti in pizzeria, scosso dall’incertezza.

Allora tornando a casa ho pensato che alla fine, di ciò che ci piace e soprattutto di chi ci piace forse non si può mai essere del tutto certi nella vita. Che ci piaccia una tipologia? Uno schema? Un genere? Non riesco a confermarmi in questa idea. Perché l’eccezione, la persona, il dettaglio, perché la voce, gli interessi… 
Che queste minuscole scatole in cui ci infiliamo e ci identifichiamo finiscano per ingannarci? Che quel mio 10% di eterosessualità venga un giorno a bucarmi a coltellate la scatolina di legno che mi sono delicatamente intagliato negli anni? 

Emilio lega con un nastro tre piccoli mazzi che ha appena concluso e li appoggia sul bordo del palco. Ogni mazzo è solamente di cinque fiori.

Non sono amico delle sentenze sia chiaro ma io ho sentito, ho visto negli occhi del mio amico una paura massima: quella di starsi ingannando. Che alla fine, fa molta più paura dell’idea che qualcuno ti inganni.  No? Almeno a me. 

Il ragazzo tira fuori da una tasca dei pantaloni un quadernetto e ne sfoglia un paio di pagine.

Allora quella sera mentre camminavo e si alzava un madornale vento, io mosso nel mio mare ho preso questo quaderno e ho provato a pensare a piccole certezze che nella vita ho, alle più salde che potevo immaginare in quel breve tragitto, fino al portone di casa. 
Emilio si ferma su una pagina e legge una lista tenendo il taccuino in una mano mentre con l’altra sceglie altri fiori e li appoggia per terra sempre a gruppi di cinque.

E ho scritto: 
– L’amicizia sincera, quella che quando sono distante sento che sto bene e nessuno mi manca per poi accorgermi, quando lo rivedo, che invece un amico mi è mancato

– I mostriquelli dei cartoni, quelli con il cuore dolce tipo Stitch o Sullivan di Monster&Co ma anche gli altri tipo King Kong, Joker, i Roggwart di Star Wars e le piante carnivore sono una certezza.  Così come le persone-mostro, quelle che mi spaventano, quelle un po’ schive, le arroganti, le saccenti, le non gentili. Mi affascinano tutti i tipi di umano bestia: dai più moccolosi e puzzolenti ai più chic ed eleganti che ho incontrato fin ora.                                                                            
Pure per i miei poi, di mostri, provo una qual certa certezza; sono tanti e se ne stanno tutti insieme nella mia testa che alla fine è solo un ottavo del mio corpo. Saldi come poche altre cose

– Le emozioni, che sempre mi sforzo di ascoltare. Perché sono il ponte che permette a me, te e tutti gli altri di scoprire chi siamo

– Il calcare nell’acqua di casa mia

– Il silenzio non esiste. Perché in ogni luogo silenzioso sempre ci accompagnano i silenziotti, piccoli esserini che compongono i diversi rumori del silenzio, in base all’ambiente in cui ci troviamo

Ora nel “silenzio” si appoggia a terra e lega con due mani gli ultimi mazzi che ha composto, poi, li porge ad alcuni spettatori guardandoli.

Ecco, ora vi invito a pensare, sulla strada di casa, a cinque almeno vostre piccole certezze, una per ogni fiore del vostro mazzo. 

Le luci si spengono ed Emilio fugge dietro le quinte. ♦︎