Il Culto Mariano agreste e la figura di San Mocio (o Mozio), santo e martire del IV secolo d.C., due figure cristiane tutelari ed a protezione della campagna

Il mondo rurale cristiano occidentale, come quello orientale all’epoca dell’Impero Romano d’Oriente, è stato caratterizzato durante il Medioevo da una profonda radicazione della figura della Santa Vergine Maria. Si trattò, durante l’epoca alto medievale di un elemento cristiano «di congiunzione e mediazione» fra l’assolutezza impermeabile della santità di Dio e la mestizia nella quale erano dispersi gli uomini secondo una certa teologia millenaristica tipica di quell’epoca. La figura di Maria, madre di Cristo, ma donna in tutto simile agli uomini ed alle donne terrene fuorché per il peccato, in lei assente, favoriva ed addolciva il rapporto, altrimenti troppo arduo da sostenere, fra l’umanità cristiana peccatrice e Dio. Per questo motivo, oltre ad una naturale propensione da parte delle popolazioni pagane, o divenute ariane, nell’assorbire la figura della mater come adatta alla propria cultura, la figura di Maria ebbe grande successo e diffusione in quanto a dedicationes di chiese e cappelle.

Ripercorrendo a rapidi passi la storia del culto mariano, si potrebbe sostenere come tale figura goda di limitata presenza all’interno dei vangeli sinottici; essa, inoltre, non fu oggetto di diffuso interesse teologico in seno alla tradizione patristica di epoca paleo-cristiana.

All’interno dei quattro vangeli riconosciuti dal Canone, Maria è raramente nominata e, quando essa è presentata nella narrazione, le parole pronunciate da Cristo nei suoi confronti non permettono di apprezzare l’esistenza di un rapporto univocamente favorevole fra i due. Al contrario, Gesù, in alcuni passaggi, pare volere allontanare la sua famiglia di nascita al fine di riconoscere come familiari e fratelli solo coloro che lo avessero seguito nei suoi insegnamenti e che potessero accettare la corretta visione della fede in Dio. In dettaglio, appare molto significativo il passo tratto dal Vangelo secondo Luca (Lc 8, 19-21), nel quale viene scritto come a Gesù fosse stata annunciata la presenza della madre e dei fratelli, forse in seguito ad un suo discorso, ma questi avesse risposto perentorio: «Mia madre e i miei fratelli sono coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica». Con buona probabilità, e tenendo conto degli studi sui secoli paleo-cristiani condotti dal professor Gianotto, l’ostilità che, a tratti, è possibile notare all’interno dei vangeli nei confronti di Maria e dei fratelli di Gesù sarebbe da imputare alla comparsa, in seguito alla crocifissione di Cristo, di differenti partiti in seno alla comunità proto-cristiana, terribilmente e parossisticamente scossa in seguito alla resurrezione del Messia. Da un lato vi furono quelle formazioni di fedeli provenienti dalle scuole evangeliche, coloro che svilupparono la tradizione dei vangeli canonici, e di Pietro; mentre dall’altro lato vi furono i partiti definiti da taluni come giudeo-cristiani ancorati alla fede giudaica, fra i quali si annovera la presunta famiglia di Gesù.

Si tenga sempre conto che sarebbe un grave errore considerare il primo Cristianesimo, all’epoca di Cristo e delle prime chiese cristiane in Terrasanta ed in Anatolia, come una religione indipendente dal Giudaismo. Al contrario, si trattò della situazione sincretica ed in via di strutturazione del cosiddetto giudeo-cristianesimo, una corrente capeggiata dai successori di Cristo che lentamente iniziò a svicolarsi dall’Ebraismo in particolare all’epoca di San Paolo.

La cultura mariana ebbe, però, un certo impulso durante il II secolo d.C., quando alcuni autori iniziarono a riferirsi a questa figura, prima scarsamente documentata, come la Madre di Dio, titolo, come si può notare nel nome della cappella posta qui vicino, che prese a diffondersi e divenne la principale forma atta a denominare Maria. Il riconoscimento ufficiale da parte della Chiesa d’Oriente della figura di Maria quale madre di Cristo avvenne in seguito il primo concilio ecumenico della storia cristiana, il Concilio di Nicea (325), fortemente voluto e caratterizzato dall’eminenza grigia del grande imperatore romano Costantino in seguito alla riunificazione delle due parti dell’Impero e alla vittoria su Licinio, Imperatore d’Occidente, nel 324.

Il definitivo successo della figura mariana all’interno del dibattito cristologico avvenne in seguito al Concilio di Efeso (431). In questa circostanza, essa venne definita Theotókos, ovvero «progenitrice di Dio». Inoltre, grazie alla vittoria delle teorie pre-miafisite proposte da Cirillo di Alessandria (riconosciute però come fondamentali dalla tradizione della Chiesa Cattolica) contro Nestorio, il quale vedeva in Dio due entità distinte in Padre e Figlio (difisismo) e concepiva il culto mariano come un’idolatria nota come mariolatria, la figura di Maria prese a diffondersi con successo tanto in Occidente che nell’Oriente cristiano.

Il periodo storico dal quale proviene la tradizione riferita a Maria più diffusa nel mondo agreste della campagna europea è quello dell’Alto Medioevo, in modo particolare fra l’epoca dei grandi concili cristologici e la discesa di Filippo III il Nero in Italia (1046) e la successiva riforma del XI secolo, nota anche come Riforma Gregoriana. In questo periodo, la Madonna (mia signora) diventò parte fondamentale del culto e della liturgia cristiane, oltre che principale veicolo di trasmissione fra l’umanità e Dio. Inoltre, in risposta alle sopracitate esigenze di culto, si amplificarono le feste, in modo particolare popolari, dedicate a Maria e divennero canonici i dogmi in relazione all’Immacolata Concezione (essa vide in Sant’Agostino non il primo, ma il principale promotore, nonostante l’ufficializzazione risalga al 1854) ed al Parto Verginale (II Concilio di Costantinopoli, 553).

È proprio durante l’Alto Medioevo che Maria giunse ad essere considerata la madre di tutti gli uomini, come forse fecero per prime le popolazioni barbariche convertite al Cristianesimo, e non solamente come una figura strettamente legata alla natività di Cristo. La passione di Gesù e la sofferenza di Maria quale madre diventarono i simboli cristiani più struggenti e universali al fine di concepire la pietas cristiana e il ruolo materno della Domina.

Ritornando alla cappella della Mater Christi, è da analizzare il ruolo prominente che questo tipo di costruzioni dedicate alla Madonna, le quali punteggiavano la campagna fin dai tempi medievali, avevano ed hanno continuato a mantenere nel corso dei secoli, nonostante la cappella in questione sia stata edificata su espresso desiderio dalla famiglia Bruno nella seconda metà del 1800. Si tratta di costruzioni improntate, in principio, alla difesa religiosa e nominale della cristianità di fronte al pericolo che fin dai tempi delle grandi conversioni dei popoli barbari caratterizzava la natura e la campagna: il paganesimo e la difficoltà della Chiesa nel convertire quelle porzioni di territorio più isolate e avulse dalla circolarità ecclesiastica delle città e dei centri monasteriali. Fu, in prima battuta, proprio questa la motivazione alla base della capillare diffusione di santuari e cappelle dedicate a Maria, ed in Oriente dedicate ad un santo e martire bizantino del IV secolo d.C. che risponde al nome di San Mocio (o Mozio), nella campagna e nei luoghi silvani.

La Mater Christi possedeva, infatti, un duplice valore: da un lato si trattava di una figura adorata dai ceti popolari e sempre percepita come intermediaria prediletta nelle preghiere fra uomo e Dio. In secondo luogo essa possedeva un ruolo specifico nella sacralizzazione e nella protezione di una campagna, di una terra coltivata e della cascina: si tratta quasi certamente di un’usanza dimentica dell’antica esigenza cristiana di difendersi dal paganesimo e dall’idolatria diffusi nelle aree scarsamente civilizzate, ma, nonostante questo, tale usus possedeva dentro sé i caratteri di sicurtà e di protezione dalle forze del male che il culto per la Madonna non abbandonò mai.

Il culto di San Mocio, in passato il santo e martire più venerato a Costantinopoli e nell’Oriente Cristiano ortodosso, rispose alla medesima esigenza religiosa e spesso fu posto in vicinanza di Maria nell’atto di combattere il male e schiacciare l’idolatria del paganesimo, questione di notevole pregnanza all’epoca dell’Imperatore Teodosio e della sua stirpe (IV-V secolo), anni in cui il culto del santo era diffusissimo. Non a caso San Mocio, tutt’ora, appare caratterizzato, in Oriente, da un autorevole e straordinario potere nella dissoluzione delle idolatrie pagane e nel combattere le forze anti-cristiane.

Mocio, nato probabilmente nella metà del III secolo in Macedonia, divenne sacerdote e predicò la Parola di Dio fra Anatolia e Macedonia fintanto che venne denunciato e arrestato dai romani nel 303, all’epoca dell’Impero di Diocleziano. Il santo venne interrogato ed, in seguito al sua mancato rifiuto del Cristianesimo, venne fustigato, ma egli non diede segni di arrendevolezza. Avvenne, poi, il primo miracolo quando fu portato al tempio di Dioniso e il simulacro del dio pagano andò distrutto quando Mocio si fece il segno della croce. Gettato in un forno in seguito alla condanna per blasfemia e magia, egli non bruciò, ed in questo modo ebbe luogo il secondo miracolo ad egli attribuito. Il santo, allora, venne dato in pasto alle fiere nell’arena e qui si compì il terzo miracolo, poiché queste, invece di divorarlo, vennero mansuete a leccargli le ferite. Condannato ad essere decapitato, il martire perse infine la sua vita, ma una voce celestiale lo accolse fra i santi del Paradiso, mentre il suo corpo fu, secondo il Martirologio Romano, sepolto fuori Bisanzio, in luoghi isolati e campestri, divenuti caratteristici della sua figura. In seguito, forse per volere di Costantino, fu eretta una cattedrale che rimase per diversi decenni la principale chiesa di Costantinopoli, almeno sino all’epoca della seconda costruzione di Santa Sofia.

Il ruolo che ebbe San Mocio rispetto alla distruzione della statua di Dioniso ci riporta alla raffigurazione di Maria nell’atto di schiacciare il serpente, il male. Ecco, proprio nella loro capacità di distruggere l’anticristo e l’idolatria, Maria e San Mocio debbono essere visti in sintonia ed in comunione nel sacralizzare i luoghi precedentemente non cristiani quali la natura ed il bosco, in passato visti come luoghi ove la legge di Dio non aveva seguito.

Secondo alcune tradizioni orientali di epoca tardoantica e medievale, infatti, le due figure dovrebbero costituire un dittico nell’ambito della dedicatione di una chiesa o di una cappella posta in una zona naturale e addirittura, la cappella dedicata alla Mater Christi, essere sintesi di un duplice culto di Maria e di San Mocio.

Anche alla base dell’edificazione delle cappelle mariane nelle campagne nostrane, quali la cappella di Mater Christi dei Bruno, dovette esserciil tradizionale ruolo di sacralizzazione e protezione che vedeva in sintonia le figure della Madonna e di San Mocio. È però probabile che, trattandosi di un culto antico e per giunta tipico dell’Oriente, i fautori della cappella dei Bruno non possedessero la consapevolezza del ruolo avuto da San Mocio nell’ergersi, a fianco di Maria, in opposizione alle idolatrie del Tardoantico e nella protezione dei luoghi silvani.

Nonostante questo, il ruolo tutelare e la potenza espressiva, nel mezzo del verdeggiare della splendida campagna che domina e decora l’antica via del Gius, rappresentati dalla cappella della Mater Christi, mi pare che dimostrino a mani protese il valore iconografico, perdurato oltre quindici secoli, della tradizione di benedizione e patrocinio di cui sono intrise e sempre legate le figure della Madonna e di San Mocio martire.

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