Con la vittoria ai danni della Francia (che ci rende tutti puliti dentro e belli fuori) la band romana riporta l’Eurovision nel Belpaese dopo 31 anni, non senza polemiche da clickbait e i complimenti dei Franz Ferdinand.
Se si pensa che l’ultima vittoria italiana all’Eurovision risale al 1990 con “Insieme: 1992” di Toto Cutugno, oltre a un mezzo infarto, ci si può fare un’idea della nostra qualità musicale negli ultimi 30 anni. I motivi sono presto detti. Mentre nel resto d’Europa (per non parlare degli Stati Uniti) imperversava uno spirito di rinnovamento per proseguire una strada già ben avviata nel secolo scorso con il rock inglese e l’elettronica francese-nordico-tedesca, noi abbiamo deciso amorevolmente di proseguire con un pop melodico che non rompesse troppo le palle alle case discografiche, riconoscibile, melenso e squisitamente familiare all’ascoltatore medio italiano, lobotomizzato da Laura Pausini, Il Volo, mezzo repertorio talent & company (perché no, ci mettiamo anche Pupo con Emanuele Filiberto). In pratica, tutto l’elettorato di un partito sanremese che troppe volte è stato giudice sbagliato di fior fior di aborti musicali che in Europa non avrebbero trovato fortuna nemmeno tra i nudisti olandesi in mezzo ai campi di tulipani.
Ci volevano quattro ragazzi romani (una femmina più tre maschi, non sia mai che insorgano Cimdrp o simili) con la ricetta musicale più vecchia del mondo per battere un colpo e far vedere a tutti che l’Italia non è solamente pizza e mandolino, ma anche glam, ambiguità e benedetta giovinezza.
E dire che si è fatto di tutto pur di non riconoscere ai Måneskin e all’Italia intera una vittoria che ci serviva come il pane, anche solo per aprire quella porta musicale di cui ha parlato spesso il caro Manuel Agnelli, sicuramente compiaciuto per i suoi adepti. Polemiche d’oltralpe e critiche da chi solitamente ascolta trap surgelata sui banconi italiani, brutta copia di quella americana, un’accozzaglia di pour parler di cui sinceramente non si sentiva il bisogno, soprattutto quando ci sarebbe ben poco da dare aria alla bocca come in questo caso. La band italiana ha letteralmente trasformato l’Eurovision facendone il suo concerto personale, sono primi in classifica in 13 paesi (con tanto di complimenti da parte di Alex Kapranos, frontman dei Franz Ferdinand) e hanno dimostrato alla musica italiana quanto sia possibile uscire dalla propria comfort zone senza farsi spaventare dal calo delle vendite o da un’immagine non troppo “adatta” o “pulità” di sé.
Il caro vecchio Morgan ha detto che anziché farci la guerra a vicenda o dividerci su quanto ci piacciano o meno i Måneskin, per una volta dovremmo essere orgogliosi, e perché no, tirarcela anche un po’, come dargli torto. L’immagine che hanno di noi all’estero, si sa, non è delle migliori, e questi quattro ragazzi hanno tirato fuori il coltello per squarciare un velo di Maya che ci portiamo appresso da troppo tempo.
D’altro canto, se in un anno come il 1998 all’estero gli Aerosmith pubblicavano I Don’t Want to Miss a Thing, noi italiani ci sollazzavamo sulle spiagge del litorale a cantare Orietta Berti con la sua barca che andava… forse forse Zitti e Buoni non suona poi così male.