Abbiamo visto persone sdraiate a terra su una tangenziale che bloccavano il traffico, giovani che lanciavano succo di pomodoro contro I girasoli di Van Gogh. Abbiamo visto le acque dei canali di Venezia tingersi di un verde acceso, e le foto dell’alluvione di Campi Bisenzio attaccate sulla teca della Venere di Botticelli. Sono stati chiamati eco-vandali, criminali, teppisti, da una destra al governo che si oppone in maniera radicale alle proteste di disobbedienza civile messe in atto dagli attivisti per il clima. È una guerra generazionale tra giovani che lottano per svegliare le coscienze delle masse sull’emergenza climatica e vecchi politici che chiedono punizioni sempre più severe. Ma chi sono gli attivisti, chi sono queste persone disposte a sacrificare tutto per una causa più grande? 

Qualche settimana fa ho incontrato alla Scuola Holden di Torino una ragazza che ha inventato un nuovo modo di fare attivismo. Si è presentata: «Ciao sono Lotta». Portava un giaccone Anni ’90 e dei jeans bianchi, aveva un ombretto color argento sulle palpebre. Carlotta Sarina, nome d’arte e di battaglia: Lotta. Attivista, musicista e performer teatrale, con il suo spettacolo per voce e contrabbasso, Detonazione, mescola urgenza e speranza portando la sua musica nelle piazze, durante le manifestazioni, e nei teatri in giro per l’Italia. 

«Sono cresciuta su una collina, mio padre salvava cavalli condannati al macello. La mia passione per la musica classica mi ha portato a Milano al conservatorio Giuseppe Verdi».
È qui che inizia a informarsi sulla crisi climatica: legge libri, ascolta scrittori, scienziati ed esperti che cercano di sensibilizzare la gente. Carlotta si ritrova di colpo in una città affollata e inquinata e comincia a soffrire di eco-ansia. Fa fatica a respirare, non è abituata ai ritmi frenetici di Milano, dove tutti vanno dritti per la loro strada senza mai voltarsi, senza mai fermarsi. Si chiede se quella è la vita che vuole fare. Rincorrere un’ideale di successo nel mondo della musica e stare a guardare il mondo che sempre più velocemente si scalda e brucia attorno a lei. 

La prima manifestazione a cui partecipa è davanti al Teatro La Scala, tempio indiscusso della musica classica, vetta da raggiungere per ogni musicista. È in quel momento, davanti al suo sogno, che le voci che escono dai megafoni la catturano, fanno scattare qualcosa in lei: in quel momento diventa Lotta. 
«Quando ho sentito parlare gli attivisti con il megafono, ho pensato che volessi diventare una di quelle ragazze che facevano attivismo. Allora sono tornata a casa e ho detto a tutti che avrei lasciato la musica per diventare un’attivista».
Pochi mesi dopo, Lotta parte per Strasburgo insieme ad altri ragazzi di Fridays For Future. Va a manifestare contro la tassonomia europea, ovvero il meccanismo attraverso cui l’UE stanzia i fondi per la transizione ecologica. In quell’occasione si protestava contro lo stanziamento di fondi per gas e nucleare. 

Lotta entra nel gruppo di attivisti ad alto rischio, quelli che alla fine delle proteste vengono arrestati, per intenderci. A Strasburgo, il suo ruolo è quello di offrire un diversivo alla polizia mentre altri attivisti avrebbero fatto finta di affogare nel fiume Reno. Lei è su una canoa insieme ad altri ragazzi e ragazze venuti da tutta Europa. La polizia arriva, tenta di scortarli al punto di ritrovo, il luogo dove avrebbero lasciato le canoe per poi consegnarsi alle forze dell’ordine. Se fino a quel momento la scelta di Lotta di diventare attivista aveva messo da parte la sua passione per la musica, lì, su quella canoa sospesa in mezzo al fiume, capisce che continuando a urlare nessuno la ascolterà mai. Così fa un bel respiro e inizia a cantare. La polizia sulla sponda del Reno rimane così colpita che alcuni agenti incominciano a fischiettare e, quando gli attivisti arrivano a riva e lasciano le canoe, decidono di non arrestarli. «Ho capito che la musica poteva aiutarmi. Se gridavo non venivo ascoltata ma se cantavo sì. Era avvenuta la prima detonazione».

Lotta
Io sono Lotta

È il luglio del 2022 quando Lotta scrive la prima parte del suo spettacolo, Detonazione. Ora, a distanza di due anni, ripensa a quel momento, e quando le chiedo cosa spinga una persona a rischiare tutto, a sacrificare i suoi sogni, lei mi risponde: «l’urgenza». L’urgenza di combattere contro la disinformazione, contro l’indifferenza verso una questione che oggi dovrebbe essere al primo posto in tutti i programmi politici. Il problema del collasso climatico non è semplicemente una questione su cui discutere, è il problema. 

C’è un pezzo del suo spettacolo in cui Lotta dice: «Riusciamo a sfamare ottanta miliardi di animali per condannarli al macello, ma non riusciamo a sfamare otto miliardi di persone». È l’incoerenza, l’assurdità di un mondo che pensa a crescere senza rendersi conto che il prezzo da pagare è l’estinzione di ogni essere vivente dal pianeta. Il film Don’t look up, uscito nel 2021, descrive perfettamente questa caratteristica della società di oggi. Siamo immersi in bias cognitivi e nemmeno ce ne rendiamo conto. Siamo gli abitanti di Ercolano e Pompei che non vogliono credere che il fumo che da mesi esce dalla cima della montagna possa trasformarsi in lava. 

Sono in costante aumento le persone che decidono di esporsi in prima linea. Lotta lo fa in un modo tutto suo, con la sua musica, con il suo sorriso; mi guarda, mentre mi dice che serve dare speranza. «Ho casa in tutto il mondo», dice per descrivere la rete di attivisti climatici distribuiti in Europa e non solo «è questa la speranza: che sempre più persone prendano una posizione concreta, che facciano delle scelte». Lotta è vegana, si muove in bici, veste di seconda mano. Queste abitudini di vita, racconta, non riguardano solo l’individuo, ma anche le persone che gli stanno attorno. Secondo lei la prima abitudine che tutti dovremmo adottare è proprio informarsi. Leggere e studiare, non per puro diletto, ma per prendere atto della situazione in cui versa il pianeta. La parola emergenza tanto utilizzata nella retorica a cui ormai ci siamo assuefatti, secondo cui la crisi climatica sarebbe qualcosa che riguarda il futuro, riguarda, invece, il tempo presente. ♦︎


Illustrazione di Giovanni Gastaldi

Umberto Ferrero
Mi piacciono i libri sottili con la copertina tutta rossa. Ho fatto il cameriere, il paparazzo e il copywriter, ma la notte non dormo, sogno vecchie donne logorroiche, così al mattino scrivo le storie che mi raccontano. Lavoro alla scuola Holden e quando mi capita faccio un viaggio.

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