Il Fondo Monetario Internazionale ha annunciato che concederà un piano d’aiuti da 3 miliardi di dollari al Libano.
Una notizia finalmente positiva per un Paese da anni dilaniato da varie crisi.
Una flebile luce di speranza alla fine di un tunnel che pareva senza via d’uscita.

Tante promesse, altrettante illusioni

Ma quale forza di lottare scorre ancora nelle vene della gente libanese? Quale speranza può ancora illuminare il loro futuro?
Negli ultimi anni il popolo dei cedri è stato costantemente frustrato dalle crisi. Da quella economica in primis, alle guerre, passando per la violenza del terrorismo e giungendo, infine, anche alla crisi sanitaria causata dalla pandemia di Covid.

Un susseguirsi di eventi nefasti, puntualmente accompagnati dalla promessa di una rinascita e di un futuro migliore.
Promessa da marinaio, uscita dalle labbra di governanti corrotti e meschine potenze estere, maggiormente interessate ad arricchire se stesse sfruttando le risorse del territorio libanese, piuttosto che al benessere di una popolazione allo sbaraglio.

Una crisi economica che si protrae da anni

I recenti avvenimenti negativi susseguitisi nel corso di questi ultimi due anni in Libano, accompagnati dalle crisi che hanno coinvolto il mondo intero, già di loro basterebbero a spiegare l’attuale situazione del Paese.

Ma la realtà è che la crisi economica libanese è iniziata molto più indietro negli anni.
Le vicende più recenti non hanno fatto altro che contribuire ad aggravarla.
Ma il vero problema è stato il malgoverno da parte di politici disinteressati o, comunque, incapaci di fronteggiare in modo adeguato i problemi.

Mancanza di adeguate infrastrutture e scarsa diversificazione negli investimenti e nella produzione hanno portato il Libano a dipendere fortemente dall’importazione di beni da Paesi esteri. Ciò ha provocato un forte indebitamento, acuito, anche, dallo sperpero di denaro che le mani bucate dalla corruzione hanno portato con se.
E da qui si è giunti alla svalutazione della Lira libanese.

L’incidente al porto di Beirut e la speranza di una nuova rinascita

Il 4 agosto 2020 un deposito di nitrato di ammonio lasciato incustodito nel porto di Beirut esplodeva, provocando più di 200 vittime e 300 mila sfollati.

Un tragico evento che pareva aver portato veramente il popolo libanese a toccare il fondo.

Ma anche l’opportunità tanto attesa per imporre un drastico cambio di rotta al Paese.

Lo scandalo del nitrato abbandonato lungo il molo aveva tutti i propositi per essere la spallata decisiva in grado di far cadere il governo e permettere nuove elezioni.

Nella speranza che persone più competenti, tecnici svincolati da rapporti con i movimenti religiosi, sarebbero salite al potere per dare una folata di nuova aria al Paese.

Già, perchè a rendere ancora più insicura la vita dei libanesi si è insidiata, da anni, la minaccia di attentati. Minaccia perpetuata dal gruppo paramilitare Hezbollah, nato a seguto della guerra civile libanese.

Nel corso del tempo il gruppo è divenuto presenza consolidata e scomoda all’interno della politica libanese. Ennesima questione spinosa che le forze governative non sembrano in grado di affrontare e risolvere.

Ma la favola tanto attesa non si è realizzata.

Malgrado le dimissioni del Primo Ministro Diab, subito dopo lo scandalo dell’incidente, la stagnazione politica nella quale versa il Libano ha impedito persino di formare un governo tecnico provvisorio.

I leader europei, a dispetto dei loro iniziali discorsi di solidarietà verso il Paese, hanno ritenuto meno rischioso mantenere l’attuale classe politica libanese.

Troppo importante per gli occidentali avere un alleato al potere ammaestrato da loro tramite la corruzione.

E così è rimasto un solo uomo a tentare invano di portare avanti le indagini. A cercare di dare ai famigliari delle numerosissime vittime almeno la magra consolazione di vedere processati i colpevoli.

Si tratta del magistrato Tareq Bitar, nominato come successore del precedente giudice Fadi Sawan. Ma i suoi sforzi si sono rivelati vani. I suoi tentativi di far luce sull’accaduto si sono scontrati con il muro dell’immunità politica, dietro il quale politici ed esponenti dei principali organi si sono nascosti.

Ennesimo problema non risolto, ennesimo colpo d’ascia calato a recidere i rami ormai secchi del cedro libanese.

Una flebile luce di speranza

Il finanziamento promesso dal Fondo Monetario Internazionale sarebbe una boccata d’ossigeno in tutti i sensi per il popolo libanese.

L’Onu aveva, infatti, da poco annunciato la cessazione di fornitura di ossigeno e acqua per gli ospedali. La decisione dovrebbe aggiungersi alle già pressanti sanzioni imposte al Libano per le mancate riforme promesse dal governo ma mai attuate.

A questa interruzione di rifornimenti sanitari si è, di recente, aggiunta la frenata nell’importazione di grano dall’Ucraina a causa della guerra. Il Libano rappresenta, infatti, uno dei maggiori importatori di grano ucraino, un ammontare pari all’80%.

E, di conseguenza, è anche uno dei maggiori esempi di Paese indirettamente colpito dal conflitto. Una conseguenza del dispiegarsi dell’ombra della guerra nello spazio, al di la dei soli territori direttamente interessati. E anche un allungarsi nel tempo con lo spettro di una possibile carestia i cui strascichi si potrebbero prolungare negli anni, colpendo un popolo già ridotto allo stremo.

Situazioni diverse, un destino comune

Ucraina, Libano, Etiopia…e quanti altri Stati nel Mondo. Tanti Paesi diversi, tante crisi diverse.

Ma, soprattutto, un diverso trattamento e una diversa considerazione che di essi abbiamo.https://nosignalmagazine.it/l-etnocentrismo-occidentale-ai-tempi-del-conflitto-russo-ucraino/

La realtà è che in tutti questi luoghi vi sono persone uguali a tutti noi, accomunate dal destino di dover vivere costantemente nel dolore e nella disperazione.

Durante la 46esima edizione dello Zecchino d’Oro nel 2003, una bambina libanese, Marie Abou Khaled, incantò tutti proprio con una canzone che parlava della sua terra natia, il Libano. La sua prestazione fu talmente coinvolgente da valerle il premio di migliore canzone straniera in concorso.

Vi lascio con il video e il testo di questa canzone, nella speranza che il cedro del Libano possa finalmente tornare a fiorire e splendere.

Emanuele Ligorio
Laureato in economia, con un forte interesse per la storia e la geopolitica. Gran appassionato di arti marziali, escursionismo, corsa, bici e dedito allo sport a tempo pieno. Il resto della giornata lo dedico, oltre che al lavoro da impiegato, agli altri miei hobby, la lettura, la scrittura e la cura del frutteto di famiglia. Se vi state chiedendo come fanno a bastarmi 24 ore per fare tutto...la risposta è che non mi bastano.

You may also like

Leave a reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

More in Politica