In una grigia e opprimente città francese, a farla da padrona è la depressione. I casi di suicidio sono all’ordine del giorno ed in aumento continuo ma non tutti, in questa città sembrano passarsela male: la famiglia Touvache gestisce da generazioni una bottega in cui è possibili reperire tutto il necessario per porre fine alla propria esistenza. Dal veleno, alle corde per impiccarsi, gli aspiranti suicidi possono davvero trovare di tutto e se per caso il suicidio dovesse rimanere solo tentato il rimborso è garantito: “Morti o rimborsati“.
La vita della famiglia Touvache, composta dal padre Mishima Touvache, dalla moglie Lucrece e dai due figli Vincent e Marylin, procede agiatamente e senza grossi scossoni in un placido grigiore d’animo che permette loro comunque di svolgere il lavoro al meglio e con indefessa abnegazione. Le cose però sono destinate a cambiare; Lucrece è incinta e, nel bel mezzo di una giornata di lavoro è presa dalle doglie del parto. La famiglia Touvache si trova a passare da quattro membri a cinque: il piccolo Alan già da appena nato non fa altro che sorridere e non un ghigno come quello dei suoi quando devono convincere i clienti ma un vero e proprio sorriso. Questo fatto getta nello scompiglio la famiglia, per niente abituata a cotanta allegria. Inutile dire che questo nuovo arrivato porterà grossi cambiamenti in famiglia, nei suoi equilibri e in Bottega. Come ciò si articolerà nel breve arco narrativo de La Bottega dei suicidi lo si lascia alla vostra curiosità
La Bottega dei suicidi. Commedia nera con nomi celebri.
Dare una seconda possibilità alla (propria) vita sembra proprio essere il messaggio di questo racconto animato macabramente allegro. Patrice Lecomte dirige La Bottega dei suicidi con gusto, fin dall’inizio della storia; dalle prime inquadrature seguiamo un piccione nel suo volo su una città in cui il suicidio sembra essere la prima causa di morte fra i propri abitanti, e anche fra gli stessi animali, vista la fine del suddetto volatile. Questa commedia nera (con echi di Tim Burton) porta il sensibile argomento del suicidio anche nei vari nomi dei personaggi. Di seguito una rapida carrellata:
- Mishima Touvache: Il signor Touvache porta il nome di Yukio Mishima, famoso (e vivamente consigliato) scrittore nipponico, morto suicida nel 1970 praticando il seppuku,
- Lucrece Touvache: Il nome della signora Touvache si ricollega a quella Lucrezia, mitica figura della Roma pre repubblicana legata alla cacciata dei tarquini e alla conseguente fine della monarchia. Morì suicida per provare al marito il proprio onore,
- Marylin Touvache: La figlia dei Touvache… si spera non servano spiegazioni in merito alla scelta del nome,
- Vincent Touvache: Il nome del primogenito dei Touvache, prende il nome da Vincent Van Gogh
- Alan Touvache: Il motore del cambiamento di questa storia, porta il nome del celebre matematico (ma non solo) Alan Turing
Chiacchiere da bar
La bottega dei suicidi festeggia quest’anno i dieci anni dal suo debutto: in Francia il 25 Settembre 2012 e in Italia il 21 Dicembre del medesimo anno. Un film davvero ben realizzato con un profumo di commedia nera che aleggia sulla storia e che si attenua solamente verso la chiusura a causa di un finale un po’ troppo zuccheroso (vi è comunque una punta di acredine che non si può dimenticare), anche se la generale preparazione del lieto fine è così ben impostata che il giudizio sul film non ne risente.
Il quarto film di Patrice Lecomte, un’incursione nell’animazione, è un genuino racconto che oltre ai profumi di cui sopra, si tinge di musical con momenti canori ben riusciti (particolarmente quelli in cui è coinvolto Mishima). Malgrado la tematica non sia sicuramente fra le più leggere e felici, il film riesce ad essere frizzante e con tocchi registici davvero lodevoli come il pedinamento del primo suicida, operato da Alan e Marylin; una sequenza davvero ben realizzata. Grande attenzione è portata anche alla fotografia e all’estetica di questo film; al grigiore della città, come il grigiore della vita degli aspiranti suicidi, è contrapposta la Bottega dei suicidi, un luogo coloratissimo e allegramente macabro in cui i Touvache si prodigano per mostrare i vari ritrovati per compiere: “L’insano gesto” (cit. molto anni 90). Come si è già detto, il film inciampa sul finale ma si “rialza” senza troppi danni grazie a quello che si era visto precedentemente.
La bottega dei suicidi è un film simpatico e diverso da quel mainstream animato cui assistiamo di solito (osservazione che non va intesa come negativa); ha il pregio di parlare con una certa sensibilità di argomenti non proprio facili da masticare, rilanciandoli al pubblico in modo sagace, la forza del messaggio si perde un po’ sul finale ma la godibilità del film di Lecomte rimane pressoché intatta, come la voglia di rivederlo.