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“Ama il prossimo tuo come te stesso.
Ma chi è il prossimo?”

Il dialogo fra Gesù e il dottore della legge che lo sta mettendo alla prova è uno dei più noti dei Vangeli (Luca 10, 25-37). Più volte è stato ripreso nel corso del tempo quando si è toccato il tema dell’amore e dell’accoglienza verso gli altri. Soprattutto quando “gli altri” sono anche molto diversi da chi li deve accogliere, in ragione della provenienza geografica, della cultura e, proprio, della stessa fede religiosa.

Ora la domanda posta da a Gesù torna di piena attualità a causa di ciò che sta accadendo con il conflitto russo-ucraino.

A tutta la brutalità che già porta questa nuova esplosione di violenza, si è aggiunta, infatti, un’ulteriore questione. Un problema da sempre presente nella società, ma che spesso rimane in sordina e passa inosservato.
Si tratta del problema dell’etnocentrismo occidentale.

Il mondo occidentale guarda da sempre con superiorità gli altri popoli. Da sempre ritiene che, la dove non vi è stato il progresso dell’illuminismo e della rivoluzione industriale visti in Europa e Nord America, regnino barbarie e arretratezza culturale.
Gente primitiva e inferiore, priva degli stessi diritti che accomunano gli occidentali.
Concetti, questi, che hanno generato fenomeni assai distorsivi, quali il razzismo e lo stesso colonialismo.

Il colonialismo

Il sentirsi superiori genera quel peccato di superbia che porta a ritenere gli altri non degni di esistere. O, comunque, non degni di possedere un territorio.
L’uomo occidentale si vede come un portatore di cultura e sapere. Un maestro di vita che ha, non solo il diritto, ma anche una vera e propria missione di diffondere quella che ritiene l’unica cultura possibile a chi non la conosce.
Con questo pensiero si giustifica l’atto stesso di impossessarsi dei territori abitati da altre popolazioni. Inoltre si calpestano senza remore usi, costumi e stili di vita degli autoctoni, al fine di imporre i propri.
Cosi nasce e si perpetua il colonialismo.

Dal colonialismo al razzismo

Dal colonialismo al razzismo il passaggio è rapido. Considerando inferiori le culture diverse non ci si pone problemi a calpestarle. Sino a sfociare in un vero e proprio sentimento di odio. Una violenza cieca che porta, nel suo estremo livello, a voler annullare gli altri popoli. Così si perpetuano i genocidi.

L’etnocentrismo e la guerra in Ucraina

Ma il razzismo e l’etnocentrismo occidentale si mostrano anche sotto un altro aspetto.
Un’angolatura che é stata nuovamente sottolineata dal nuovo conflitto esploso in Ucraina.
Si tratta del diverso trattamento con il quale si considerano le altre persone a seconda della loro vicinanza a noi.
All’esplodere di questo nuovo conflitto, gli europei si sono improvvisamente sentiti grandemente toccati dalla violenza scatenata e fortemente interessati.
I media hanno lasciato da parte tutte le altre notizie per dedicarsi unicamente alla cronaca della guerra.

Persino la pandemia, tutt’altro che sconfitta, è scomparsa dalla scena. Scesa da quel palco che, fino al giorno precedente, occupava da protagonista.
L’empatia verso le vittime di questo conflitto è esplosa come una fioritura primaverile. L’urlo delle piazze contro la guerra è improvvisamente tornato a tuonare come mai era accaduto da anni.

Ma dove si nascondeva questo sentimento quando altri conflitti dilaniavano territori meno limitrofi? Dove erano queste voci, che ora si fanno sentire così forti, quando a morire erano i civili in Birmania o in Etiopia?

Il conflitto russo-ucraino non è la prima guerra che ricompare dopo decenni di pace.
L’assenza di violenza e odio non è una caratteristica appartenente all’indole umana. Ne consegue che non esiste, di fatto, un periodo di pace assoluta.
Quanti conflitti, quante guerre si sono succedute negli ultimi anni in diverse parti del globo. Quante popolazioni inermi ne hanno patito gli orrori e le conseguenze.

Eppure i media non ne hanno praticamente parlato. E le persone sono state lasciate ignare. Nessuno è sceso in piazza per evocare la pace e l’intervento degli organismi nazionali e internazionali.

Per non parlare del tema dell’accoglienza dei profughi. Giustamente gli stati europei hanno unanimemente aperto le loro porte agli sfollati in fuga dall’Ucraina. Tutti si sono dimostrati disposti ad aprire i loro confini con magnanimità. Ma non si dimentichi che questi elargitori di bontà sono gli stessi che pochi mesi prima hanno votato per l’innalzamento di nuovi muri contro i profughi in arrivo da altri Paesi più lontani (Per approfondire il tema https://nosignalmagazine.it/muri-in-europa-cosi-crolla-il-progetto-dell-unione/).

E anche nell’accoglienza degli esuli ucraini il sentimento razzista non è mancato. Tutti accolti a braccia aperte se bianchi, ma, se di colore, bloccati al confine. L’ennesima onta che macchia l’Occidente.

In parte la causa di questa differente considerazione rispetto alla guerra è dovuta a una questione geografica. Combattimenti che si svolgono geograficamente più vicino portano le persone a interessarsi maggiormente. Si è più coinvolti perché, sia istintivamente che razionalmente, si teme che il conflitto possa estendersi sino a noi.

Ma un’altra causa di questo fenomeno va ricercata, ancora una volta, nell’etnocentrismo occidentale.
Non si da lo stesso peso a conflitti che coinvolgono popolazioni viste come più arretrate e barbare.
La stessa cronaca della guerra in Ucraina ne è un esempio. Spesso, infatti, compare il termine “terzo mondo” quando ci si riferisce alla violenza degli scontri e alla brutalità della situazione. Un’abitudine del mondo occidentale di vedersi superiore agli altri popoli. Una caratteristica spesso inconsapevole nelle stesse persone che utilizzano questa terminologia senza pensarci.

Giustissimo, dunque, dare spazio al conflitto russo-ucraino. Ma non si esageri con il parlarne senza poi agire nel concreto. Così si passa dalla cronaca alla retorica. E non ci si dimentichi di tutte le altre guerre che devastano il mondo e delle persone inermi che le subiscono.