Skip to main content

Le porte delle scuole italiane si aprono finalmente a un nuovo anno, pronte ad accogliere gli alunni. Purtroppo, però, non tutti rientrano in classe, e qualcuno, un giorno come tanti, non risponderà più all’appello. E no, quando un giovane abbandona la scuola, quel giorno non è più come tanti.

L’abbandono scolastico rappresenta una delle maggiori emergenze che il nostro Paese, insieme all’Unione Europea, fronteggia ormai da tempo con l’ausilio di politiche economiche e sociali. I risultati, però, non sono ancora accettabili. L’anno scorso l’11,5% dei giovani tra i 18 e i 24 anni ha abbandonato precocemente gli studi, superando il 9% del benchmark europeo fissato per il 2030. Il fenomeno si intensifica soprattutto al Sud Italia, dove la percentuale sale al 15,1%. Il divario si spiega attraverso la natura del processo che è biunivoco. Le premesse economiche, sociali e culturali generano il fenomeno e lo alimentano, ma il fenomeno stesso contribuisce a modificare tali sfere con un impatto altrettanto significativo.

In una società che promuove sempre più la libertà, l’uguaglianza e il merito, bisogna garantire lo stesso punto di partenza a tutti: bisogna garantire cioè l’equità. Con questi propositi, non può esistere ancora una predestinazione dettata da fattori di nascita, perché è qualcosa su cui nessuno ha potere. Diversamente, il merito continuerà a essere frutto del privilegio piuttosto che del rendimento, vista la forte influenza del contesto di provenienza. Un ragazzo proveniente da una famiglia economicamente svantaggiata o poco scolarizzata, se non addirittura analfabeta, infatti, non avrà le stesse possibilità di resa di chi, invece, è figlio di genitori istruiti e vive in condizioni economiche soddisfacenti. Semplicemente perché non si hanno le stesse risorse culturali e strumentali a disposizione.

L’anno scorso l’11,5% dei giovani tra i 18 e i 24 anni ha abbandonato precocemente gli studi.

Il male minore in cui può incorrere un giovane che abbandona gli studi è diventare parte dei NEET (cioè coloro che non studiano, non lavorano e non ricevono alcuna formazione). Il male peggiore è che, ormai abbandonato a sé stesso, si avvicini alla delinquenza. Questo è un problema radicato da molto tempo in Campania: soprattutto a Napoli, dove nel 2022 si sono avvicendati numerosi episodi di violenza che hanno destato molta preoccupazione. L’abbandono scolastico, sociale e culturale nasce nei quartieri più degradati e ignorati, dove l’illegalità, anche grazie a un complice silenzio, compie il suo ciclo di vita sotto gli occhi di chiunque. Si tratta di quartieri-ghetto a elevata densità abitativa e in cui è impossibile non assistere al teatro della malavita. Non sono pensati per lo sviluppo perché non hanno nulla da offrire ai giovani. Sono sabbie mobili che, lentamente, risucchiano chi vi muove i propri passi. Gli interventi sociali di riqualificazione sono inesistenti, e se qualche volta ci si mobilita si tratta solo di azioni simboliche che lasciano il tempo che trovano. Sono spesso ingannevoli, invece, molte operazioni di smantellamento di clan e rispettivi luoghi di aggregazione. Basti pensare ai blitz, che per definizione sono improvvisi e rapidi, e invece diventano annunci diffusi in anticipo.

abbandono scolastico
Il futuro è minacciato dall’abbandono scolastico

Simili prigioni a cielo aperto sembrano condannare a morte chiunque le abiti, poiché anche l’infanzia è stroncata sul nascere. L’abbandono scolastico e la criminalità organizzata non risparmiano nemmeno i minori che frequentano la scuola primaria e secondaria di primo grado. Anche i più piccoli assumono comportamenti illeciti, si organizzano in baby-gang o paranze. E, come afferma la Direzione Investigativa Antimafia, «il minore stesso emerge, contemporaneamente, quale autore e vittima del reato». Tale dramma, però, non è soltanto un prodotto della camorra (farebbe comodo usarla come capro espiatorio per tutti i mali così da deresponsabilizzarsi), ma è anche frutto dei meccanismi di emulazione di comportamenti diseducativi. Il principio risolutivo per entrambe le situazioni non può che essere, dunque, la scuola.

È chiaro che la scuola, da sola, non è in grado di agire sulle condizioni familiari, né tantomeno adempiere ai doveri dei genitori. È innegabile, però, che giochi un ruolo cruciale nel passaggio dell’individuo dalla famiglia alla società, e perciò è necessario puntare ad azzerare l’abbandono scolastico. L’unica, reale speranza di rivoluzione e riscatto è, sempre e comunque, l’istruzione. Perché se da un lato è vero che la formazione di ciascuno comincia tra le mura domestiche, è anche vero che a partire dall’infanzia fino alla maggiore età si è immersi in incalzanti processi di cambiamento, ma soprattutto di emulazione. Nessuna sovrastruttura culturale e mentale è ancora troppo solida da essere demolita. Nessuna figura esemplare è insostituibile. Ogni insegnante ha il potere di lavorare sui propri alunni e risollevarli da condizioni di degrado e abbandono attraverso l’azione educativa e formativa, a patto che si creino le condizioni per farlo.

La scuola gioca un ruolo cruciale nel passaggio dell’individuo dalla famiglia alla società.

Umanamente, è necessario che maestri e docenti siano coscienziosi ancor prima che preparati professionalmente. Che insegnino solo se realmente appassionati al proprio lavoro. È importante che un professore instauri con i propri alunni un legame di collaborazione e intesa, ma soprattutto di empatia e fiducia reciproca. Certo, non esistono garanzie e risultati esatti. Perché se da un lato non sempre si riesce ad arrivare a tutti i ragazzi, dall’altro non tutti si fanno raggiungere, soprattutto se fragili. Proprio perché sfuggenti, rischiano, appunto, la dispersione scolastica ancor prima dell’abbandono. Bisogna giocare sempre d’anticipo, essere attenti ai segnali e avere gli occhi ovunque e bene aperti: la dispersione scolastica è subdola e si maschera anche dietro semplici assenze e mancanza di partecipazione. Non si può aspettare di arrivare al punto di non ritorno, è molto più complicato recuperare gli studenti che trattenerli. I ragazzi devono restare a scuola, devono riuscire a percepirla non come un incubo da cui scappare, ma come il luogo di sicurezza e libertà quale è. Quale dovrebbe essere. Ogni studente strappato alla dispersione scolastica è un giovane a cui si restituisce il proprio futuro.


Illustrazione di Matteo Galasso